Adesso che la serie B è sicura, anche se non ufficiale, converrà riconoscere i meriti di quella parte di tifoseria che aveva predetto e previsto tutto. O quasi. Cominciando dallo sfacelo della dissennata gestione targata Pablo Cosentino – su mandato pieno di uno smarrito presidente Pulvirenti – denunciato nell’inverno del 2014 con proteste, cortei, denunce, riunioni, assemblee. Lasciando vuoto il Massimino per più partite. Tutto accaduto e documentato poco prima che a Catania arrivassero Daniele Delli Carri and company a creare la condizioni di contesto di quella che sarebbe diventata l’inchiesta Treni del Gol.
Un’inchiesta molto da giustizia sportiva italiana, dove viene accertato che qualcuno (il Catania) voleva comprare delle partite ma non si sono mai trovati – né, tantomeno, condannati – coloro i quali avrebbero dovuto venderle, in un buco nero della giustizia (che non attenua certo le responsabilità esistenti) dentro il quale il Catania si è perso, pagando il fio della retrocessione in Lega Pro e del peregrinare in campi polverosi e periferici; molto simili a quelli frequentati nell’Eccellenza successiva alla tentata radiazione del 1993 – per opera della Figc guidata dal barese Antonio Matarrese -, iconograficamente riassunti dalla sedie di plastica bianca inquadrata a bordo campo durante l’intervallo di Melfi-Catania.
Adesso che il Catania riceve in dono la B, un quarto di secolo dopo quel 31 luglio, con gli Ace of Base e gli 883 in cima alla classifica estiva e la meglio gioventù catanese sparpagliata tra il Banacher di Aci Castello e il Septimo di Taormina, bisogna rendere omaggio a quella parte di tifoseria. Che dimostrò un attaccamento critico e sganciato dalla fede assoluta nel Dio risultato, per cui se la squadra vince chissenefrega di tutto quello che succede intorno ad essa. Un atteggiamento maturo ma non scontato, che a Catania è stato la naturale applicazione di un principio di fondo. Semplice e lapidario: quella del Catania non è una storia di successi e titoli, di affermazioni e gioie.
E’, soprattutto, una storia di sconfitte e delusioni, di promozioni sfumate all’ultima giornate e promesse estive di grandeur sfiorite già alle prime piogge d’ottobre. Le discese ardite, e le risalite, hanno fatto parte del dna catanese, nel ricordo di chi scrive, fin da quando indossava i calzoni corti. Tifare per il Catania è stata una professione di fede, con l’unica garanzia che non c’erano affatto garanzie sulla probabilità che prima o poi si sarebbe riusciti a festeggiare qualcosa. Questo ha forgiato un temperamento basato su valori come il rispetto della maglia, l’attaccamento, lo spirito di sacrificio, l’ardore agonistico, il senso di appartenenza, per cui anche se si perde quello che conta è aver buttato il cuore oltre l’ostacolo, aver consumato l’ultima stilla di sudore, aver indossato la maglia con onore e onestà. A prescindere dalla categoria.
Abituati, per lunga tradizione, dalla citata estate del ’93 a quella ancora più calda, se possibile, del 2003 con il caso Martinelli, ad essere seduti dalla parte del torto, per i tifosi catanesi essere additati come coloro che erano scivolati nel marcio del calcio, è stato doloroso. La traversata nel deserto di questi tre anni catartica, da espiazione di colpe non proprie, eppure subite come un amaro calice da bere fino in fondo.
Per questo oggi si festeggia una serie B non conquistata sul campo, ben oltre la necessità di esorcizzare lo spettro di quella sedia bianca di plastica dentro lo stadio di Melfi: oggi si festeggia il ritorno a ciò che era prima che le tenebre si abbattessero sul Massimino. Tenebre squarciate quasi in solitudine dalla torcia di una tifoseria che aveva visto, aveva intuito che qualcosa non andava e non ha voltato la testa dall’altra parte.
Adesso che possiamo dire di essere in B, a spese dello scomparso Bari – in una nemesi storica che nemmeno uno degli sceneggiatori de La Casa di Carta sarebbe stato capace di partorire – gioiamo del ritorno a quello che eravamo e dove, con pieno diritto e merito, dobbiamo stare. In attesa di un sogno, chiamato serie A.