Il salasso dei depuratori siciliani

Il 17% dei depuratori siciliani sono malfunzionanti. La politica non sfrutta i fondi. E l'Unione Europea ci multa

Poteva forse mancare la Sicilia nella storia della mega multa inflitta dalla Corte di Giustizia UE all’Italia per la nostra palese incapacità di depurare le acque reflue? Ovviamente la risposta è no. Circa la metà dei 74 agglomerati urbani fuori legge (comunque in diminuzione rispetto ai 109 di sei anni fa, data della prima sentenza) sono siciliani. L’Italia sarà costretta a sborsare 25 milioni di sanzione, più 30 per ogni semestre di ritardo nella messa a norma di reti fognarie e depuratori. Il nostro Paese avrebbe dovuto mettersi in regola, secondo le direttive europee, entro il febbraio 2016. L’ha fatto in minima parte e queste sono le conseguenze: un vero e proprio salasso.

A pagare, ovviamente, sarà anche (e soprattutto) la Sicilia. Nella bella terra di Trinacria, secondo le ultime stime, il 17% degli impianti di depurazione delle acque reflue (ne esistono, secondo i dati diffusi da Arpa, ben 438) non funziona.  Dei 124 interventi programmati a livello nazionale nei 74 agglomerati fuori legge, 89 sono previsti in 48 città siciliane (7 sono in corso, 79 da avviare e 3 sono terminati).

Già quattro anni fa – come ha ricordato Nuccio Di Paola (M5S), componente della commissione Ambiente all’Ars – “fu individuato un commissario straordinario per la depurazione delle acque”. Lo scorso anno provò a intervenire anche il governo Gentiloni con un commissario unico nazionale, Enrico Rolle. Il risultato è quello che vediamo. Lo stesso Di Paola si è immediatamente attivato per chiedere un’audizione in quarta commissione, a cui saranno invitati a partecipare, fra gli altri, il governatore Musumeci e lo stesso Rolle per verificare lo stato di avanzamento dei lavori.

“Per colpa della mala gestio della depurazione dei reflui, ora molti comuni rischiano il default” fa notare un altro grillino, l’europarlamentare Ignazio Corrao. “La cosa più grave – aggiunge – è che gli enti gestori del servizio idrico, hanno spesso fatto pagare canoni per la depurazione in bolletta, anche ai residenti di quei quartieri o città, dove gli impianti non funzionano, o sono addirittura inesistenti”. Nonostante i cittadini continuino a sborsare fior di quattrini, i depuratori funzionano male o non funzionano affatto. E, come se non fosse mai abbastanza per le loro tasche e la loro pazienza, si ritroveranno a pagare il “multone” nonostante coi propri dindini abbiano già corrisposto il costo di un servizio. Una beffa bella e buona. Su alcuni depuratori inquinanti, come quelli di Lampedusa e Siracusa, sono intervenute di recente anche le Procure. Quest’ultima multa, sebbene annunciata, amplifica il paradosso. E la vergogna.

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