Benzina e Migranti. I due cavalli di battaglia sono diventati due boomerang. E Matteo Salvini – scientemente – evita di parlarne. A evidenziare il flop sui carburanti è Huffington Post, comparando le dichiarazioni del leghista dello scorso febbraio (“Mai più la benzina a due euro”), e il risultato di adesso: sulla A8 Varese-Milano, gli automobilisti fanno il pieno a 2,722 euro il litro. All’epoca il ministro prometteva che – non sarebbe successo, ma se fosse successo – il governo avrebbe tagliato le accise. E, invece, ora che è successo, alla sforbiciata non ci pensa nessuno e anzi al ministero dello Sviluppo negano che i prezzi siano fuori controllo. “Facciamo meglio di altri Paesi europei”, dicono dal ministero di Adolfo Urso.
Il quotidiano di Mattia Feltri ricorda le parole di Salvini a febbraio, dopo aver incontrato i benzinai: “L’accordo è che se si arrivasse sopra i 2 euro, il governo interverrà, com’è stato già fatto l’anno scorso. Adesso però siamo a 1,8 euro, e conto che il 2 davanti non lo si vedrà più”. A luglio, Salvini col collega Urso siglava il decreto trasparenza sui carburanti, quello dei cartelli dal distributore. Ma nei quindici giorni dall’entrata in vigore della misura, i prezzi sono lievitati. Una tassa occulta da più di 2 miliardi di euro che pagano tutti gli italiani: quelli che si sono spostati per le vacanze. Ma anche quelli che sono rimasti a casa e la macchina la usano per andare al lavoro. E in mancanza di una misura immediata – un decreto agostano alquanto improbabile e che il governo allo stato esclude – la frittata è fatta. Il caro carburanti non doveva esserci. Ma c’è stato.
Come sanno gli automobilisti i 2 euro alla colonnina ci sono eccome. La norma che impone di esibire il cartello col prezzo medio accanto a quello praticato dal distributore non ha funzionato. Nei primi 15 giorni di adozione della misura i carburanti hanno continuato a salire. Qualche dato: al primo agosto la Provincia autonoma di Bolzano faceva registrare 1.945 (la Puglia 1.943), nelle Marche 1.892. Oggi sono rispettivamente a 1.978, 1.971 e 1.925. Questo sui territori. Il prezzo medio della rete autostradale passa da 1,984 a 2,019. Inoltre si deve tener conto che si tratta di medie calcolate prevalentemente sul servizio self, e non sul ‘servito’.
E poi, al netto della benzina, c’è un altro flop documentato dai numeri: quello che riguarda i migranti. A ripercorrere la questione su ‘Il Foglio’ è Luca Gambardella: “Secondo i dati diffusi ieri dal ministero dell’Interno, nei primi otto mesi del 2023, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sono sbarcati 101.386 migranti sulle coste italiane, in crescita del 107 per cento. Nonostante i numeri allarmanti, nelle vesti di ministro delle Infrastrutture Salvini si è ritrovato a parlare di sbarchi solamente fra le mura dell’Ucciardone. Ma lì, nell’aula bunker del carcere di Palermo, il segretario della Lega è costretto nella scomoda posizione di imputato, con l’accusa di omissione di atti d’ufficio e sequestro di persona, per aver negato nel 2020 lo sbarco a Lampedusa dei richiedenti asilo soccorsi da un’imbarcazione della ong spagnola Open Arms. Sui social, l’ultimo riferimento di Salvini ai migranti risale a maggio, prima della grande ondata di arrivi, quando il Capitano ha rivendicato con orgoglio la sua amicizia con Marine Le Pen: “Non accetto lezioni sull’immigrazione da chi respinge in Italia donne, bambini e uomini”, aveva scritto su Twitter in uno dei suoi slanci contro il presidente francese Emmanuel Macron. Da allora, silenzio”.
“Salvini non pare voglia continuare una guerra ormai data per persa come quella dei migranti, e forse non più così utile nelle urne”. E ancora: “Salvini ha mantenuto il basso profilo persino in queste settimane in cui il Mediterraneo pullula di navi delle ong in concomitanza con numeri di partenze elevati, sia dalla Tunisia (da dove sono salpate 54.693 persone da gennaio a luglio), sia dalla Libia (30.075 migranti diretti sulle nostre coste, al netto degli scontri scoppiati a Tripoli negli ultimi giorni e che potrebbero condurre ad ancora più instabilità). Nemmeno questo però è bastato a rilanciare il fantomatico “allarme pull factor”, tanto caro dalle parti del Carroccio fino a meno di un anno fa”.