Si è aperto un nuovo squarcio nel bilancio della Regione. Come se non bastasse il buco da 400 milioni portato a galla dall’operazione-verità condotta in estate dagli uffici del Dipartimento all’Economia (che ha portato al blocco delle leggi di spesa inserite nel “collegato”), o l’enorme mole di debiti fuori bilancio (per 630 milioni) riconosciuti dalla seconda commissione al termine di una lunga attività di “indagine”, qualche giorno fa il Cga, il tribunale amministrativo di secondo grado, ha condannato la Regione a risarcire una ditta privata per 12 milioni di euro. E’ stato accolto infatti “il ricorso in appello presentato dal gruppo Cimolai-Metalmeccanica Agrigentina e dichiarate illegittime le revoche delle aggiudicazione dei lavori di ristrutturazione dei bacini galleggianti di carenaggio (19.000 e 52.000 tonnellate) che si trovano nello specchio di mare del Porto di Palermo”.
La vicenda risale ad alcuni anni fa, durante il governo Crocetta. L’Ati Cimolai-Meccanica Agrigentina, dopo una interminabile guerra di carte bollate contro Fincantieri ed Ergo Meccanica, aveva avuto aggiudicate le due gare per la ristrutturazione dei due bacini galleggianti – che consentono la riparazione di alcune parti delle navi sotto la superficie dell’acqua – di proprietà della Regione: 19 mila tonnellate (importo a base d’asta circa dieci milioni) e 52 mila tonnellate (importo a base d’asta per 33 milioni), ormai in disuso e senza certificati per la navigazione. Nel 2015, però, ecco l’intoppo: la Regione, dopo aver dichiarato il “mutamento della originaria situazione di fatto e il sopravvenuto motivo di pubblico interesse”, decise di revocare le aggiudicazioni e puntare sulla costruzione di un nuovo bacino galleggiante di 80 mila tonnellate, finora mai realizzato. La decisione di palazzo d’Orleans è stata contestata da Cimolai e Metalmeccanica Agrigentina che si sono rivolti prima al Tar e poi, in appello, al Cga che ha infine ritenuto illegittimi gli atti di revoca e ha condannato l’Ente al pagamento dei danni e delle spese processuali, e a risarcire l’impresa per il mancato utile.
Un bagno di sangue di cui, probabilmente, sono responsabili i super burocrati che da anni, seppur in sotto numero, guidano le operazioni della Regione. Ma anche i politici che li controllano. Tanto che la commissione Bilancio dell’Ars, al fine di accertare eventuali responsabilità soggettive, ha in programma nei prossimi giorni di ascoltare l’assessore alle Attività Produttive Mimmo Turano, dopo aver audito quello all’Economia, Gaetano Armao, e il Rup del servizio di manutenzione dei bacini di carenaggio di Trapani e Palermo. Non è certo per un ulteriore ammanco da dodici milioni che la Regione chiuderà il 2019 senza una Legge di Bilancio e sarà costretta a ricorrere all’esercizio provvisorio. A palazzo d’Orleans c’è grande attesa per il giudizio di parifica della Corte dei Conti, che arriverà il 13 dicembre. I giudici contabili, in un parere trasmesso alla commissione paritetica Stato-Regione, hanno già spiegato che è “inopportuno” spalmare la restante quota di disavanzo in dieci anni, come richiesto da Armao.
Ma al di là di come andrà con la Corte, bisogna ricucire le maglie perché diventate troppo larghe. Tra i debiti fuori bilancio della Regione accertati negli ultimi tempi, ce n’è uno da quasi 20 milioni (sentenza del Tar passata in giudicato) nei confronti dell’Esa, l’ente di sviluppo agricolo, per l’acquisto di cinque immobili mai pagati nel 2007; altri 82 milioni finiranno nelle casse dell’Inps come sussidi per i lavoratori socialmente utili fra il 1996 e il 1999; mentre al Comune di Catania sono finiti poco meno di 5 milioni per il trasporto pubblico locale. Sono soltanto alcune voci, ma insieme fanno più di 100 milioni di euro. E la commissione Bilancio guidata da Riccardo Savona, negli ultimi giorni, ha individuato un passivo di sei volte tanto, riferito alle ultime due legislature.
Per ovviare alle falle del sistema, il presidente Musumeci ha nominato un esperto in conti pubblici: si tratta dell’ex assessore di Caltagirone Massimo Giaconia, che “assisterà” Armao in questo lungo percorso di reset finanziario, dato che i risultati ottenuti fin qui – nonostante le belle parole di Moody’s e la relazione entusiastica dell’assessore in cui si accenna al ridimensionato del debito (-10%) o alla politica dei derivati – non sono sempre lusinghieri. I debiti fuori bilancio, quelli fin qui accertati, rappresentano un macigno sui conti della Regione, come evidenziato a più riprese dal Movimento 5 Stelle: “Questa sentenza del Cga – spiegava l’onorevole Sunseri – certifica l’ennesimo debito fuori bilancio della Regione Siciliana, che con una leggerezza incredibile, perde un contenzioso milionario che di fatto pagheranno i cittadini. Si tratta in sostanza di uno sperpero di denaro pubblico che poteva essere tranquillamente evitato se politica e amministrazioni regionali si fossero comportati in maniera diligente. Ovviamente pretendiamo di conoscere i responsabili dei procedimenti”.
Ma intercettare i responsabili di procedimenti amministrativi declinati in disastri, a Palermo, è un’operazione molto ardua. Tutti i dirigenti della Regione, che ricoprono incarichi apicali, sono stati valutati di recente col massimo dei voti. Hanno superato il test dell’efficienza otto dirigenti di seconda fascia su otto. E tra gli 888 dirigenti di “terza fascia” (su 1.198) valutati al 21 agosto, nessuno prende meno di 70/centesimi, solo un paio si attesta tra il 71 e il 76, nove si meritano pagelle da 8, e 38 hanno voti tra l’8 e il 9. Tutti gli altri son dei geni: in 839 (ovvero il 94,54 per cento) si guadagna una valutazione che oscilla tra il 9,1 e il 10. Anche se in più di un’occasione, persino dal presidente Musumeci, sono arrivate epocali tirate d’orecchie: “Una certa pubblica amministrazione è colpevole tanto quanto le organizzazioni criminali ed è da cacciare a calci nel sedere il burocrate che fa ostruzionismo” diceva il governatore a settembre 2018, a meno di un anno dall’insediamento. Mentre nello scorso aprile rincarava la dose: “Da questo momento la ricreazione è finita. Non ci sono né più protetti né protettori” annunciava dopo l’approvazione di un disegno di legge sulla semplificazione di alcune procedure burocratiche. Poi, però, al momento di tirare le somme, tutti risultano eccellentissimi e reverendissimi (“E’ il sistema di valutazione che non funziona” si è giustificata l’assessore Grasso).
E’ ovvio che Musumeci e i suoi assessori non possono rispondere dell’operato dei burocrati di cinque anni fa – come nel caso della sentenza del Cga sui lavori di carenaggio al Porto di Palermo – ma è altrettanto naturale che alla politica spetta un ruolo d’indirizzo chiave. Che va esercitato per evitare casi simili. O il Bilancio della Regione, di per sé asfittico, diventerà una gustosa carcassa d’animale per branchi di predatori voraci.