Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha chiesto al Dipartimento della Protezione civile nazionale la dichiarazione dello stato di crisi e di emergenza per i danni e la rimozione della cenere vulcanica ricaduta sui territori del Catanese a causa dei forti e ripetuti fenomeni parossistici dell’Etna, tra il 4 luglio e il 14 e 15 agosto. Se non fossero ritenuti presenti i requisiti necessari, in alternativa, il governatore siciliano richiede lo “stato di mobilitazione del servizio nazionale di Protezione civile a supporto del sistema regionale, al fine di attivare ogni possibile iniziativa per la rimozione del materiale vulcanico, la messa in sicurezza del territorio interessato, la mitigazione dei rischi e l’assistenza alla popolazione colpita”.

Così recita la richiesta inviata oggi alla Presidenza del Consiglio dei ministri, firmata da Schifani e dal direttore generale del dipartimento regionale della Protezione civile, Salvo Cocina. «Occorre un’azione urgente e straordinaria – afferma il presidente Schifani – per rimuovere la cenere da suoli e coperture, tutelare le attività economiche e preservare la salute dei cittadini. Chiediamo a Roma di intervenire perché con i fondi regionali e i mezzi a disposizione dei Comuni siciliani occorrerebbe oltre un mese di tempo per eliminare il materiale vulcanico. Troppo per far fronte ad eventuali altri fenomeni o all’occlusione delle vie di smaltimento delle acque in caso di pioggia. Con quanto a nostra disposizione attualmente non è possibile garantire la necessaria tempestività».

Nel documento si rammenta che la Regione ha già stanziato un milione di euro destinato ai Comuni per la raccolta e la rimozione del materiale vulcanico dal suolo, ma che tale cifra appare insufficiente di fronte a una spesa necessaria stimata in almeno 7,5 milioni, se non di più, visto che i fenomeni parossistici continuano a ripetersi. Altri 30 milioni sarebbero necessari per i danni alle coperture degli edifici pubblici e ai sistemi di smaltimento delle acque. A ciò vanno aggiunti danni diretti e indiretti alle attività economiche, calcolabili in centinaia di milioni di euro.

Schifani alla richieste di soccorso nei confronti di Roma è ormai abituato. Lo scorso anno accadde con gli incendi: il Ministero della Protezione di Nello Musumeci, dopo il rischio di un incidente diplomatico, ha deliberato 6,1 milioni (anche sulla scorta delle segnalazioni dei Comuni) per rimediare ai danni subiti. Ma l’ultimo Stato d’emergenza, anche in questo caso dichiarato da Palazzo Chigi, riguarda l’emergenza siccità. Anche se a fronte delle esose richieste dalla cabina di regia regionale, diretta da Cocina, il Ministero ha liberato poche briciole (circa 20 milioni) destinate, soprattutto, alla riparazione dei pozzi esistenti, all’individuazione di quelli nuovi e all’acquisto di alcune autobotti usate.

Quando scoppia un problema, la prima tentazione è rivolgersi altrove. Le armi spuntate della Regione non sono sufficienti a colmare i problemi dell’ordinario, figurarsi le emergenze.