Anche lui ha ricevuto un’eredità pesante, un groviglio di inefficienza e guapperia, di populismo e inganno. Eppure Roberto Lagalla, da un anno sindaco di Palermo, non si è armato di fucile per la decimazione dei nemici, non ha reclutato gli arruffoni, non ha elargito consulenze da sessantamila euro l’anno ai suoi amici più cari, non ha fatto atto di sudditanza a Fratelli d’Italia, il partito dei vincitori, e non ha gridato, come un Brenno al fico d’India, “guai ai vinti”. Anzi quando si è posta la questione delle nomine, si è assunto la responsabilità di confermare al Teatro Massimo il sovrintendente Marco Betta, che era stato insediato lì da Leoluca Orlando. “Non condivido la logica dell’angelo sterminatore”, ha commentato nel corso di una intervista a Daniele Ditta, di Palermo Today. Palazzo delle Aquile, vivaddio, non vive di rancori come Palazzo d’Orleans.