Ma per chi arde
la fiamma di Giorgia?

Era andata al governo con la fiamma tricolore, simbolo della destra sociale. Sovranista, certo. Ma soprattutto attenta ai bisogni dei più deboli. Dopo due anni, però, la destra di Giorgia Meloni quasi non si riconosce più. Lei, la premier, vola in Florida per incontrare Donald Trump e corteggia quel genio svalvolato di Elon Musk, che – manco a dirlo – vuole concludere con l’Italia un affare di un miliardo e mezzo di euro. Sul piano internazionale, la partita non è facile da giocare. Lei ci prova, ma dimentica spesso i guai dell’Italia. L’altro ieri, ad esempio, uno dei suoi ministri, quello della Sanità, ha varato un decreto sulle tariffe con il quale massacra, in una Regione disarmata come la Sicilia, le strutture convenzionate e mette a rischio il futuro di..

Sanità al disastro?
Si muove Schifani

Il presidente della Regione, Renato Schifani, prende in mano l’emergenza sanità. In settimana, con gli uffici di programmazione, verificherà se esistono le condizioni per superare quel maledetto piano di rientro che da diciotto anni impedisce ogni investimento e ogni ammodernamento delle strutture, sia pubbliche che private. Subito dopo, il governatore dovrebbe pure incontrare i rappresentanti degli ambulatori e dei laboratori convenzionati sui quali, il 30 dicembre, si è abbattuta la scure del nuovo tariffario – quello imposto dal ministro Schillaci – che riduce buona parte delle remunerazioni anche del cinquanta per cento e che, di fatto, spingerà non pochi professionisti a licenziare il personale o a chiudere, addirittura, l’attività. Per la traballante sanità siciliana sarebbe un colpo mortale. Il presidente Schifani vuole, evidentemente, evitare il disastro.

Pd e Cinque Stelle
uniti da un incanto

Lo sforzo che i due capigruppo dell’opposizione avrebbero dovuto fare era quello di formulare una domanda. La seguente: caro presidente Schifani, i suoi uffici di programmazione sono in grado di dirci in quale stagione potrà dirsi concluso il maledetto piano di rientro che da diciotto anni affligge e mortifica la sanità siciliana? Ma né Giuseppe Catanzaro, capo dei deputati del Pd all’Assemblea regionale, né Antonio De Luca, leader dei Cinque Stelle, hanno trovato la forza o la fantasia di vergare – si dice così, in politichese – uno di quegli atti parlamentari che, come il sigaro, non si nega a nessuno: un’interrogazione, appunto. Il motivo è facilmente intuibile. Questo fine anno è stato il tempo inebriante dell’inciucio e della spartizione delle mance. Né Catanzaro né De Luca né gli altri..

Qualcuno ha notizie
dell’opposizione?

Guardateli. Si aggirano tra i corridoi di Palazzo dei Normanni recitando la vecchia giaculatoria della legalità; ma appena annusano l’odore delle mance, distribuite a piene mani dal governo, diventano agnellini mansueti, pronti a qualunque inciucio. Oppure passano le ore e i giorni a piagnucolare dietro le tante emergenze che affliggono la Sicilia. Ma quando gli esplode davanti agli occhi la sanità, puntualmente si girano dall’altro lato. Pensate: non c’è stato un solo deputato del Pd o dei Cinque Stelle che abbia avuto il coraggio di scrivere una interrogazione per chiedere ai papaveri dell’assessorato quali sono le previsioni sul malefico “piano di rientro”, il macigno che da diciotto anni blocca gli investimenti. Per quanto tempo dovranno ancora patire gli operatori del settore? Diciamolo: alla Regione l’opposizione non esiste. E’ solo una..

Un disastro annunciato
con molti irresponsabili

La signora M.C. - sessantanove anni - stamattina era andata all’ospedale “Cervello” di Palermo per una trasfusione di sangue. Medici e infermieri l’hanno accolta con amorevolezza ma, dopo avere atteso per tre ore che si attivassero i computer, hanno alzato le mani e si sono arresi. Tutti i pazienti in attesa di assistenza sono stati rimandati a casa. Il sistema informatico era in tilt quindi non era possibile pagare il ticket né accedere alle altre procedure necessarie per attivare le prestazioni. Un delirio. Che ha non pochi colpevoli: primo fra tutti il decreto del ministro Schillaci sulle tariffe che non ha previsto i tempi di adeguamento ai nuovi codici. Pubblicato il 27 dicembre, è entrato in vigore il 30. Poteva sopperire la Regione ma i burocrati degli ospedali e delle..

Il futuro dei privati
nelle mani di Schifani

Credevamo che ci fosse un giudice a Berlino anche per i convenzionati finiti sotto la scure di Orazio Schillaci, ministro della Sanità. Invece no. Il Tar del Lazio, che lunedì aveva sospeso il decreto sulle nuove tariffe, ventiquattr’ore dopo ci ha ripensato, lasciando ampio spazio alla macelleria sociale del governo Meloni e delle lobby – in primis quelle farmaceutiche – che da anni lavorano per soffocare laboratori e ambulatori privati nella speranza di conquistare i loro spazi nel territorio. Da giovedì sarà il caos. Per le strutture convenzionate, per i medici di base che dovranno rivedere il sistema delle ricette, e anche per i pazienti. Qui in Sicilia la parola passa inevitabilmente alla Regione. Riuscirà il presidente Schifani a dissipare la paura dei seimila lavoratori delle strutture convenzionate che da..

La Sicilia delle mance
non l’ha visto arrivare

Neppure Giorgia Meloni – che pure sa leggere nella pancia della gente – aveva colto la forza devastante delle nuove tariffe pensate, si fa per dire, dal ministro della Sanità, Orazio Schillaci, per ridurre in miseria le strutture convenzionate. Il maledetto decreto è stato promulgato il 27 dicembre con decorrenza lunedì 30 dicembre. Tenendo conto che il 28 era sabato e il 29 domenica, gli operatori non avrebbero avuto nemmeno un’ora di tempo per aggiornare i programmi informatici. Una follia. Una scempiaggine. Per fortuna è intervenuto il Tar del Lazio che, travolto da una valanga di ricorsi, ha bloccato la dissennatezza di un provvedimento che, manco a dirlo, aveva avuto un colpevole e irresponsabile via libera dalla Regione siciliana. Ma del resto che cosa ci si poteva aspettare da una..

L’orizzonte dell’Ars è
uno solo: la mancia

L’unica forza che li muove è la mancia. Per arraffare quel milione di euro da spendere liberamente nel proprio territorio, i settanta deputati dell’Assemblea regionale sono disposti ad affrontare massacranti maratone notturne, a tendere agguati di ogni sorta alla maggioranza di governo, a scatenare le risse più indecenti, a trasformarsi persino in franchi tiratori. Non esiste né destra né sinistra. Non ci sono idee né ideologie. Non ci sono scelte “di grande momento” né progetti “di ampio respiro”. Non ci sono riforme da discutere né da approvare. Non ci sono emergenze da risolvere. La siccità? Lasciamola ai giornali e ai talk-show. La sanità? Lasciamola a quel cartongesso della Volo. Per i settanta deputati dell’Ars esiste solo ed esclusivamente la caccia disperata, affannosa, totalizzante alla montagna dorata del denaro pubblico. Il..

Sanità, è in arrivo
un nuovo disastro

I giorni felici di Natale e Capodanno suggerirebbero previsioni altrettanto felici e rassicuranti per il 2025. Ma le premesse sono purtroppo scoraggianti. Le piogge, anche se tempestose, hanno portato un po’ d’acqua alla siccità che ci ha afflitto per tutta l’estate, fino ad autunno inoltrato. Resta drammaticamente in piedi l’altra emergenza: la sanità. La cronaca nera dei pronto soccorso ci ha consegnato in questi ultimi giorni il quadro di una voragine senza fine: la sanità pubblica è al suo ultimo stadio. Purtroppo il disastro è destinato ad aumentare. Dal primo di gennaio entreranno in vigore le tariffe fissate da un decreto del ministro Schillaci; tariffe che metteranno a rischio di sopravvivenza quasi tutte le strutture convenzionate le uniche che finora hanno garantito, pur tra mille difetti, un po’ di efficienza...

Un amichettismo
senza limitismo

Non ci sono solo le inchieste delle procure. C’è pure la rogatoria che la Corte dei Conti ha inoltrato in Francia per avere tutti i dettagli sullo shooting di Cannes, organizzato nel 2022 dal Balilla, costato 3,7 milioni e affidato senza gara a un avventuriero lussemburghese. Ma inchieste e scandali non frenano l’ingordigia della corrente turistica e del sottobosco che, alla Regione, traccheggia all’ombra di Fratelli d’Italia. Anzi. Ai nomi ormai iconici dello spreco si aggiungono nuovi roditori del denaro pubblico. Come la Public Adv riconducibile – stando agli articoli pubblicati in questi giorni dal “Fatto Quotidiano” e dal “Domani” – al marito dell’onorevole Carolina Varchi, amica del cuore di Giorgia Meloni. Anche se di recentissima formazione, la Public Adv avrebbe già rastrellato incarichi e commesse per quasi 400 mila..

Gerenza

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