Consigli per evitare
la questione morale

Nel gran teatro di Santa Flavia, ciascuno recita la sua parte. Antonio Tajani, va da sé, interpreta il ruolo del condottiero magnanimo, sceso in terra di Sicilia per unire e non per dividere. Renato Schifani sale sul palcoscenico con la postura del Viceré, leale alla Real Casa berlusconiana e soprattutto operoso nella raccolta del consenso elettorale. Tra le quinte si intravede anche Marcello Caruso, il ventriloquo di Schifani, travestito per l’occasione da segretario regionale di Forza Italia. A tutti gli altri – deputati dell’Ars e amministratori locali – è stato assegnato il compito di cantare le lodi del governo. Stando bene attenti però a non nominare mai Gaetano Armao, l’opaco avvocato di affari che affianca il presidente nelle questioni più delicate di Palazzo d’Orleans: significherebbe sollevare la questione morale e,..

Palermo, un aeroporto
di gelosie e trame

Fino all’altro ieri erano tutti d’accordo: l’unico manager che può salvare e rilanciare l’aeroporto di Palermo è Vito Riggio. E sono andati in pellegrinaggio a casa sua per convincerlo a riprendere in mano le redini di Gesap, la società che gestisce gli impianti di Punta Raisi. Ma all’improvviso esplodono gelosie e trame oscure: si agita l’assessore Edy Tamajo ed esce allo scoperto anche Gaetano Armao, l’opaco avvocato d’affari che amministra il retrobottega di Palazzo d’Orleans. Davanti ai quali, manco a dirlo, si inchinano sia il presidente della Regione, Renato Schifani, sia il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla. La nomina di Riggio, che era in calendario per lunedì 28 ottobre, slitta a data da destinarsi. Il rischio è che salti definitivamente. Perché il professore Riggio non è un uomo da basso..

Tempi e risentimenti
dell’Asp di Palermo

Ricordate Daniela Faraoni, la manager che dopo avere baciato la pantofola del presidente della Regione, Renato Schifani, è stata riconfermata alla guida dell’Asp di Palermo, la più ricca della Sicilia? Fatta la festa, gabbato lo santo. Ora che non ha più l’assillo di riconquistare la poltrona, prende tutto con calma e si concede pure qualche capriccio. I convenzionati esterni aspettano dal primo gennaio di conoscere il budget per il 2024. Ma siamo quasi a fine anno e l’Asp deve ancora ultimare i conteggi. Tanto, che fretta c’è. La dottoressa Faraoni ha altre cose a cui pensare: ad esempio, regolare i conti con quelli che, nei giorni in cui si decideva la sua riconferma al vertice dell’Azienda sanitaria, non hanno baciato la sua pantofola. Tutti iscritti nel libro nero del risentimento..

Cosa nascondono
i ritardi sul Massimo

Si sa: ogni problema, lasciato a bagnomaria, finisce per imputridire. Comincia a sgretolarsi anche l’entusiasmo che si era creato attorno alla riconferma di Marco Betta a sovrintendente del Teatro Massimo. La cosa sembrava fatta ma i tempi si sono allungati. Il presidente della Regione ha trovato qualche foglia da rimasticare e si sarebbero appannate anche le certezze del ministro della Cultura, Alessandro Giuli. L’indecisione lascia ovviamente spazio a invidie e rivalse. Betta, un musicologo di grande spessore, avrà pure fatto qualche errore: governare oltre quattrocento dipendenti non è facile. Avrà reclutato un numero eccessivo di consulenti e avrà anche ceduto a un certo “populismo musicale”, come sostiene chi non lo ama. Ma Palermo e il Massimo non possono immolarlo sull’altare delle maldicenze. Sarebbe un'offesa alla città e a tutti gli..

E l’Orchestra Sinfonica?
La dimenticanza di Rep.

L’edizione palermitana di Repubblica vive una felice stagione: ci ritrovi la puntualità della cronaca, il respiro largo del commento, il rifiuto tenace della banalità. Diciamolo: la direzione di Emanuele Lauria ha ridato slancio e lucentezza a un quotidiano che non dava più segni di vita. Eppure anche Rep. ha fatto un errore. Pochi giorni fa il giornale lamentava il fatto che i due principali teatri di Palermo ­– il Massimo e il Biondo – sono in attesa che la politica provveda alla nomina dei due sovrintendenti; ma i partiti non trovano l’accordo e le due istituzioni culturali vanno avanti a mosca cieca. Nell’articolo però mancava un riferimento all’Orchestra Sinfonica, sottoposta da oltre quattro anni a una oscena girandola di pagnottisti e ridotta ormai a un baraccone di sottogoverno. Non si..

Che pacchia la Sicilia
per i santoni azzurri

In attesa che il presidente della Regione, con al seguito una corte di famigli e pagnottisti, trascorra la sua settimana di vacanza in America si materializza in Sicilia il fantasma di Gianni Letta, l’ex eminenza grigia di Silvio Berlusconi. Ufficialmente Renato Schifani, 74 anni, va a New York per rinsaldare i rapporti tra la Sicilia e gli Stati Uniti: una scusa come un’altra per un soggiorno a metà tra la politica e il divertimento, tra la promozione del made in Sicily e una ricca colazione da Tiffany. Mentre Gianni Letta, 89 anni, si manifesta in Sicilia per piazzare alla direzione del Teatro Biondo di Palermo un suo candidato: l’attore Luca Lanzareschi. La Sicilia, per i berluscones, è una felicissima colonia. Che garantisce potere e sollazzo ai santoni che partono e..

Una nota al borotalco
per addolcire la batosta

Beati quei giornalistuzzi che credono alle versioni ufficiali. Sull’incontro tra Renato Schifani e Raffaele Lombardo i portavoce di Palazzo d’Orleans sottolineano “il clima di grande collaborazione e rispetto istituzionale”. Ma un occhio esperto non fa fatica a notare che per la prima volta – insisto: per la prima volta – il presidente della Regione ha abbassato la testa, abbandonando spocchia, arroganze e prepotenze. Sul passaggio del sindaco Lagalla all’area dei suoi più acerrimi nemici – il regista dell’operazione, oltre Lombardo, è stato Gianfranco Micciché – neppure una parola: segno che il Viceré ha ingoiato il rospo. Mostrando, di fatto, l’intenzione di evitare intanto che il dissenso esploda davanti agli stati generali di Forza Italia in programma per il 27 ottobre alla Zagarella. Poi ricomincerà coi rancori e le vendette. Ma..

Il Viceré di Sicilia
ha le spalle nude

Si credeva unto dal Signore come Silvio Berlusconi e perciò ogni problema gli scivolava sulle spalle come acqua sul marmo. Liquidava la sanità con un serpigno sorrisetto di sufficienza e trattava la siccità con la spocchia dell’uomo protetto – nell’ordine – da Giorgia Meloni, da Ignazio La Russa e da Antonio Tajani. Ma da ieri all’invincibile e onnipotente Renato Schifani tremano le gambe. Perché il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, asfissiato dai suoi rancori e dalle sue prepotenze, gli ha mollato un ceffone stratosferico e si è buttato tra le braccia di Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè, le sue spine nel fianco. Il reuccio di Palazzo d’Orleans comincia dunque ad avere le spalle nude. Lo inquieta il sospetto che l’operazione Lagalla possa essere nata col tacito consenso del segretario di..

Dopo il pagnottista
s’avanza l’impostore

La prima tentazione sarebbe quella di chiamarli impostori. Ma per non dare pensieri alle procure o alla Corte dei Conti chiamiamoli semplicemente magliari. O truffaldi. Travestiti da giornalisti e guidati da un boss in divisa di editore, vanno in giro per le amministrazioni della Sicilia – Asp, Comuni, Consorzi – e propongono contratti biennali per garantire un “servizio di gestione social networks”. Prezzo a trattativa privata: centoventimila euro più Iva. In omaggio – “paghi uno e prendi due” – offrono “protezione giornalistica” tramite un sito d’informazione che dispensa interviste di comodo ai clienti che, con la stipula del contratto, di fatto hanno già pagato il pizzo. Per adescare e abbindolare i boccaloni vantano referenze altolocate, addirittura riconducibili a Palazzo d’Orleans. La Sicilia dei saltimbanchi diventa sempre più spregiudicata e aggressiva.

Sul teatrino della politica
prevale la macchietta

Il teatrino siciliano della politica ormai produce solo macchiette. “Si placa l’ira di Schifani”, scrive Repubblica. E tu immagini che al centro del palcoscenico ci sia lui, il presidente della Regione, con gli occhi di fuoco e lo sguardo corvino, che legge gli attacchi del perfido Faraone e invoca vendetta, tremenda vendetta. Famigli e maggiordomo tentano disperatamente di inumidirgli la fronte e di ammansire i rancori. Ma lui, il Viceré, continua a battere i piedini sul solaio e a tambureggiare coi pugni sulle pareti. Tremano i mobili del trono e pure quelli della stanza accanto, dove pensa e traccheggia il Bullo. Arriva in aiuto anche Simona, la dama di corte, ma Sua Maestà non si ammorbidisce e con voce baritonale ripete: “Voglio la testa di Faraone e anche quella di..

Gerenza

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