La tragedia di Palermo
Ecco il monologo
del sipario che cala
Una città come Palermo. Una città straordinaria fatta di carne, femmina viva. Femmina soggetta, però. Cagna con museruola. Meravigliosa e impossibile. Invivibile, col sangue che scorre al posto dell'acqua e quando non scorre diventa putrido e putrescente. Una città spaventata dalla propria stessa libertà. Illetterata e fremente. Porto, angiporto, puttana. Bambina adottata. Donna inconsapevole. Priva e traboccante di sé stessa. Passano anni e giunge un paladino con un nome antico. Un nome che c'è stato sempre. La città lo riconosce. Il paladino sa fin dall'inizio che può essere inghiottito masticato sputato da quella città feroce e ferina. Lo sa. Lui conosce la sua lingua, sa interpretare i suoi ruggiti, sa comprendere i suoi languori. Lui è lei. Lei lo riconosce ringhiando guardinga e assetata di sangue e d'amore. Lui la..