L’unica antimafia
è ristabilire l’ordine:
10 consigli a Lagalla

"Io non perdo mai. O vinco, o imparo” (Nelson Mandela). Ha vinto. Senza se e senza ma. Verrebbe da dire: “È la Democrazia, bellezza!”. O, forse, sarebbe meglio dire: “È la bellezza della Democrazia”. Gli invidiosi diranno che tutto ciò è il frutto di intese occulte e non trasparenti che - da sempre - hanno afflitto Palermo e la sua incompiuta urbanità. Gli ottimisti diranno, viceversa, che l’odierna vittoria è la pura risultanza della volontà del popolo palermitano di cambiare uno sciagurato destino. Non saprei dirvi chi, tra i due schieramenti abbia ragione. Ciò che posso, con certezza, affermare è che il Sindaco uscente - grazie al suo modo cieco di governare Palermo - è riuscito in una impresa quasi impossibile: quella di rinsaldare il fronte di coloro che pensano..

Oggi ho pianto
perché il calvario
di mio padre è finito

Oggi ho pianto. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai pianto per Banca Etruria. Oggi l’ho fatto. E non ho paura di ammetterlo in pubblico. Ho pianto come una bambina, in ufficio, alla Camera. Ho pianto perché mio padre è stato assolto dall’ultima accusa che gli veniva mossa su Banca Etruria. Con oggi si chiude un calvario lungo sette anni. E si chiude nell’unico modo possibile: con la certezza che mio padre era innocente. La verità giudiziaria non cambia niente per me: ho sempre saputo che mio padre è stato attaccato sui media e non solo per colpire altri. Ma oggi la verità giudiziaria stabilisce ciò che io ho sempre saputo nel mio cuore: mio padre è innocente. E ora lo sanno tutti, non solo la sua famiglia...

La Regione del nulla
e quel racconto
che non so spiegare

Potrete non credermi. Anzi, vi autorizzo fin da adesso a non continuare la lettura di questo scritto corsaro. Per dirla tutta, mi dissocio da me stesso mentre cerco di mettere insieme le idee che mi serviranno a narrare. E - come dice Woody Allen - non vorrei fare parte di un club che annoveri tra i suoi soci gente come me. Però, se non metterò nero su bianco questa Verità, sono certo che si perderà nella nebbia del passato e le mie memorie vivranno solo come lacrime nella pioggia. D'altronde, fuori dal racconto di ciò che abbiamo vissuto sembra che possa esistere null'altro che l'ombra della nostra stessa vita. Vi racconterò, quindi, sperando di essere creduto... Era il tempo in cui la Prima Repubblica stava inesorabilmente crollando sotto il peso..

Palermo, città cannibale
La metafora
del sindaco Notarbartolo

La storia che vi racconterò oggi è sconosciuta alla quasi totalità degli autoctoni palermitani. Anzi, sarebbe più veritiero dire rimossa dalla coscienza collettiva. E ciò malgrado - ogni giorno - una moltitudine di persone attraversino l’arteria importante della città che a quell’uomo è dedicata: Emanuele Notarbartolo. Il racconto della vita e della morte (per violento assassinio) del Sindaco di Palermo Notarbartolo unisce saldamente quel passato alla sorte futura della città e ne diventa la metafora assoluta. Intellettuale, aristocratico e illuminato libertario con studi solidi in Inghilterra ed in Francia, Emanuele Notarbartolo divenne Sindaco di Palermo nel 1873 per soli tre anni. Ma in quel breve tempo, l’amore per la sua città aveva fatto da volano ad infiniti progetti di grande rilievo. La quasi totalità delle importanti opere architettoniche e sociali,..

La lezione di Borges
sulla cifra della
dimensione umana

In una delle opere poetiche più toccanti di Jorge Luis Borges si allude alla "Cifra". All'apparenza quel testo - leggero come una brezza di intelletto - racconta di ciò che, veramente, può ancora salvare una umanità disorientata e dispersa. Ma davvero pochi versi possono rivoluzionare il destino di un mondo immerso nelle contraddizioni di se stesso? Sarebbe come affermare che un malato possa risollevarsi da una grave patologia grazie solo alle espressioni di conforto del medico. Impossibile - verrebbe da dire - se si affronta il problema solo dal punto di vista della scienza e facendo del caso clinico l'esempio applicabile per tutti. In altre (e più semplici) parole, nel suo acquerello poetico Borges non vuole ergersi a chirurgo dell'umanità, ma a suo umile suggeritore. Lui vuole dare una visione..

Armao in guerra
con le sue tasse:
Musumeci dov’è?

Ah, l’amaro vento. Verrebbe da citare il poeta per meglio descrivere il punto di svolta in cui è finita la baldanzosa vita dell’avvocato Gaetano Armao. Per anni le ha vinte tutte: all’Amat, all’agenzie delle Entrate, al Tribunale civile di Palermo, al Teatro Massimo, persino all’Istituto delle case popolari. Ha vinto cause e vertenze, ha rastrellato incarichi e consulenze, ha incassato parcelle milionarie, ha conquistato la fiducia di boiardi e avventurieri – da Ezio Bigotti ad Antonello Montante a Stefano Ricucci – ed anche il cuore di due politici, come Silvio Berlusconi e Nello Musumeci, che gli hanno consegnato potere e prestigio aggratis, come si dice a Roma: cioè sulla parola, senza mai sottoporlo a una prova elettorale. Ora però la ruota comincia a girare in senso inverso. Nel giro di..

La memoria tradita.
Chi ha stravolto
il metodo Falcone

Fateci caso: lunedì, giorno delle celebrazioni, erano tutti lì, sul grande palcoscenico della memoria allestito a Palermo per rendere onore al sacrificio di Giovanni Falcone, saltato in aria trent’anni fa sull’autostrada di Capaci con la moglie e gli uomini della scorta. C’erano i giudici che non hanno mai smesso di piangerlo e i giudici che non hanno saputo raccogliere la sua eredità. C’erano i giudici che hanno sempre diffidato dei pentiti e quelli che invece li hanno coccolati, adulati, incoraggiati e persino imbeccati per vincere facile nei processi e godere dei privilegi che il successo avrebbe inevitabilmente comportato. C’erano i magistrati che credono nello stato di diritto e che svolgono le indagini cercando le prove e i riscontri necessari per arrivare a sentenza; e c’erano i magistrati che invece cedono..

L’antimafia delle cravatte
ora distribuisce
patenti di legalità

Il bip del messaggio contenente uno screenshot interrompe la piacevole apatia di una domenica pomeriggio quasi estiva. E’ la foto di un annuncio: Giovanni Falcone testimonial di una nota marca di cravatte. A lanciarlo la Fondazione che porta il suo nome. “Dai – rispondo – è un fotomontaggio, uno scherzo e pure di cattivo gusto”. “No – mi risponde il mittente – è tutto vero, vai a guardare”. Vado a guardare, è tutto vero. Il giudice ucciso dalla mafia «amava le cravatte – si legge – ma la sua vita blindata gli impediva di andare a fare shopping». Così la nota azienda di cravatte ha deciso di riprodurre quella indossata da Falcone in una foto in cui “ride felice”. E ne incoraggia l’acquisto, attraverso la pagina ufficiale della Fondazione Falcone..

Non c’è “morte felice”
senza verità.
Orlando se ne ricordi

Sembra che il Sindaco di Palermo si prepari ad una "morte felice". Così ha detto in una intervista rilanciata da numerosi organi di stampa. È strano che, per concludere il suo monarchico ed infinito regno sindacale, egli abbia scelto un'idea cara ad Albert Camus. La “morte felice”, infatti, era il titolo che originariamente era stato dato al romanzo "Lo Straniero". Il tema dell'opera era tutto racchiuso in una frase che il protagonista, Patrice Mersault, ascolta da un vecchio infermo a nome Zagreus: "Conviene scommettere su questa vita piuttosto che sull'altra...". Patrice ucciderà il consenziente Zagreus e ne riceverà il denaro che servirà al suo futuro felice. Ma la felicità che l'uomo si attende non è mai quella che, in effetti, arriverà perché la vita (e forse la morte) è ciò..

La cultura del sottosopra
sta nella moglie
per finta di Adriano

La cultura del sottosopra. Che ha esempi illustri, per carità. Basta saperlo. Le favole a rovescio di Gianni Rodari, per esempio. Che sono teoria e arte dell’invenzione, “Grammatica della fantasia”, come il maestro elementare Rodari scriveva nel suo saggio più noto. Un salto nell’immaginazione fatto apposta per capovolgere la visione del mondo. Che succede se “un povero lupacchiotto porta alla nonna la cena in un fagotto” o se “Biancaneve bastona sulla testa i nani della foresta”? Erano gli anni Settanta e Rodari si poteva permettere di ribaltare il cattivo di turno e perfino di maltrattare le donne. Fosse anche una soave principessa già orfana di madre e vessata a morte dalla malefica matrigna. All’epoca di “politicamente corretto” non si parlava proprio. Figuriamoci di americanate come la “cancel culture”. Ancora eravamo..

Gerenza

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