Pogliese resta: “Non sono Schettino”

Il prefetto di Catania, Claudio Sammartino, ha disposto la sospensione di diritto dalla carica per diciotto mesi del sindaco del capoluogo etneo, Salvo Pogliese, in applicazione della legge Severino. Il primo cittadino è stato condannato dal Tribunale di Palermo per peculato a quattro anni e tre mesi di reclusione nell’ambito del processo per le “spese pazze”. Il primo cittadino di Catania, però, non ha alcuna voglia di dimettersi e l’ha ribadito con un messaggio su Facebook: “Per me sarebbe molto più semplice abbandonare la nave nel mare in tempesta, per dare serenità a me stesso e alla mia famiglia, ma l’interesse della mia amata Catania mi spinge a fare altro e io non sono Francesco Schettino”.

Pogliese ha elencato alcuni risultati della sua amministrazione: “Abbiamo stabilizzato 200 precari che da 30 anni aspettavano invano quel momento; abbiamo assunto, cosa mai accaduta in un comune in dissesto, 40 autisti dell’Amt; abbiamo avviato le procedure selettive per un concorso per l’assunzione di 30 agenti della polizia locale; abbiamo messo in campo un effettivo piano di risanamento finanziario e di progettualità urbanistica; abbiamo puntato su un nuovo modello di sviluppo che mirasse soprattutto sul turismo triplicando gli introiti della tassa di soggiorno; abbiamo predisposto un nuovo modello amministrativo che ci permette di rilasciare la licenza edilizia in 24 ore (primo comune in Italia); abbiamo regalato ai nostri concittadini e a tantissimi turisti grandi concerti, luminarie e mercatini artigianali senza incidere di un euro sul bilancio del comune; abbiamo affrontato l’emergenza del Covid 19 aiutando concretamente i catanesi in difficoltà”.

Per il sindaco si tratta di “un cammino virtuoso che solo degli sciagurati e degli irresponsabili possono auspicare venga traumaticamente interrotto da un lungo commissariamento, in una città ancora pesantemente segnata dall’emergenza Covid-19. Catania ci richiama alla responsabilità e per questo, anzichè fermarsi ritengo debba invece inserirsi una nuova marcia: quella della generosa passione per rilanciare lo straordinario cammino fin qui compiuto senza risparmio di energie”. Da qui un encomio alla sua giunta e un’indicazione sul proprio ruolo: “Io ci sarò come primo tifoso di questa squadra, il capitano non giocatore che ama i colori di una città struggente e splendida, preservandola dagli sciacalli che ne vogliono solo il male”.

I commenti. Musumeci: “Spero possa chiarire in fretta”

“Al sindaco di Catania Salvo Pogliese voglio far pervenire il mio personale pensiero di amicizia. Egli è una persona che si è spesa con affetto per la propria città, senza pensare un solo istante a lasciare il Parlamento Europeo per immergersi in una difficile impresa. Oggi la Città sta affrontando un percorso di risanamento, al quale il Governo della Regione non ha fatto mai mancare il proprio sostegno. Si rispetta sempre ogni sentenza, ma proprio il rispetto delle sentenze e dello Stato di diritto mi impone di augurare a Salvo, con l’amicizia di sempre, di poter il prima possibile vedere riconosciute le proprie ragioni”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, poche ore dopo la sentenza di condanna formulata dal tribunale di Palermo .

Il primo cittadino e “papabile” concorrente di Musumeci per la leadership del centrodestra alle prossime Regionali, dovrà scontare 4 anni e 3 mesi per peculato. Il primo effetto della sentenza è la sospensione dalla carica di sindaco per almeno 18 mesi, a causa delle Legge Severino. Per questo molti gruppi politici, in particolare M5s e Pd, avevano chiesto a Pogliese di farsi da parte: “Lo avevamo detto in tempi non sospetti che la scelta della candidatura di Pogliese – spiega Anthony Barbagallo, neo segretario dem – da parte del Centrodestra era una mossa scellerata, così come egoistica è stata la volontà di imporre la propria candidatura a sindaco. Oggi a Pogliese chiedo le dimissioni immediate da sindaco, un vero atto di amore e riconoscenza verso Catania che non può restare acefala e ostaggio delle sue vicissitudini personali. Catania versa in condizioni economiche e finanziarie disastrose, con mille emergenze irrisolte e necessita di una guida autorevole e sicura: non possiamo che restituire la parola ai catanesi – conclude – e scegliere subito un nuovo primo cittadino”.

Anche la deputazione regionale del M5s, ha chiesto un passo indietro del sindaco: “A coronamento di una gestione fallimentare e miope della città – spiegano i deputati, in una nota – si aggiunge questo ultimo triste tassello. Già dall’inizio del mandato, grazie al grande lavoro dei nostri consiglieri comunali, abbiamo contestato al sindaco e alla giunta la mancanza di una visione per Catania. Sonora bocciatura su rifiuti, urbanistica e partecipate, per non parlare della colpevole assenza dai dibattiti sulle sfide chiave della città. Mobilità, progetti sul waterfront, lotta agli sprechi, gestione dei servizi ai cittadini. Un’amministrazione che ha portato a termine, a stento, atti di ordinaria amministrazione e che ha puntato a galleggiare più che a governare. Perseverare in questo andazzo, per di più senza un sindaco formalmente in carica, per altri 18 mesi, significa avere a cuore le sorti non della propria città ma solo quelle della propria poltrona”.

Spese pazze all’Ars: la condanna del sindaco Pogliese

Il tribunale di Palermo ha condannato, per peculato continuato, cinque ex deputati regionali, nel processo per le cosiddette spese pazze dell’Assemblea regionale siciliana. Fra di essi Salvo Pogliese, attuale sindaco di Catania ed ex capogruppo del Pdl, condannato a 4 anni e 3 mesi. Pogliese rischia la sospensione dalla carica per effetto della legge Severino. Le redini della giunta, in quel caso, andrebbero al vicesindaco Roberto Bonaccorsi. Unico assolto Giambattista Bufardeci, ex capogruppo di Grande Sud.

Gli imputati erano accusati di aver utilizzato fondi dei gruppi parlamentari, di cui erano ai vertici, in maniera impropria. Sono stati condannati: Giulia Adamo (Misto e Udc) a 3 anni e 6 mesi, Cataldo Fiorenza (Misto) a 3 anni e 8 mesi, Rudy Maira (Pid e Udc) a 4 anni e 6 mesi, Livio Marrocco (Pdl e Futuro e Libertà) a 3 anni. Le somme contestate sono: per Adamo 11.221 euro, per Fiorenza 16.220, per Maira 82.023, per Marrocco, 3.961, per Pogliese 75.389. Ai condannati, tranne Maira, sono state concesse le attenuanti generiche. Il tribunale ha interdetto Pogliese e Maira in perpetuo dai pubblici uffici e Marrocco e Fiorenza per 2 anni e 6 mesi. I giudici hanno inoltre dichiarato l’estinzione di rapporti di lavoro o di impiego di Maira e Pogliese nei confronti di amministrazioni o enti pubblici.

Tra le spese contestate dall’accusa a Pogliese vi sono: 1.200 euro per la “sostituzione di varie serrature e varie maniglie per porte” in uno studio professionale di famiglia, 30 mila euro per soggiorni in albergo a Palermo (insieme a familiari), cene e spese di carburante, 280 euro per la retta scolastica del figlio e 30 mila ero in assegni girati sul conto personale.

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