Al di là merito della questione prestito/si-prestito/no, delle polemiche virulente, delle sceneggiate al “Maniace” e delle ginkane del Merisi impacchettato fra i dehors di Ortigia, al di là del colore, del folklore, del clamore, sul Caravaggio, ormai “emigrato”, si son andati aggrumando dubbi, reticenze, ambiguità, elementi non spiegati.
Come è possibile, intanto, che questa storia del prestito/valorizzazione iniziata nell’autunno del 2019 sia diventata di dominio pubblico solo a giugno del 2020, per una “voce dal sen fuggita” a Sgarbi in una intervista?
Come è possibile nella richiesta di parere alla Curia da parte della Soprintendenza (del 27 febbraio) si ventilassero esigenze di restauro che poi si sono rivelate infondate e che avevano indotto la Chiesa siracusana a un primo parere positivo?
Come è possibile che l’urgenza di un restauro sbandierata da tempo, con tanto di evocazioni di inquietanti macchie e indubitabili pessime condizioni climatiche, sia diventata poi pinzellacchera nel momento in cui le precarie condizioni del dipinto sono state addotte come ragione per non spostarlo?
Come è possibile che la successiva rettifica della Curia del 20 giugno, a firma del vicario generale Mons. Sebastiano Amenta, in cui si chiede esplicitamente di “evitare l’allontanamento dell’opera dalla città se non più giustificato da importanti esigenze di restauro”, sia stata ignorata? Il FEC non è un privato che del suo fa quel che vuole, è un Fondo dello Stato, cioè di tutti i cittadini, siracusani compresi, gestito dal Governo, che deve rispettare regole e, forse anche, il sentire delle comunità. Ma, sorvolando sul “sentiment” popolare, come è possibile che per un bene “devozionale”, oggetto del culto dei Siracusani assieme all’argeneto simulacro della Patrona, che come tale indicato chiaramente nella lettera di Mons. Amenta, indirizzata al FEC e al Prefetto di Siracusa, sia stato autorizzato il trasferimento?
Come è possibile che il “via libera” definitivo all’operazione sia stato dato pochi giorni fa in una riunione in Prefettura in cui tutti i rappresentanti istituzionali e religiosi del territorio (cioè Comune e Curia che è anche custode del dipinto) si sono dichiarati apertamente contrari?
Com’è possibile?
Come cantava il divino Demetrio Stratos, “gli dei” – Caravaggio e i suoi potenti ammiratori forestieri – “se ne vanno, gli arrabbiati restano”. Restano con i loro dubbi, con la spiacevole sensazione che, comunque la pensassero sul prestito (e io ero fra quelli non pregiudizialmente contrario) si sono sentiti alla fine presi in giro, presi per stupidi da un club di furbacchioni ammanicatissimi, presi per paria, senza volontà, diritti, dignità.
(dal blog Strummerleaks, di Toi Bianca)