Per effetto di un emendamento proposto dalla deputata di Forza Italia, l’on. Stefania Prestigiacomo, al decreto “Ristori-bis”, non esisteranno più le Camere di Commercio così come le avevamo conosciute negli ultimi anni. E in attesa che la Regione ne disegni la mappa definitiva, il ministro Giorgetti ha provveduto alla nomina di due commissari che si occuperanno di traghettarle verso il futuro: Pucci Giuffrida, commercialista e imprenditore nel settore vitivinicolo, assume la guida della nuova Camera di Commercio di Catania; Massimo Conigliaro, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Siracusa, si occuperà invece del “mostro” a cinque teste che riunisce, da oriente a occidente, le province di Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Agrigento e Trapani. Siracusa e Trapani, capite? Ci vogliono cinque ore di macchina, e svariati cambi col treno, per congiungere le due città. Ma, evidentemente, le esigenze delle imprese dei due territori possono viaggiare assieme (d’altronde la Sicilia non può avere più di quattro CamCom, e già esistono quella di Messina e di Palermo-Enna).
E’ questa una delle note più ‘stonate’, ma assolutamente calcolate, dal provvedimento voluto dalla Prestigiacomo – appoggiato trasversalmente da vari partiti, dalla Lega al Pd – che, inoltre, smonta “tutti gli organi che gestivano le Camere di Commercio commissariate”, compresi i collegi dei Revisori dei Conti. Tabula rasa. Per capire nessi e connessi di questa operazione bisogna percorrere a ritroso gli ultimi due anni, le feroci incomprensioni tra politica e vertici camerali, la sottomissione di alcuni territori a favore di altri (cosa che lamentano soprattutto nell’area aretusea), ma soprattutto la cessione ai privati dell’aeroporto Fontanarossa di Catania, in cui fa testo il ruolo della Sac, la società di gestione. Nessuno in questi giorni si è chiesto – e nessuno ha provveduto a spiegarlo – a cosa servano le Camere di Commercio in Sicilia. Fondamentalmente, a un paio di cose: incassare i diritti camerali dalle imprese (in cambio di alcuni servizi ‘corporativi’, in gergo ‘funzioni di regolazione del mercato’); e a pagare le pensioni agli ex dipendenti, che ha portato la Camere medesime a un passo dal default. Tra parentesi, anche i diritti camerali negli anni sono stati abbattuti del 50%.
Ma in questa fase è poco importante. Il cuore della battaglia politica è rappresentato dall’ex Camera di Commercio del Sud-Est, che riuniva sotto lo stesso tetto Catania, Ragusa e Siracusa. Sotto il controllo di Piero Agen, che il giornale d’inchiesta SudPress definisce un “massone in sonno già impiegato della ConfCommercio di Imperia e diventato inspiegabilmente imperatore alle falde dell’Etna”. Lamentandone relazioni e intrecci d’affari. Agen, però, non è esattamente un neofita della provincia etnea, né lo era al momento dell’elezione (settembre 2017), essendo stato assessore comunale ai tempi del sindaco Scapagnini, già medico personale di Silvio Berlusconi, e presidente della Camera di Commercio di Catania dal 2007 al 2012, ben prima della reunion.
I trascorsi del manager, però, c’entrano poco con questa storia. C’entra, forse, il suo sostegno alla vendita dell’aeroporto Bellini: l’ex CamCom del Sud-Est vantava all’interno del pacchetto azionario di Sac una quota più che rilevante, il 61,22%, che adesso verrà spacchettata. Alla Camera di Commercio di Catania resterà il 36,74, mentre Ragusa e Siracusa “trascineranno” le rispettive quote (per un 24,48 cumulativo) nella nuova Camera di Commercio ‘a cinque’. Le sorti dello scalo, quindi, prendono strade diverse. Non dipenderanno da un solo signore, ma dagli umori dei commissari e della politica che ha provveduto a ‘indicarli’. E qui non parliamo di Giorgetti, che ne ha ratificato la funzione, bensì dei referenti locali dei partiti: il commissario Giuffrida sarebbe gradito anche a Musumeci.
Sulla cessione di Fontanarossa ai privati, poco tempo fa, la Prestigiacomo, parlando di “operazione scellerata”, era stata abbastanza critica. Ma l’ex Ministro del governo Berlusconi aveva denunciato pure il “disegno di fagocitazione” ai danni di Ragusa e Siracusa. Un tentativo ribadito anche oggi, nel salutare la nuova operazione che l’ha annacquato: “Con questo atto, che dà esecuzione ad una scelta del Parlamento, è stata riconosciuta la specificità e la diversità delle esigenze della Sicilia sud-orientale che per storia, economia, vocazione sono diverse da quelle, certamente importanti ma diverse, dell’area etnea – ha detto la Prestigiacomo -. Ringrazio il ministro Giorgetti per l’attenzione dedicata ai nostri territori di cui ha compreso le ragioni dopo anni di totale chiusura. Si apre adesso una pagina nuova per le rappresentanze delle imprese e di tutto il mondo produttivo e del commercio della Sicilia sud-orientale alle prese con la difficile fase economica che stiamo attraversando e che ha quindi di una gestione dedicata e concentrata su ciò di cui i territori hanno bisogno per ripartire e riprendere un percorso di crescita socio-economica”.
Tornando all’aeroporto, la partita si complica. A dare le carte sarà anche la Regione, che ha una quota in Sac per il tramite dell’Irsap, del Libero Consorzio di Siracusa (commissariato) e della Città Metropolitana di Catania (tutte e tre con il 12,24%). Musumeci, contrariamente all’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone (per citare uno dei più ‘critici’), si era detto favorevole alla cessione, anche se l’entusiasmo s’è raffreddato negli ultimi mesi a causa della pandemia. E alla necessità di porre dei vincoli (o, comunque, esercitare un controllo sul lavoro dell’advisor individuato per la privatizzazione). In ogni caso, ci si chiede: quanto è conveniente vendere adesso, col traffico passeggeri dimezzato rispetto al periodo pre-Covid? Non rischia di diventare una svendita? Quale motivo si nasconde sotto questa operazione “frettolosa”, se non quello di risanare i conti in perdita della vecchia Camera di Commercio? Il grosso cambiamento paventato da Roma costringerà tutti a una brusca frenata. Ma non potrà pregiudicare più di tanto la voglia di futuro.
A dirla tutta, la strada sembra segnata. Persino a Palermo, ad esempio, la cessione dell’aeroporto Falcone-Borsellino resta all’orizzonte – ed è stato inserita nel piano di riequilibrio economico-finanziario di Orlando – per sanare i conti (ormai sballati) del Comune. La strada della privatizzazione è sempre più battuta, e gli aeroporti siciliani costituiscono un asset economico prorompente. Detto questo, è difficilissimo cogliere il legame fra mero calcolo politico, privatizzazione di un bene pubblico e interessi delle singole imprese. Il fil rouge è talmente sottile che rischia di spezzarsi. Ma c’è, esiste. E la vicenda delle Camere di Commercio è lì a ribadirlo.
A proposito: la Regione, sapendo di non poter contare sull’istituzione di una quinta camera (vietata dal regolamento) si è limitata a esprimere contrarietà per l’operazione, segnalando “un’anomalia geografica” di non poco conto. Agen, che ha parlato di “follia”, è pronto a presentare ricorso in tutte le sedi, a partire dal Tar. La Prestigiacomo guarda alle prossime mosse (“Avremo modo di valutare se questo assetto sarà soddisfacente o se saranno necessari ulteriori interventi”). La Sac, che nel frattempo, grazie a una fusione con Soaco, ha messo le mani anche su Comiso, in primavera dovrà scegliersi i nuovi vertici. Una telenovela in piena regola. In cui la politica non ha mai fatto, e tanto meno lo farà adesso, da spettatore.