Calate il sipario su Agrigento capitale della cultura

Fermiamoci qui. Evitiamo un inutile accanimento, un ulteriore spreco di risorse finanziarie. Non diamo altri motivi per danneggiare l’immagine della città, per identificare i suoi cittadini con gli incapaci e gli improvvisatori impegnati in una sorta di promozione alla rovescia. Prendiamo atto che l’obiettivo originario di «Agrigento capitale della cultura» è stato mancato e che si può solo tentare di mettere insieme un accrocco che alla fine provocherebbe ancora pesanti polemiche. Il presidente della Regione abbia consapevolezza di una situazione ingovernabile e si sottragga al rischio di finire coinvolto in un clamoroso, forse inevitabile fallimento. Ha tentato di metterci una pezza quando già era troppo tardi. Ha immaginato che la nomina della dottoressa Cucinotta potesse imprimere una svolta. Non è successo. Probabilmente non c’erano più le condizioni perché succedesse. La..

La Meloni prenota Washington
Un Trump da sventolare a Salvini

“Tu non rispondi più al telefono e appendi al filo ogni speranza mia… “, cantava Laura Pausini. Giorgia Meloni potrebbe intonare lo stesso struggente ritornello. A Palazzo Chigi e alla Farnesina c’è grande fermento. Attesa trepidante. Si lavora, pancia a terra e telefoni bollenti, per ottenere da Donald Trump una convocazione a Washington della premier nel weekend o la prossima settimana. Il motivo dell’urgenza: dare nelle prossime ore l’annuncio del primo bilaterale ufficiale tra Meloni e il presidente americano. L’obiettivo: permettere alla premier di affrontare con più forza la trattativa con Matteo Salvini sulla risoluzione da votare in Parlamento mercoledì. Quella su cui la maggioranza, lacerata sul fronte estero, si è avvitata. E poi consentirle di andare al Consiglio europeo di giovedì e venerdì con la patente di “pontiera” tra..

Riarmo. Salvini e Meloni studiano come salvare la faccia

In maggioranza la tregua non è ancora arrivata. Dopo la discussione tra Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, a margine del consiglio dei ministri, le distanze tra il Carroccio e gli alleati restano, al punto che non si riesce a scrivere un documento unitario in vista del passaggio parlamentare di martedì e mercoledì. Decisivo sarà un vertice tra i leader lunedì a Palazzo Chigi. Poi ci saranno le riunioni dei gruppi parlamentari. Ma mettere insieme un testo condiviso è come un cubo di Rubik. Per nascondere le differenze di posizione, si ragiona di limitarsi al minimo e indispensabile. Una premessa general-generica e un dispositivo alla Catalano: “Udite le comunicazioni della presidente del consiglio, le si approva”. Una sola cosa è sicura: il nome, Rearm Europe, non piace a nessuno. Un passo..

Tra Del Mastro e Nordio
un venerdì da matti

Venerdì da incubo al ministero della Giustizia. Il sottosegretario Andrea Delmastro, in un colloquio con il Foglio, ha delegittimato la riforma sulla separazione delle carriere: “Dare un Csm (Consiglio superiore della magistratura, ndr) alle procure è un errore strategico, l’unica cosa figa della riforma è il sorteggio” dei membri togati, sempre del Csm. Una dichiarazione, quella del meloniano, che spiazza il suo ministro della Giustizia, che da Venezia cerca di sedare gli animi: “Su Delmastro un’enfatizzazione giornalistica, andiamo avanti compatti”, dice Carlo Nordio. In giornata sarà un rincorrersi di smentite, con Delmastro che parlerà di “significato esasperato” delle sue parole, e di contro smentite, con la pubblicazione dell’audio dell’intervista. Per il suo ruolo istituzionale e nel partito, risulta comunque difficile credere che quella di Delmastro sia un’uscita del tutto autonoma...

Domani andrò in piazza. Contro la “sindrome di Comiso”

Sabato andrò in piazza e sarà un’esperienza nuova e inconsueta anche per la mia età. Quando avevo quella giusta, le piazze erano di coloro che contestavano la Democrazia cristiana, e definivano i suoi aderenti servi dell’imperialismo. Sventolavano la colomba di Picasso e ritenevano l’Unione Sovietica e i Paesi del socialismo reale luoghi di libertà, di giustizia e di progresso. Erano anche in buona fede e impiegarono parecchio per ammettere di sentirsi più protetti sotto l’ombrello della NATO piuttosto che sotto quello del Patto di Varsavia. In modo paradossale a quel tempo gli eredi dei veri costruttori di pace, di coloro che avevano voluto la nascita dell’Europa per eliminare le ragioni dei ricorrenti conflitti, dei democristiani Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman, venivano considerati guerrafondai. Tutto questo appartiene ad..

Il giorno in cui l’Italia
si scoprì contro l’Europa

Forse dunque è vero che viviamo in una rete di arabeschi, come diceva Ennio Flaiano, in una locuzione che era il diretto corollario dell’affermazione per cui “in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco”. Per un giorno questa patriottica industria del ghirigoro si è trasferita a Strasburgo, al seguito di alcuni tra i suoi più illustri artigiani. Nella città che una settimana al mese ospita le sedute del Parlamento europeo, il Partito democratico ha tratteggiato l’arabesco dell’astensione sul ReArm Europe, il piano con cui Ursula von der Leyen sta provando a far fare qualcosa – e subito – a un Vecchio continente che rischia seriamente di ritrovarsi proverbiale vaso di coccio tra l’America di Donald Trump e la Russia di Vladimir Putin. Peccato che poi astensione non..

Vieni avanti, Salvini. Giorgia Meloni governa, lui twitta

Lei governa, lui twitta. Gli alleati lo tollerano come un jukebox rotto che suona sempre la stessa canzone, l’opposizione lo gonfia come un palloncino da sagra paesana, ma alla fine è Giorgia Meloni a spegnere le luci. E noi stiamo a guardare, perché in Italia, si sa, anche il dramma più cupo finisce sempre con un Salvini che inciampa sul suo stesso rosario. Ieri pomeriggio, a Strasburgo, la Lega ha votato contro il piano di difesa europeo con quell’aria di chi dice “siamo pronti a iscriverci al Pd di Elly Schlein”. Fratelli d’Italia, i cugini di destra con cui i leghisti dividono il governo, ha invece votato a favore con Forza Italia, lasciando il pacifista Matteo Salvini a urlare da solo contro un mulino a vento che, guarda caso, continua..

Guerra dei dazi al Canada
Trump perde Wall Street

Dopo il lunedì nero, che ha registrato la peggiore giornata del Nasdaq in due anni e mezzo (-4 per cento) e una caduta dell’indice S&P 500 (-2,7 per cento), proseguono le vendite a Wall Street. Nella giornata di ieri il Dow Jones ha ceduto 700 punti per poi limitare le perdite (-200) e, soprattutto, è caduta l’industria automobilistica: le tre americane Ford, General Motors e Stellantis, oltre alla canadese della componentistica auto Magna International, hanno perso attorno al 3 per cento. La ragione è una nuova tappa della guerra commerciale scatenata da Donald Trump contro il Canada. Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato ieri, attraverso il social network Truth, un ulteriore dazio del 25 per cento sull’acciaio e sull’alluminio importati dal Canada, portando così al 50 per cento i..

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