Nel catalogo degli sprechi siciliani, in costante aggiornamento, si annovera la presenza di 120 consulenti “esterni”, in prestito ai vari dipartimenti, assunti con chiamata diretta dalla Deilotte Consulting, una società cui la Regione si è affidata per la certificazione della spesa europea.
Funziona più o meno così: l’Unione Europea, all’interno dei finanziamenti già programmati, consente alla Regione di destinare risorse per l’assunzione di personale qualificato, che dia una mano con la spesa e la certificazione dei fondi comunitari. A questo pensa Deloitte Consulting, che si è aggiudicata un appalto della Consip per l’assistenza tecnica, dal valore di 21 milioni per cinque anni. Alla Regione, nonostante una dotazione organica di quasi 13 mila dipendenti, all’interno di assessorati e dipartimenti non ci sono funzionari che abbiano competenze tecniche relative ai fondi europei. Così la Deloitte ha proceduto all’assunzione di 120 persone, suddivise in due categorie: quelli con esperienza inferiore a quattro anni, percepiscono 234 euro lorde al giorno; quelli con esperienza superiore, ne guadagnano 285. Mentre i capi progetti arrivano fino a 440 euro al giorno. Repubblica ha fatto i conti: per i consulenti della Deloitte vanno via 5 milioni l’anno. Ma, stando ai dati, il dato sulla spesa europea della nostra Regione non migliora granché (secondo l’ultima rilevazione della Ragioneria generale dello Stato, siamo al 17,6%, in coda alla classifica delle regioni meno sviluppate)..
Circa 630 milioni di fondi comunitari territoriali, cioè destinati ai Comuni, sono “bloccati” per l’assenza cronica di progettazione: “Ad oggi di questa spesa non è stato certificato un euro – ha spiegato Tuccio d’Urso, dirigente del dipartimento Energia, a Repubblica – perché non sono stati presentati progetti e non sono stati coinvolti i comuni per creare associazioni di enti locali”. E quelli della Deloitte dov’erano? Cos’hanno fatto? “I consulenti esterni del mio dipartimento non sono stati utili – ha spiegato ancora il dirigente – per questo ho chiesto di poterne fare a meno, invitando il presidente della Regione a intervenire sulla questione delicata dell’assistenza tecnica”. E’ il primo sintomo di malessere che giunge direttamente dalla pubblica amministrazione. Il chiaro segnale di uno spreco su cui nessuno, fin qui, si era permesso di sindacare.
Anche se qualche giorno fa, dalla parifica della Corte dei Conti, qualche timido segnale di miglioramento sulla spesa europea della Regione era arrivato. Pur restando la Sicilia “un fanalino di coda”, come asseriva il Ministro per il Sud, Peppe Provenzano. Che, però, al riparo da possibili polemiche (poi sbocciate), aveva messo a disposizione le strutture “come l’Agenzia per la coesione territoriale, per evitare il rischio disimpegno. Da gennaio serve un nuovo approccio – aveva detto Provenzano -, la Sicilia non può perdere un solo euro a sua disposizione”. Musumeci, però, non ha lasciato cadere la cosa: “Il ministro Provenzano ha perso un’occasione preziosa per tacere perché nessuno gli ha detto che da quando io sono alla guida della Regione, sono stati spesi più fondi di quelli chiesti dall’Unione europea. Le risorse erano 680 milioni, ne abbiamo spesi 734, mentre Crocetta ne aveva spesi solo 6”. In questi giorni, però, la Regione deve accelerare i tempi a spedire a Bruxelles progetti per 300 milioni di euro, già finanziati. O si corre il rischio di doverli restituire. Alla guerra dei numeri, adesso, si è aggiunta quella dei dirigenti.