Morte antica e arte contemporanea: la magia di Gibellina

Gibellina, con il progetto “Portami il futuro”, è la prima “capitale italiana dell’arte contemporanea”, un titolo, un riconoscimento appena introdotto dal ministero della Cultura di Alessandro Giuli. La città del Belìce ha surclassato ogni altro luogo presente tra i finalisti: Carrara, Gallarate, Pescara e Todi. Le verrà destinato un milione di euro, offerti appunto dal Mic per “mettere in opera i progetti presentati”. Le motivazioni della giuria fanno riferimento a una “capacità progettuale nel riattivare il suo straordinario patrimonio di opere, coniugandone il presente, memoria e futuro, conservazione e valorizzazione, attenzione al locale e ambizione internazionale, per il suo coinvolgimento delle giovani generazioni e della cittadinanza tutta, interpellando il territorio più ampio sulla base di una comune consapevolezza civica”. Una città laboratorio, ossia ciò che Gibellina ha scelto d’essere dall’indomani..

Col papocchio De Luca la sinistra
rischia il k.o. pure in Campania

Attenzione, attenzione, nuovo avvincente capitolo della serie “House of De Luca”. Un uccellino ci segnala che martedì prossimo, il 5 novembre, mentre il mondo sarà col fiato sospeso per quel che accade alla Casa Bianca, il nostro prepara il colpo gobbo a palazzo Santa Lucia. Che, ca va sans dire, nel suo cuore è molto più importante, vuoi mettere. Vincenzo De Luca, questo il colpo, porterà in Consiglio regionale la legge sul famoso limite dei mandati sfidando tutti. Roba forte. Chiediamo un’intervista: “Per ora il governatore è in modalità zen, parlerà dopo il voto in Consiglio”. Insomma, la finta quiete prima della tempesta. Continua su Huffington Post

La cybersicurezza a un intramontabile prefetto felliniano

Bruno Frattasi scriverebbe del direttore Frattasi: un uomo perfetto nel secolo sbagliato. Per battere l’hackeraggio, gli spioni, il governo ha scelto un prefetto del Novecento. Colto, raffinato, un flâneur del “naufragar mi è dolce”. Dal marzo 2023 dirige l’Agenzia nazionale della cybersicurezza (Acn) ma guiderebbe magnificamente il gabinetto Vieusseux, la sala di lettura, a Firenze, di Manzoni e Gide. Ama l’inchiostro, le stilografiche, le buone letture, ascolta la musica classica, Haydn, Bach, Chopin. E’ melomane, cinefilo, tifoso del Napoli, autore del libro, su Federico Fellini, “Amarcord, 50 anni dopo. Mémoire di uno spettatore informato (e altri vagheggiamenti” (Rubettino). 68 anni, ex prefetto di Roma, Latina. Ha sciolto il comune di Fondi. Un fratello dirigente del Pci, scomparso, uno stipendio secretato, come quello della sua vicedirettrice, Nunzia Ciardi. L’Agenzia modellata, e..

Spie e spioni. Il gip ha dei dubbi, ma i giornali se ne fregano

Mi sono letto avidamente le decine di pagine dedicate dai giornali a quest’ultima storia di spie, da cui la procura di Milano ha tratto coscienza del rischio per la tenuta delle istituzioni e della democrazia. Un rischio talmente elevato che la procura aveva chiesto al giudice delle indagini preliminari il carcere per tredici indagati, pericolosi agenti dell’eversione in contatto con la mafia e i servizi segreti, anche di altri paesi. Il giudice ha invece stabilito gli arresti domiciliari, e non per tutti e tredici, ma soltanto per quattro di loro. Si intuisce una differenza di vedute, non leggera, fra quanto la procura ha proposto e quanto il giudice ha disposto, e dunque sulla portata dell’inchiesta. Eppure i giornali sono costruiti sulle carte della procura e per nulla sulle carte del..

Liguria, messaggio al centrosinistra: con Conte si perde

Fuori. Il più facile dei rigori a porta vuota – manette, girotondi, scandalo indignato, elezioni anticipate e governatore uscente che addirittura patteggia mentre si distribuiscono i santini elettorali – finisce in tribuna. Per un soffio, ma non va in gol. Andrea Orlando, che dalle primarie del Pd del 2017 non si metteva in gioco in prima persona, rimedia nella sua Liguria una sconfitta di misura. Che ora potrebbe non essere orfana. Fra tre settimane tocca all’Umbria, altro fortino del centrodestra che dopo ieri sera sembra meno espugnabile. Matteo Salvini ha già piantato la tenda a Perugia. “Se perdo sarà per colpa mia”, aveva confessato l’ex pluriministro dem al teatro Politeama di Genova, durante la chiusura della campagna elettorale. Appuntamento cercato, ma complicato nella costruzione tanto da diventare una notizia, la..

Quando c’era lui alla Cultura. Lui, il venerato Franceschini

La destra è maldestra su come si governa, anzi, su come si galleggia, si sopravvive, si nomina, si fa clientela e ci si protegge dai giornali che mai assaltarono la sinistra malgrado tutto. Dopo appena due anni un ministro della Cultura si è dimesso, e un altro barcolla. Non riescono nemmeno a nominare un capo di gabinetto e finiscono spernacchiati su tutti i giornali. E allora quanto ci manca lui – solo e sempre lui – che nel gabinetto ci gettava 26 miliardi di euro con il bonus facciate e nessuno fiatava. Quanto ci manca, Dario Franceschini! Per otto anni ministro della Cultura, sempre sia benedetto e rimpianto, egli è infatti da sempre un professionista della politica. Lui sì. E come gran parte dei dirigenti del Pd, egli potrebbe oggi..

“Dossieraggi contro di me”
La premier al contrattacco

"Le inchieste dicono che il dossieraggio su di me è cominciato già alla fine del governo Draghi quando si capiva che sarei potuta andare al governo. Sulla vicenda dei dossieraggi mi aspetto che la magistratura vada fino in fondo, perchè, nella migliore delle ipotesi, alla base di questo lavoro c'era un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione. Nessuno Stato di diritto può tollerare una cosa del genere". Lo afferma il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nell'ultimo libro di Bruno Vespa, "Hitler e Mussolini. L'idillio fatale che sconvolse l'Europa (e il ruolo centrale dell'Italia nella nuova Europa)". Continua su Huffington Post

Meloni, anatomia di uno sfogo. Il perché del voto anticipato

Quando Giorgia Meloni si incavola è oggettivamente irresistibile. Tratto popolano, linguaggio anche colorito, tutto si può dire fuorché che finga o che abbia perso l’autenticità: me so’ rotta, me ‘sto a fa un mazzo tanto pe’ questi qua, sono stanca. Effettivamente, dalla ripresa post ferie, ogni giorno ce n'è una: prima la soap pompeiana, poi il caso Spano, ridda di chiacchiere e veleni, eccetera. Direbbe un politologo che sta misurando i limiti della sua classe dirigente. Gli sfoghi, ultimamente, si concludono con una frase su quanto sarebbe meglio andare a votare. Addirittura, talvolta, proseguendo su questo filo di pensieri, si spinge a dire quanto sarebbe meglio tornarsene all’opposizione magari con un bel trenta e passa per cento, lasciando agli altri le grane di un paese ingovernabile e strozzato dal patto..

Beppe chi? Del licenziamento
di Grillo il M5s se ne infischia

Beppe chi? Nel giorno in cui Conte licenzia il fondatore, il Movimento Cinque Stelle, anche quello più corsaro alla maniera del comico genovese – sostanzialmente se ne fa una ragione. In attesa che Grillo replichi, a protestare sono solo quelli che stanno fuori dal Parlamento. Sgarro più grande Giuseppe Conte a Grillo non glielo poteva fare, accusandolo apertamente di sabotaggio. “Con Grillo qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile”, dice. E per essere più chiaro, il presidente del M5s annuncia che non rinnoverà il contratto di consulenza per la comunicazione, in scadenza a dicembre, che destina al fondatore M5s 300mila euro l’anno. Loro lo pagano per comunicare, ma quello contro-comunica. E dunque: licenziato. Continua su Huffington Post

La bizzarra passione di Schifani per i suoi venerati nemici

Diciamolo brutalmente e senza le sofisticherie della politica: Renato Schifani odia i deputati di Forza Italia, che dovrebbe invece amare, consultare e coccolare; mentre va letteralmente pazzo per quelli che sono stati i suoi nemici. Un comportamento a dir poco bizzarro, ma tant’è. I fatti parlano chiaro. Subito dopo avere vinto le elezioni, il neo presidente della Regione ha ceduto metà del regno a Gaetano Armao, l’opaco avvocato d’affari che alle “regionali” del settembre 2022 fu candidato alla Presidenza della Regione, dunque suo rivale, sotto le bandiere di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Gli ha offerto una consulenza di sessanta mila euro l’anno, gli ha affidato le pratiche più delicate che transitano dal retrobottega di Palazzo d’Orleans e, come se non bastasse, lo ha imposto al vertice del Cts, il..

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