Il parlamento vota il premierato e fa ciao ciao al boia

Ha ragione Michele Serra: il Parlamento che vota il premierato, e quindi declassa sé stesso, ha l’aria del nobile decaduto che infila la testa nella ghigliottina e fa ciao ciao al boia. Ma non è una novità delle ultime ore. Il Parlamento fece ciao ciao al boia quando, nella furia di Mani pulite e della smania di ceppi, modificò la Costituzione e ridimensionò l’immunità parlamentare. Fece ciao ciao al boia quando votò per la prima volta nella storia repubblicana l’arresto di un parlamentare, Alfonso Papa, per reati non di sangue o di terrorismo, e perché serviva offrire il sacrificio umano al popolo digrignante. Fece ciao ciao al boia quando votò la riduzione dei parlamentari sull’assunto filosofico-istituzionale che deputati e senatori sono inutili e costosi e tanto vale farne fuori un..

Il piano di Conte: ingoiare il Grillo e rivedersi a settembre

“Né di destra né di sinistra lo sento dire da molti anni. Da quelli di destra”. Quella di Stefano Patuanelli non è una voce come tante nel Movimento 5 stelle. Non in quello di Giuseppe Conte, partito costruito a immagine e somiglianza del leader dove dietro il leader la seconda fascia dei colonnelli è stata sostanzialmente azzerata. A differenza del magma, Patuanelli ha un suo peso specifico interno (è stato ministro e capogruppo), una sua influenza e – attenzione attenzione – una sua linea politica. Che è quella dell’apertura a sinistra, della costruzione di un’alternativa di governo, del campo largo ancor prima che si parlasse di campo largo. Con chi ce l’ha Patuanelli? Con Virginia Raggi, ad occhio e croce. L’ex sindaca di Roma è una specie di baluardo per..

Premierato: primo via libera
del Senato alla riforma

Con 109 sì, 77 no e un astenuto il ddl sul Premierato ha ottenuto il via libera dell'aula del Senato. A favore si sono espresse le forze di maggioranza, tutte contrarie le opposizioni. Otto gli articoli del ddl sul premierato che introduce, tra le altre in Costituzione, l'elezione diretta del presidente del Consiglio. L'approvazione del ddl di riforma costituzionale è la prima tappa di un percorso parlamentare che prevede altre tre letture, a partire dalla prossima alla Camera dei deputati. L'articolo 138 della Costituzione recita: "Le leggi di revisione della costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera nella seconda votazione". Nel corso delle operazioni..

Al Terzo polo resta una sola cosa da fare: rassegnarsi

Nella “hit parade” dell’inconcludenza politica domina, per distacco, la riforma elettorale. Ma subito dopo, nella classifica del superfluo, segue il dibattito sul Terzo Polo: inutile perché non porterà da nessuna parte. L’ultimo passatempo mediatico consiste nella caccia al Federatore, cioè al personaggio autorevole, al volto noto e da tutti apprezzato, che dovrebbe rimettere insieme i cocci dopo la disfatta alle Europee. È circolato il nome di Francesco Rutelli, il quale però se ne tiene alla larga (vedi sulla Stampa l’intervista di Paolo Festuccia). Altri s’illudono che, conclusa l’esperienza di Commissario a Bruxelles, Paolo Gentiloni non trovi di meglio da fare che mettere pace nell’area più litigiosa al mondo, Medio oriente compreso. Idem per Giuseppe Sala, quando smetterà di fare il sindaco a Milano, tra un paio d’anni. L’ultima stupefacente suggestione..

In mostra a Cefalù le foto dell’altra grande bellezza

Una Roma inconsueta quella in mostra alla Galleria di Cefalù in via Mandralisca 23 dal 14 giugno al 14 luglio. Una Roma oltre il cliché della “grande bellezza” a cui ci ha abituato il cinema italiano di oggi. Una Roma straniata, fotografata nelle periferie, nei graffiti urbani, in quel che resta dell’archeologia industriale nei quartieri un tempo operai o artigiani come Porta Portese. Non a caso la mostra si intitola “Roma e il suo doppio” ed è stata ideata da una fotografa giovane, nomade e digitale. Una della generazione nata assieme all’invenzione della Rete. Si chiama Maria Sole Stancampiano, ha origini in parte madonite, è nata a Roma e lì si è laureata in Disegno Industriale e poi in Grafica e Fotografia. Ha viaggiato per quattro continenti, ha studiato inglese..

Elly jet. Vanno in Europa ma sognano già di tornare a Roma

Elly Schlein, brava, bravissima: è la speranza. La sua campagna comunicativa? Eccezionale. Il risultato alle europee la incorona. Il Pd “sta arrivando”. Tutto vero. Può bastare? Ora, il dopo sbornia, l’after Schlein. Alla Camera con rissa (pugni e papagni dei leghisti ai grillini) Piero De Luca, il riformista del Pd, dice che le europee sono state un successo, “riformista”. A Firenze, gli amici di Dario Nardella rilanciano: “Un successo, di Nardella”. A Pesaro, i marchigiani: “Un successo, del nostro bravo sindaco Ricci”. A Bologna, i bonacciniani: “E i voti di Stefano dove li mettiamo?”. Dunque, a Bruxelles chi fa il capodelegazione del Pd? Bonaccini? Il bonacciniano: “Ah, ma lui prima o poi deve tornare in Italia”. Sarà Decaro, lo Zelensky di Bari? Il decariano: “Ci serve in Puglia, presto. La..

I grandi del G7 non litigano
sulla guerra ma sull’aborto

L’aborto agita la vigilia del G7 di Borgo Egnazia. A creare il caso è la notizia, riportata da Marco Bresolin su La Stampa, secondo cui l’Italia avrebbe fatto togliere dalla bozza della dichiarazione finale ogni riferimento al diritto all’aborto. Ma che c’entra l’aborto in un G7 in cui si parlerà di Ucraina e di dazi, di sanzioni alla Cina e congelamento dei beni russi? C’entra, perché l’anno scorso, a Hiroshima, nella dichiarazione finale, il G7 affermava il “pieno impegno per assicurare salute e diritti sessuali riproduttivi completi per tutti, anche affrontando la questione dell’accesso all’aborto sicuro e legale e alle cure post-aborto”. Germania e Stati Uniti avrebbero voluto, e l’hanno chiesto, ribadire questo messaggio anche a Borgo Egnazia. Dove, peraltro, venerdì sarà ospitato il Papa, contrario, da capo della Chiesa,..

Meno Tolkien più Tatarella. Meloni legga il libro di Giuli

Meno Tolkien e più Tatarella. Se fosse uno spot pubblicitario non potrebbe essere che questo. Una parola d’ordine, anzi un monito. Dove con Tolkien s’intende il settarismo della classe dirigente della nuova destra che circonda Giorgia Meloni (e il termine che allude a una forma di prigionia della leader è più che adeguato) mentre per Tatarella s’intende l’intelligenza prensile e armoniosa dell’uomo, Pinuccio Tatarella appunto, che negli anni 90 contribuì in maniera determinante a fare uscire Alleanza nazionale da un ghetto psicologico prima che politico. Vinte le elezioni europee è forse arrivato il momento anche per Meloni: allargare, aprirsi, far somigliare sempre di più la sua creatura a un elettorato che ormai è quasi il 30 per cento non più il 3 per cento di una storia ormai conclusa. L’alternativa..

Salvini vorrebbe cacciare Bossi
Peggio della sconfitta? Il ridicolo

Peggio delle sconfitte elettorali ci sono solo le rappresaglie rancorose contro il capro espiatorio che si considera responsabile della disfatta. Che Salvini abbia in mente di espellere come “traditore” Bossi dalla Lega è semplicemente ridicolo, la parodia di un parricidio, il risentimento come arma di vendetta. Invece di interrogarsi sul perché a Milano la Lega sia diventato il partito più piccolo, invece di chiedersi perché i ceti produttivi della Lega del Nord non seguano più le vannacciate del capo, invece di cercare di capire perché in cinque anni abbia perso 24 (ventiquattro) punti percentuali, Salvini ha in mente di vendicarsi sul fondatore della Lega. Senza Bossi la Lega non sarebbe mai esistita. Senza Bossi, Salvini non sarebbe mai (politicamente) esistito. Senza Bossi il centrodestra non sarebbe stato da anni maggioranza..

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