Le manie di grandezza della Regione subiscono una brusca frenata. Sulla realizzazione del centro direzionale di via Ugo la Malfa, a Palermo, si addensano le nubi dell’Anac: l’autorità anticorruzione, con l’atto deliberativo di una settimana fa, ha definito “non conforme alla legge” il concorso di progettazione. E’ stato sollevato – come ha fatto più volte anche Striscia la Notizia – il conflitto d’interessi fra il presidente della commissione di gara, Marc Mimram, e l’aggiudicatario: cioè lo studio Francoise Leclerq, che fa parte del raggruppamento vincitore. In passato hanno lavorato insieme, ma Leclerq non ha mai dichiarato la sussistenza di cause di incompatibilità. Un pasticcio in salsa francese che ha trovato in Sicilia la sua sede naturale.
L’Anac ha contestato “la mancata veridicità delle dichiarazioni rese dagli operatori in merito all’assenza di rapporti lavorativi”, ma anche le responsabilità del presidente, che avrebbe dovuto astenersi dal giudizio. La Regione ha sempre ribadito la bontà della procedura, stilando una nuova graduatoria che però non supererebbe un altro scoglio: ovverosia la tempistica riguardante la nomina della commissione (oltre 45 giorni dalla data fissata per la scadenza delle offerte). Se tecnicamente è un’impresa starci dietro – persino il secondo e il quarto arrivato, come aveva confermato l’Avvocatura, sono in conflitto d’interessi – il cuore della sostanza è un altro: cioè che l’iter si è aggrovigliato e il dipartimento infrastrutture non sa come venirne fuori.
L’opera, che avrebbe dovuto portare in un’unica struttura tutti gli uffici della Regione, facendo risparmiare 25 milioni l’anno di fitti passivi, adesso rischia di sparire dai radar. Doveva essere l’esempio di magnificenza di un governo che fatica con l’ordinaria amministrazione, e invece s’è rivelata un buco nell’acqua. Uno dei numerosi esempi di una burocrazia pasticciona, che la politica non riesce a indirizzare in alcun modo. In quattro anni di governo Musumeci, d’altronde, l’assessore all’Economia non è mai riuscito a fornire un report dettagliato di tutti gli immobili in uso alla Regione e un censimento completo (dopo il flop del censimento fantasma di epoca cuffariana, costato un centinaio di milioni) non s’è mai realizzato. Nonostante il pressing della Corte dei Conti, che anche nell’ultima parifica aveva dichiarato ‘non regolare’ lo Stato patrimoniale dell’ente: “Al momento – si leggeva nella relazione dei magistrati – non si può contare su una pronta visione complessiva della consistenza immobiliare e dello stato di utilizzazione e redditività dei beni, situazione che, peraltro, si perpetua da molto tempo ed alla quale sarebbe giunto il momento di porre finalmente rimedio”. Magari.