Era il mese di luglio del 2001 quando salivo la scala che portava al primo piano di Palazzo d’Orleans, per dare inizio, con orgoglio e trepidazione, al mio servizio alla Sicilia e ai siciliani come Presidente della Regione. Sono passati vent’anni eppure quel tempo sembra assai più distante. Non solo per il sottoscritto, profondamente segnato dall’itinerario di dolore e riflessione indotto dalla vicenda personale a tutti nota, ma penso per tanti, soprattutto per quelli che ancora credono che la politica non debba e non possa rinunciare alla sua dimensione ideale, quella per cui io e tanti altri l’abbiamo amata e praticata. Di sicuro meriterebbe di essere giudicato infruttuosamente nostalgico, oltre che velleitario, il mio desiderio di “continuare o ricominciare a fare politica” ove immaginato come il tentativo di riportare indietro l’orologio della storia.
Dall’esperienza cristiana impariamo che la concezione ciclica del tempo non esiste. Esiste sempre, invece, la possibilità di guardare al rapporto con la storia e col presente come occasione di percorrere una strada tendendo alla sua meta.
Strada ed obiettivi, in funzione di una tensione ideale, credo siano i fattori da porre, in genere, a guida dell’agire umano e certamente sono quelli che hanno guidato me, pur tra le tante contraddizioni e gli errori commessi, negli anni in cui ho imparato a fare politica dai democristiani di un tempo, così come in quelli in cui ho tentato di mettere a frutto quell’esperienza nel mio impegno parlamentare e di governo.
Ero un giovane Democristiano quando Calogero Pumilia era già un impegnato e colto deputato da qualche legislatura, mentre la Democrazia Cristiana stava entrando nella stagione della sua diaspora.
Fu proprio allora che in alcuni scegliemmo di guardare al rapporto col Centro-destra come possibilità di proseguire la nostro esperienza senza dovere rinunciare al nostro patrimonio ideale mentre altri, tra cui lo stesso Pumilia, spinti dalla medesima prospettiva credettero legittimamente di potere ritrovare nel rapporto col Centro-Sinistra analoga possibilità. In schieramenti diversi ma tutti sinceramente protesi, da cattolici, in un percorso di servizio al bene comune. Ora è proprio questa prospettiva a guidare il mio impegno odierno: muovere dalla medesima passione aggiungendovi il bagaglio dell’esperienza maturata in questi ultimi anni e, tuttavia, ben saldo nella consapevolezza di operare in un contesto carico di sfide nuove e per certi versi impensabili rispetto al passato.
Basti solo pensare alla pandemia o alla guerra di aggressione della Russia all’Ucraina così come alla ricerca di una prospettiva di pace, per come ce la sta concretamente mostrando Papa Francesco, a partire dalla sua personale commozione di qualche giorno fa in piazza di Spagna. Questa è per me esperienza di vita, ed anche se a qualcuno può sembrare “forte ed ingenuo il miraggio del ritorno della DC” noi non pensiamo a voler tornare “a dare le carte e a ben utilizzare il potere”. Crediamo più semplicemente che sia possibile riportare in politica ideali e valori, sevizio alla società, rispetto delle Istituzioni e per i bisogni attuali della gente.
In un tempo così diverso e mutevole, nel quale è già faticoso fare memoria, in un contesto che preferisce vivere nell’attualità e rifuggire da ogni prospettiva di medio e lungo tempo, la Democrazia Cristiana nuova guarda proprio alle generazioni più giovani e alle donne col desiderio e l’impegno di occuparsi del domani a partire dalle povertà vecchie e nuove e dalle tante fasce di marginalità che segnano oggi il nostro tessuto sociale ed economico.
Tutto ciò partendo da una prospettiva chiara: la riconosciuta centralità e unicità della persona e della sua dimensione eminentemente sociale. Caratteristiche che, a mio avviso, ogni azione politica è chiamata a servire e riconoscere come argine insormontabile da parte di qualsiasi potere. Nel linguaggio sintetico della Dottrina sociale della Chiesa si potrebbe dire così: principio di solidarietà e principio di sussidiarietà. È questa la scommessa entusiasmante nella quale sto scoprendo tanti compagni di strada: non rinunciare al gusto e alla forza di una prospettiva ideale che osserviamo ogni giorno mobilitare l’interesse dei più giovani, ma non solo.
La nascente esperienza della Democrazia Cristiana nuova testimonia, col suo incoraggiante risultato elettorale, che nel Paese esiste forse lo spazio da percorrere nella cornice che ho appena tracciato.
Offro solo una possibile esemplificazione ponendola in forma di domanda: cos’è oggi il bene comune? Possono i politici di oggi non interrogarsi nel loro agire quotidiano su quale sia la via praticabile per una prospettiva di bene comune ossia quello della persona, considerata nella sua intangibile dimensione originaria, così come dell’intera realtà sociale?
I giovani e le donne che ho incontrato e che si sono messi insieme vogliono perseguire questa meta attraverso la strada di oggi, che non è quella contorta e poco trasparente degli anni scorsi, ma quella che i valori cristiani e democratici sanno ancora indicare.
Sanno che la strada è più ripida di quella che le generazioni precedenti hanno percorso e che attuali fatti di cronaca, che vengono nientemeno che dall’ambito europeo, purtroppo continuano a ricordarci.
La Democrazia Cristiana che vogliamo intende coltivare il suo campo, un campo aperto a quanti si riconoscono in ciò che in esso si coltiva, e non essere “utile controcanto alla Destra”.
I democristiani sanno di avere pagato un prezzo altissimo per i propri errori e per questo sanno di non dover rinunciare oggi alle proprie ragioni più genuine, prima fra tutte quella di fare del contrasto alla mafia ed al suo irricevibile tentativo di condizionare la libertà della persona e dell’impresa contenuto dell’agire quotidiano nelle istituzioni oltre che principio fondante di una cultura politica pienamente memore dell’attualità di ciò che Don Sturzo insegnava con parole di fuoco già agli inizi del ‘900.
Abbiamo bisogno di riappropriarci della nostra storia in funzione proattiva per costruire il futuro ed abbiamo bisogno dei volti e del contributo di chi come Pumilia, Mannino, Pomicino, Follini… ed altri a questa storia ha legato e forse, ancor oggi, lega la propria passione.