DI VITTORIO. Apre fra poco i battenti una scuola di Teatro rivolta a giovani e meno giovani che sognano di calcare le tavole del palcoscenico. Ne parliamo con il Direttore Artistico del Must Musco Teatro di Catania che da appena un anno è ritornato alla luce dopo un oblìo ingeneroso, Giuseppe Dipasquale, e con Valeria Contadino, attrice, anime e artefici, con uno sforzo tutto privato, di questa encomiabile avventura. Dipasquale, è ancora necessaria, al tempo d’oggi, una scuola di teatro?
DIPASQUALE. Oggi è possibile intercettare la domanda di giovani e meno giovani che cercano soddisfazione formative ed emotive dentro un gioco di ‘palestra’ della comunicazione teatrale. E noi siamo pronti a darla a condizione di alcune premesse: che frequentare una scuola non significhi automaticamente puntare ad un traguardo effimero di successo televisivo, e che si sia disposti a diventare persone migliori.
DV. Una prospettiva ambiziosa?
CONTADINO. In realtà poi non è così ambiziosa. Basta fare chiarezza rispetto ad alcune cosiddette scuole di teatro private che nel recente passato offrivano come specchietto per le allodole una possibile scrittura in un programma televisivo nazionale, facendo pagare agli allievi migliaia di euro, con il solo risultato di ammassarli in uno stanzone propinando loro abborracciate nozioni di tecnica della voce.
DV. Partendo dall’universo dell’arte teatrale oggi è forse possibile indagare il percorso della comunicazione da un punto di vista diverso?
D. Quanti momenti della nostra quotidianità ci pongono di fronte ad una eterna domanda: “siamo veri”? “stiamo recitando”? In teatro questo genere di domande ha un fuoco ben preciso, un senso profondo, cui l’attore non può dare casuali risposte. Dove sta dunque il limite, fra il “recitare” e “l’essere vero”, il “fingere ” e il “sentire davvero”, nel cuore? Già Diderot nel Paradosso sull’attore, si chiedeva : l’attore può ridere o piangere a comando o deve trovare un percorso diverso, essere in grado di piangere o ridere senza imput esterni? L’attore è uno specchio di fronte al suo pubblico, come il teatro, secondo l’insegnamento di Amleto ai comici, deve esser “specchio della natura”. I meccanismi della comunicazione sociale oggi lavorano sullo stesso modello. Il Teatro ne può solo determinare – in termini di scuola – una grammatica.
DV. L’esigenza di comprendere i meccanismi della comunicazione umana, è ormai diventata una scienza che nel campo dello studio del linguaggi vanta traguardi avanzatissimi. Come può il teatro innestarsi in questo percorso?
C. La comunicazione teatrale, i meccanismi del linguaggio teatrale, dalla recitazione alla storia dello spettacolo teatrale, uniti ad una educazione alla lettura del testo teatrale potrebbero essere campi nuovi per chi volesse applicarli alla vita e al lavoro che svolge. Per dirla semplicemente “fai teatro per imparare a muoverti e comunicare con agio nella vita”. Funziona, sa. Proprio lo scorso inverno abbiamo tenuto un corso per docenti finalizzato a ciò. Noi non pretendiamo che tutti diventino attori professionisti, ma che trovino gli strumenti per comunicare meglio.
DV. Il mondo è un palcoscenico dunque, e come tale va affrontato. Cosa di meglio, dite voi, che studiarlo dall’interno di un teatro?
D. Esatto. L’uomo di oggi, a differenza del secolo scorso prima dell’avvento dei Media, è un’attore, ovvero colui che è ‘costretto’ ad essere altro da sé per sopravvivere nell’agone sociale quotidiano. L’attore dunque deve trovare un suo equilibrio di esecuzione tra un tesoro linguistico che ha a disposizione per esprimere correttamente il proprio pensiero ed un ‘atto di parole’ pretestuosamente improvvisato quella sera dinnanzi a quel pubblico. E questo non accade quotidianamente nella vita di ognuno di noi?
DV. Cosa si studierà alla scuola del Must?
C. Tra le varie materie ci saranno Recitazione, Movimento, Canto, Musica, Tecniche circensi, Personal branding e altro naturalmente come ad esempio imparare a leggere il testo teatrale e cercare di individuarne i meccanismi di comunicazione. Insomma un’ offerta di competenze specifiche che dalla grammatica teatrale conduca ad altre forme comportamentali.
DV. La scuola del Must pensate sia la migliore sul mercato siciliano?
D. Le risponderò prendendo a prestito le parole di Peter Brook, grande maestro della regia del Novecento: “Non ho mai creduto in un’unica verità, né in quella mia né in quella degli altri; sono convinto che tutte le scuole, tutte le teorie possono essere utili in un dato luogo e in una data epoca; ma ho scoperto che è possibile vivere soltanto se si ha un’ardente e assoluta identificazione con un punto di vista. Se vogliamo, infatti, che un punto di vista sia di qualche aiuto, bisogna dedicarvisi con tutte le nostre forze, difenderlo fino alla morte. Nello stesso tempo, però, una voce interiore sussurra: ‘Non prenderti troppo sul serio. Tienti forte e lasciati andare con dolcezza’”.