Tra i numerosi dossier sul tavolo di Alberto Pierobon, assessore (veneto) della Regione (siciliana), c’è quello del piano rifiuti. Dopo che il Cga vi ha ravvisato delle “vischiosità normative”, i funzionari hanno rimodellato il decreto d’attuazione – non il piano in sé, che non cambia di una virgola – e re-inviato il malloppo ai giudici amministrativi per l’ottenimento del parere. Ma al vaglio del “tecnico” dell’Udc, voluto fortemente da Lorenzo Cesa, c’è anche la questione relativa al ddl sui Rifiuti, che spazzerà via Ato ed Srr, per consegnare la gestione alle nuove autorità d’ambito. Il disegno di legge, dopo lo stop in aula all’articolo 1 (era novembre 2019), ha subito delle modifiche in commissione e a breve – pare – tornerà a Sala d’Ercole per il via libera. Non solo.
A dicembre, dopo che la discarica di Alcamo fu chiusa (non era mai stata sottoposta a una valutazione d’impatto ambientale) mandando la raccolta in tilt per 40 comuni, Pierobon aveva insediato una commissione d’inchiesta per passare “ai raggi X tutti i provvedimenti autorizzativi inerenti le discariche e gli impianti intermedi per evitare che in futuro possano ripetersi simili situazioni creando gravi disagi al settore”. Il lavoro non si è ancora completato. Nei giorni scorsi, inoltre, su proposta di Pierobon la Sicilia ha avanzato la propria candidatura per ospitare la sede del Centro nazionale di alta tecnologia per l’idrogeno. La “Hydrogen Strategy” vale investimenti per mille miliardi in dieci anni. “L’idrogeno – ha detto l’assessore – funge da elemento di congiunzione tra il settore del gas e l’energia elettrica e consente una trasformazione “verde” dell’industria, senza modificare la logistica e la filiera. Ho già sentito tutti i colossi energetici, da Enea a Terna, Eni, Snam Enel, Gse e Cnr, acquisendo un corale appoggio all’iniziativa della Regione”.
Ma la Regione, a breve, potrebbe fare a meno di lui. Nonostante i mille cassetti aperti, infatti, la posizione di Pierobon è appesa a un filo. Nel vertice di ieri con Musumeci, il governatore avrebbe chiesto all’Udc di indicare il nome di una donna (è pendente al Tar un esposto del Pd, dopo l’addio di Bernadette Grasso). Ma l’esigenza di un turnover così affrettato suona un po’ strana (perché non attendere almeno l’esito del piano rifiuti?). Fino a ieri s’era fatta largo un’altra voce, cioè la voglia smodata da parte del governatore, per il tramite del suo braccio operativo Ruggero Razza, di concedere una vetrina meritoria a chi, nell’epoca dell’incertezza, ha sempre sostenuto l’esecutivo senza fiatare: cioè i vecchi amici di “Ora Sicilia”, un gruppo che all’Assemblea regionale non esiste nemmeno più (con la fuoriuscita di Daniela Ternullo, è venuto meno il numero minimo di 4 deputati e l’Ufficio di presidenza ha dovuto scioglierlo). In questo caso, ad avere ragione, sarebbe stato Luigi Genovese, figlio di Francantonio, che in queste ore potrebbe lasciare il Misto e aderire all’Udc. Ma visto che serve un’assessora, al femminile, sarà il suo gruppo a indicarla.
La formula non ha fatto gridare allo scandalo i centristi – dentro un politico per un tecnico, dato che Turano non si tocca – ma potrebbe essere un colpo ferale per la prosecuzione dell’attività in un assessorato che, per troppo tempo, è stato bersaglio di critiche e tentativi di infiltrazione (il caso Arata su tutti). Pierobon ha provato a resistere, pur nell’imbarazzo di alcune affermazioni: ad esempio, si è lagnato con alcuni suoi colleghi, rei di non avergli riferito della pericolosità di Arata e del suo collegamento con Vito Nicastri, il re dell’eolico, a sua volta vicino – così si dice – al boss Messina Denaro. I due, Arata e Nicastri, si erano “infilati” nei corridoi della Regione per velocizzare l’iter autorizzativo per un paio di impianti di biometano (senza riuscirci). L’assessore, da sempre restio all’ingordigia mediatica di altri suoi pari, sta provando a resistere con il lavoro: “Tra impianti, rifiuti e idrogeno andiamo avanti”, è il titolo del suo ultimo post su Facebook, di domenica fra l’altro, per rimarcare l’impegno quotidiano in un ambito che fatica a dare i suoi frutti.
Ad esempio sul piano rifiuti, le frenate sono state intollerabili. Il Cga, per ultimo, ha bocciato sul piano formale il decreto d’attuazione, spiegando che “risulta oltremodo difficile (e comunque difficoltoso) ‘scorgere’ (e ‘trovare’) le norme effettivamente prescrittive e discernere le parti prescrittive da quelle puramente descrittive, esortative o indicative di semplici direttive o di intenzioni. Con conseguente incertezza in ordine alla concreta natura ed efficacia del Piano; ed alla concreta applicabilità e cogenza delle sue ‘determinazioni’, il che può determinare conseguenze nefaste in fase applicativa”. Ma sulla sostanza, in assessorato si sono sempre fatti scudo delle proprie convinzioni. Cioè del fatto che si tratti del primo piano, in Italia, a recepire “le quattro direttive europee in materia di rifiuti: prevenzione, riuso, recupero di materia e di energia, smaltimento”. Lo stesso Pierobon ha spiegato che “si chiude l’era delle discariche, che resteranno marginali nelle future scelte dei territori. Ogni ambito provinciale dovrà essere autosufficiente nell’impiantistica scegliendo la tecnologia necessaria a chiudere il ciclo. Priorità in sede di valutazione avranno gli impianti pubblici, in un’ottica di riequilibrio con il settore privato”.
La teoria dello smaltimento non-più-in-discarica, nonostante i dubbi sul metodo di Pd e M5s, potrebbe andare in contrasto con gli interessi dei grandi “signori delle discariche” che da una ventina d’anni, in un sistema totalmente deregolamentato, sono riusciti a fare business, alimentandosi di autorizzazione in autorizzazione, e di proroga in proroga, spingendo sul prezzo delle tariffe. Diventando la causa, ma anche l’unico rimedio, allo scempio di una raccolta differenziata che non è mai ingranata nei grandi centri. Tutto questo per dire cosa? Che a qualcuno il vuoto normativo farà piacere. E non si sarà strappato i capelli sapendo che Pierobon è in bilico, e che una sua eventuale sostituzione comporterebbe un rodaggio amministrativo (oltre che politico) inevitabile. Altri tempi morti e, probabilmente, facili guadagni assicurati. Dall’assessorato, ovviamente fanno spallucce. Nessuno si fascia la testa con ipotesi complottistiche o di ingerenze dall’esterno che “però non escludiamo”. Per questo, abbassano la testa e vanno oltre, puntando su un fronte trasversale che sconsiglierebbe a Musumeci di toccare i fili elettrici di questo impianto farraginoso ma, a suo modo, collaudato.
Il fronte trasversale è costituito dall’Ance di Leoluca Orlando, che, in qualità di presidente dell’associazione dei sindaci, ha segnalato come “la carenza di impianti sul territorio continua a determinare speculazioni e costi elevati per i comuni e di conseguenza per cittadini e imprese. In questi anni con l’assessore Pierobon si sono fatti passi importanti e la definizione di un piano regionale dei rifiuti costituisce un traguardo importante. Riteniamo fondamentale che su tale settore l’attuale assessore abbia dato importanti garanzie di trasparenza e correttezza anche nel confronto col sistema delle autonomie locali dell’Isola e riteniamo che, prima di ogni altra valutazione, tali valori debbano essere preservati”. Ma anche in parlamento, all’Ars, c’è chi sostiene l’assessore, il più slegato – fra quelli in giunta – da logiche partitiche prevalenti (e per questo il più debole). Ad esempio, a chiedere di andare a fondo nell’iter di approvazione del ddl Rifiuti ci saranno certamente i cinque ex grillini di Attiva Sicilia, che proprio in occasione della sagra dei “franchi tiratori”, all’Ars, presero le distanze dal resto del gruppo, fino a giungere alla scissione. Attiva si è spesso rivelata decisiva per le sorti del governo, spezzando i vecchi equilibri parlamentari e garantendo i numeri. Ma anche la Lega, che in Sicilia sposa la tesi dei termovalorizzatori – Figuccia ad esempio ne è un estimatore – ha tutto l’interesse perché questo piano dei rifiuti veda la luce quanto prima. Al suo interno, infatti, si fa accenno “al recupero di energia tramite moderni impianti di termoutilizzatore”.
Pierobon, che in questa fase paga la scarsa protezione di Cesa nei suoi confronti (specie dopo l’inchiesta per corruzione a suo carico, in Calabria) sta cercando di dirottare finanziamenti per la costruzione dei nuovi impianti di compostaggio e di trattamento dei rifiuti. E anche in Finanziaria sono presenti alcune norme che portano la sua firma: su tutti, l’istituzione delle comunità energetiche, “al fine di superare l’utilizzo del petrolio e dei suoi derivati e di favorire alla produzione e lo scambio di energie prodotte principalmente da fonti rinnovabili, nonché di sperimentare e o promuovere nuove forme di efficientamento e di riduzione dei consumi energetici”. Ma anche il capitolo delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, con cui è previsto “l’obbligo da parte dei titolari di grandi derivazioni a scopo idroelettrico” di fornire “annualmente e gratuitamente” energia elettrica alla Regione. Verranno adottate – se la Finanziaria sarà approvata – pure delle misure per il contrasto del conferimento dei rifiuti nelle strade extraurbane (prevista una dotazione di 200 mila euro) allo scopo di alleviare le incombenze di città metropolitane e Liberi consorzi. Tanta carne al fuoco che una partita spicciola della politica potrebbe mettere in discussione.
M5s: sui rifiuti un disastro completo
“Doveva essere il fiore all’occhiello del governo Musumeci, con provvedimenti strombazzati a destra e a manca in campagna elettorale. E invece nel settore rifiuti l’esecutivo regionale è riuscito a fare anche peggio che in altri ambiti, dove certo non ha brillato, anzi. Niente riforma e niente piano dei rifiuti, in poche parole un totale disastro, e ora col cambio dell’assessore Pierobon si rischia pure di ricominciare daccapo. Come dire piove, anzi diluvia sul bagnato”. Lo affermano i deputati M5S all’Ars, componenti della commissione Ambiente, Stefania Campo, Giampiero Trizzino e Stefano Zito. “Per dirla tutta – afferma Stefania Campo – Musumeci, con la folle idea di annullare gli ambiti di prossimità e di puntare sulla riconfigurazione delle ex province per la gestione dei rifiuti, ha legato le mani a Pierobon, che comunque si è adagiato, ha scelto la strada dell’immobilismo e della rassegnazione, contribuendo al disastro del settore. Prima Musumeci ha azzoppato il suo assessore e ora lo gli ha spezzato pure l’altra gamba”. “Gli insuccessi del duo Pierobon-Musumeci – affermano i tre parlamentari – non si contano: si va dalla mancata riforma del settore, all’aborto del piano rifiuti, alla mancata realizzazione dei centri di compostaggio, e solo per fare qualche esempio”.