Pietro Bartolo e Kebrat si sono ritrovati sette anni dopo la tragedia. Quel 3 ottobre 2013, un peschereccio carico di migranti si rivoltò a poche miglia dall’Isola dei Conigli, a Lampedusa, seminando morte. Delle oltre 500 persone a bordo se ne salvarono 155. Molti finirono dispersi in mare. Kebrat no. Anche se in tanti, compreso, il medico (oggi europarlamentare del Partito Democratico), l’avevano data per spacciata. Il suo corpo, infatti, si trovava all’interno di un sacco nero.
Ieri, rivedendosi a Bruxelles l’uno di fronte all’altra, in vesti totalmente diverse rispetto a quel giorno maledetto, Bartolo si è emozionato e ha raccontato i momenti del salvataggio: “Kebrat era stata messa dentro, con la cerniera chiusa. Io dovevo solo constatare il decesso. Quando le ho preso il polso tra le mani, ho avuto la sensazione di sentire un battito. Allora ho aspettato ancora, almeno un minuto, e ne ho sentito un altro, flebile, debolissimo, e ho capito che era ancora viva. Abbiamo fatto di tutto per riportarla in vita e dopo un po’ il suo cuore ha cominciato a battere”. Il medico dei migranti ha urlato per un paio di volte “è viva”, non credendo ai propri occhi: “È stata una corsa contro il tempo, l’ambulatorio, il primo soccorso, il trasporto in elicottero fino al reparto di rianimazione più vicino. Non era ancora finita”.
Al Parlamento europeo è andato in scena un incontro inatteso. Kebrat e il suo “salvatore” si erano già rivisti una volta in questi anni. Lei, lasciatasi alle spalle la tragedia (“Ma ogni volta che faccio il bagno ai miei figli mi capita di vedere gente che affonda in mare”), vive in Svezia. Lui s’è dato alla politica. Ieri si sono cinti in un abbraccio senza tempo durante Seeds of Lampedusa, un incontro organizzato dal “Comitato 3 Ottobre”, l’associazione che raccoglie i sopravvissuti alla strage per ragionare, assieme agli studenti, di migranti e rifugiati. “Non ho pianto solo perché mi sono trattenuto – racconta Bartolo – Queste sono le grandi soddisfazioni, dopo le tante brutte cose e le tante atrocità che ho dovuto vedere, ci sono dei momenti belli come questo di Kebrat”.