Che l’impressione sia quella di un saluto, di un congedo, di un commiato, non ci piove. Torneremo ancora, l’ultima creatura di Franco Battiato che dà il titolo all’album dell’artista siciliano che esce venerdì, è una canzone struggente che crea un ponte tra la realtà terrena e una dimensione sovrannaturale, cosmica, extrasensoriale, tra la vita e quello che oltre la vita potrebbe esserci. Bellissima, fino a inumidirsi gli occhi di lacrime.
Arriva, questo pezzo inedito – insieme alle altre canzoni del nuovo disco che sono riletture sinfoniche di alcuni fra i brani famosi del cantautore – dopo due anni d’assenza dalle scene. Battiato è stato male e continua a star male. Perché, in che forma e quanto non è dato sapere ed è giusto che sia così, nonostante la dolorosa curiosità dei suoi fedelissimi fans, quella di insostenibile invadenza dei gossippari e contro la cattiveria di alcuni sedicenti amici o collaboratori che sospettano operazioni commerciali proprio in conseguenza di questo stato di parziale infermità.
Nei pochi minuti della clip non ancora definitiva del nuovo brano (dovrebbe essere diffuso a giorni il video ufficiale) lo si vede nella sua casa di Milo, alle pendici dell’Etna, sul suo divano bianco, seduto al pianoforte o mentre ascolta i brani di Torneremo ancora con Pino Pischetola, l’ingegnere del suono che ha curato, sotto la sua guida, i dettagli del disco (è risaputo che Battiato è sempre stato assai pignolo sulle sonorità, sulla risoluzione tecnica dei suoi album essendo tra l’altro stato, in anticipo sui tempi, uno sperimentatore dell’elettronica).
Dice Juri Camisasca, storico collaboratore di Battiato e coautore di questa nuova canzone: «L’idea che l’ha ispirata è la trasmigrazione delle anime verso la purificazione, il loro percorso al termine della vita terrena verso cieli nuovi e nuove terre». Mentre Battiato parla –o meglio messaggia per voce di altri – che il brano è un’ulteriore testimonianza «del mio lavoro sulla conoscenza insondabile del mistero del passaggio». Il cerchio (insieme alle illazioni) potrebbe chiudersi qui, parlando di arte e di ciò che la suggerisce, le dà vita, le soffia respiro.
Le altre canzoni del disco sono alcuni classici del compositore siciliano (Come un cammello in una grondaia, Povera patria, I treni di Tozeur, La cura, Prospettiva Nevski, E ti vengo a cercare e altri titoli ancora, quasi tutte del suo repertorio armonico, dunque, più che di quello ritmico) e alcune perle di quegli amatissimi (da lui e da molti) anni Sessanta che Battiato ha offerto nelle diverse raccolte di Fleurs (da Te lo leggo negli occhi di Dino a Perduto amor di Adamo). Tutte arrangiate, dirette e concertate sulla voce del maestro da Carlo Guaitoli sul podio della Royal Philarmonic Concert Orchestra, grandi “intro” e “code” di profondo afflato sinfonico ma senza enfasi, senza retorica, senza imposture sugli originali.
Fosse anche un saluto, un congedo, un commiato, Torneremo ancora resta comunque un regalo prezioso, tra i più cari da custodire dei tanti che in cinquant’anni di musica ci ha fatto Battiato. L’unico rammarico è quello di non poter scrivere, alla fine dell’articolo, anche con freddezza cronistica, “seguirà tour”.