Il restyling della burocrazia regionale – tradotto: nuove assunzioni e riqualificazione del personale esistente – in questi giorni ha scalato l’elenco delle priorità del governo Musumeci. La ferita dei 31 progetti dei Consorzi di Bonifica bocciati dal Ministero delle Politiche agricole, ci ha fatto perdere 400 milioni di finanziamenti nell’ambito del Pnrr. E grida vendetta. Nonostante il tentativo dell’assessore Armao, che sta provando a consolidare le migliori competenze creando delle cabine di regia a sua immagine e somiglianza (nel senso che ci sono dentro tutti i “suoi” uomini), non saranno questi esperimenti a tirare la Sicilia fuori dal guado. Serve di più e di meglio.
All’indomani della bufera piovuta sui tecnici dell’Agricoltura, s’è resa necessaria una conta interna. Per capire quanti sono i dipendenti regionali e, soprattutto, cosa sono in grado di fare. Poco. Anche il presidente della Regione, nel caso di specie, sembra aver cambiato atteggiamento. Dopo averli strizzati per bene negli anni scorsi, definendoli “grattapancisti”, i rapporti con l’Amministrazione si sono stemperati. E nel corso dell’appuntamento di sabato scorso a ‘Le Ciminiere’ di Catania, dov’erano presenti parecchi capi dipartimento, c’è stato modo di ribadirlo. Musumeci s’è accorto che al di là dei dipendenti poco motivati, c’è una reale esigenza di mettere a punto il ricambio generazionale. Per questo, entro l’anno, partiranno i primi concorsi per: 300 tecnici da assumere a tempo determinato (per tre anni) con la funzione di monitorare l’evoluzione del Recovery e drenare risorse utili anche ai Comuni; 83 super esperti nella riprogrammazione dei fondi comunitari; e 1.135 lavoratori da inserire nei Centri per l’impiego.
Non basteranno, ovviamente, a sanare le crepe della burocrazia: al momento, alla Regione, sono bloccate oltre 1.200 pratiche. E’ un dato che la dice lunga. Nei giorni scorsi Musumeci ha compiuto i primi passi, molto cauti, incontrando a Roma il Ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, al quale ha rappresentato “le esigenze della Regione, in relazione soprattutto alle procedure per i concorsi, in particolare per reclutare funzionari per il comparto tecnico e finanziario, e sulla necessità di unire le forze per favorire l’occupazione e superare il precariato”. Il ministro e il presidente hanno concordato sull’esigenza di istituire un gruppo di lavoro che dovrebbe essere già insediato, se i tempi annunciati da palazzo d’Orleans fossero veritieri.
Ma al netto delle nuove assunzioni, è d’obbligo ripensare alla riqualificazione del personale esistente. L’ha segnalato la Cisal in un convegno di qualche giorno fa: “Anzitutto chiediamo una reale valorizzazione del personale interno che ha competenze e capacità ad oggi non adeguatamente riconosciute. Il fabbisogno del personale – hanno detto fonti del sindacato – va commisurato alle reali esigenze della Pubblica amministrazione. Già oggi la Sicilia ha quasi un quarto degli addetti ai Centri per l’impiego di tutta Italia, non ha senso assumerne altri quando ci sono profili che a breve saranno del tutto scoperti”. Via libera, invece, all’assunzione di ispettori del lavoro, ingegneri, avvocati, esperti in programmazione dei fondi Ue, dirigenti altamente specializzati, periti, restauratori, tecnici della motorizzazione, tecnici per i Geni Civili, addetti alla tutela e alla vigilanza dei Beni culturali. “Sebbene il Pnrr preveda l’assunzione di tecnici solo per qualche anno, la Sicilia deve invece puntare su assunzioni a tempo indeterminato o i concorsi rischiano di rivelarsi un flop”.
Questo assunto, in linea di massima, è frenato dall’accordo Stato-Regione del 14 gennaio, che, in cambio della spalmatura in dieci anni del corposo disavanzo, conferma i divieti assunzionali. La Sicilia riuscirà, probabilmente, a bandire delle procedure “in deroga”, nell’attesa (e nella speranza) che Brunetta si passi una mano sulla coscienza per modificare l’accordo e superare il blocco. Come emerge dall’ultimo piano della performance, i dipendenti regionali sono 11.861, di cui appena un centinaio hanno meno di 40 anni. Il 67% del personale di colloca fra i 51 e i 60 anni (ben 7.890 lavoratori), mentre il 24% flirta coi 70. Qui stiamo parlando del comparto non dirigenziale, cioè il braccio operativo della burocrazia. Che fra l’altro, negli ultimi giorni, è tornato a lagnarsi con Musumeci sulla progressione economica orizzontale (la cosiddetta P.E.O.) e perché “ci sono ingiustizie profonde che vanno sanate e cattive abitudini che vanno eliminate, come far svolgere mansioni superiori a chi viene pagato poco più di mille euro al mese”. Lo ha detto il segretario regionale di Confintesa, Antonio Russo, chiedendo una scossa: “Bisogna incentivare le persone ad andare avanti e a trovare motivazione nel loro lavoro”.
Concorda il presidente regionale della federazione Siad-Csa-Cisal, Angelo Lo Curto: “La riforma dell’Amministrazione regionale prevista dalla legge 10 del 2000 si è rivelata un flop. I procedimenti amministrativi si sono complicati, non è stato completato il decentramento delle competenze agli Enti locali e il personale è demotivato: le ultime progressioni di carriera risalgono a oltre 30 anni fa, l’età media ha superato i 50 anni, molti svolgono mansioni superiori non riconosciute per coprire i buchi e i pensionamenti rendono la situazione ingestibile”. Più personale demotivato, meno grattapancisti: l’equazione è facile, ma nessuno s’è mai sognato di risolverla. Anche se il volenteroso assessore alla Funzione pubblica, Marco Zambuto, ci sta provando.
L’ultimo risultato, ancorché parziale, va menzionato. Riguarda il rinnovo del contratto collettivo dei dipendenti regionali, che nell’ultima Legge Finanziaria aveva trovato copertura per 52 milioni di euro. La proposta inoltrata dalla giunta all’Aran Sicilia – che si occupa di contrattazione collettiva – ha un obiettivo di incremento del 3,78% (corrisponde a un aumento di stipendio fra 90 e 140 euro): “Nella direttiva che abbiamo dato all’Aran abbiamo sottolineato che le priorità per il governo regionale sono rappresentate dalla riclassificazione del personale, dal rafforzamento delle posizioni organizzative, dalla semplificazione della progressione economica, dalla revisione delle indennità – ha detto Zambuto –. Ma anche dal miglioramento del livello di efficacia ed efficienza dei servizi attraverso pure una diversa organizzazione del “lavoro agile”. Abbiamo ritenuto, inoltre, che sia necessario incrementerà la formazione del personale per promuoverne la riqualificazione verso nuove competenze, come quelle richieste dalla transizione al digitale”. Parole di prospettiva, che attendono una controprova “pratica”: non solo dal governo centrale, che ha imposto un tetto economico alla spesa improduttiva; ma anche dalla Corte dei Conti, che qualche mese fa aveva bocciato un altro rinnovo contrattuale – in quel caso dei dirigenti – per l’incertezza del quadro finanziario regionale. Che ora è più incerto che mai.
Non per questo può venir meno l’attenzione per i “soldati” della Pubblica amministrazione. Soprattutto di fronte a un impegno gravoso qual è il Pnrr: in Sicilia, nei prossimi sei anni, arriveranno 20 miliardi. Ma soltanto se la burocrazia sarà in grado di progettare e intercettare questa magnifica opportunità. Uno scatto in avanti serve ora. Anche se fra le maggiori incompiute del governo Musumeci, rispetto alle promesse dell’ultima campagna elettorale, è proprio la riforma del settore. All’Ars giace da tempo la proposta di un deputato del Pd, Nello Dipasquale.
Ma anche la Cisal, nell’ultimo convegno, ha fornito su un vassoio d’argento un pacchetto di proposte che, partendo dal superamento dei vincoli imposti dall’Accordo sul disavanzo, comprenda il rinnovo del contratto 2019/2021, la riclassificazione, la revisione delle progressioni orizzontali, la rimodulazione delle strutture operative, la valorizzazione del merito e del personale in servizio, l’eliminazione della terza fascia dirigenziale (ahi ahi!), la ridefinizione del salario accessorio, la regolamentazione del lavoro agile. “Una Pubblica amministrazione moderna ed efficiente è fondamentale per realizzare riforme, investimenti e per far ripartire la ripresa economica – ha detto Angelo Badagliacca, del Siad-Csa-Cisal –. Invece in Sicilia facciamo i conti con i vincoli imposti dagli accordi sul disavanzo che impediscono di cambiare il volto della macchina regionale. Una contraddizione che rischia di vanificare ogni speranza di spendere bene i fondi europei”. Quello che è considerato l’ultimo treno per l’Isola. E il primo di tanti guai.