Mattia Feltri per l'Huffington Post

Meloni vincerà, governerà
e non cadrà il mondo

Non so quanto siano fondati i retroscena con cui si accredita l’eventualità del milionesimo governo ammucchiata, Giorgia Meloni in fuga dalle responsabilità di governo o alla ricerca di una condivisione delle stesse, per la portata delle prove cui è attesa e per il piccolo calibro degli alleati: Matteo Salvini mai andato oltre la tecnica e la teoria dell’assemblea di istituto, e però circondato da sospetti di intelligenza (termine in questo caso spendibile) col nemico russo, e Silvio Berlusconi gioiosamente tornato dodicenne, a fare i pigiama party e la contabilità del suo successo su TikTok. Poco fondati, direi. Più ispirati a una diffusa disperazione di tendenza apocalittica per la vittoria di un partito postfascista cento anni dopo la Marcia su Roma e per il ritorno alla guida del governo di un..

Berlusconi è sbarcato su Tik Tok
Siamo davvero all’età del ridicolo

All’ottantesimo articolo in cui si spiegava quanto fosse ridicolo lo sbarco di Silvio Berlusconi su TikTok, ho guardato il video dello sbarco e sì, era ridicolo (già è ridicola la parola sbarco, e del resto si sbarca sui social con le stesse esagerate aspettative con cui i migranti sbarcano a Lampedusa). Coltivavo il dubbio da prima della lettura degli ottanta articoli. Anzi no, non ho letto ottanta articoli, sarei ridicolo se lo sostenessi e ancora più ridicolo se li avessi effettivamente letti. Diciamo: due articoli letti per intero, tre parzialmente e settantacinque titoli, tutti a illustrare la ridicolaggine di Berlusconi, con una unanimità così robotica da risultare ridicola. Continua su Huffington Post

Crosetto dove lo metto? Giorgia e il falso del bodyguard

Non so se sarà una campagna elettorale terribile o – più probabile – terribilmente buffa. Un indizio sulla tendenza buffonesca arriva da un tweet del nostro amato e ormai un po’ sperduto Guido Crosetto, indeciso fra chi è e chi non è, dov’è e dove non è, e così via. Poi ci arriviamo. Torniamo al tweet. Crosetto riprende lo stralcio di un articolo scritto ieri per noi dal sublime Ugo Magri (lo stralcio: «… tutto questo non impedirà a Giorgia Meloni di vincere perché la sua destra populista, sovranista, sfascista è in contatto stretto con la gente. Vive nei ghetti. Affolla le metro. Affoga nella sporcizia. Soffre la delinquenza. Sconta il carovita. Incamera rabbie. Respira veleni. Esala pane e cipolle». E Crosetto ne trae la conseguenza che «a Huffpost non..

La verità è che Draghi non c’entra nulla con questo paese

La verità, temo, è che Mario Draghi non c’entri nulla con questo paese. Non dico col Parlamento, lo spettacolo d’arte varia di ieri è stupefacente nella sua prevedibilità, e imprevedibile è soltanto lo spunto creativo: non se ci sarà, ma quale sarà. Il premio al miglior fantasista va senza incertezze a Giuseppe Conte, il Capitan Fracassa della sfiducia per sfuggire alla logica della sfiducia, come una settimana fa ha detto la sua capogruppo al Senato, Maria Domenica Castellone. E cioè, non una sfiducia aperta, votata in aula, ma una non fiducia in latitanza, tutti fuori dall’aula, di modo da non dare la fiducia e non dare la sfiducia: ognuno si interpreta come gli pare i Dieci comandamenti, figuriamoci la Costituzione. E così i Cinque stelle sono riusciti a non dare..

Che ce ne facciamo di Draghi se abbiamo già Patuanelli?

Questi guizzanti tonnetti arrivati alle istituzioni in bermuda e infradito sbalordiscono quando un premier che ha una storia, una competenza, una reputazione, decide di sottrarsi al calcinculo da giostraio

Le sette piaghe di Roma che somigliano a quelle di Palermo

"Barbiere, manicure, pedicure, tolette, bagno romano, massaggi": la scritta sulla facciata déco della Casa del Passeggero ha l’ironia sfrontata, scanzonata di queste parti. Si arrivava a Roma, da lunghi viaggi magari notturni, spossanti, ci si ripuliva lì, ci si rendeva presentabili alla città dei cento campanili e dei palazzi di governo, la città del Santo Padre. La Casa del Pellegrino, fra la Stazione Termini e il Teatro dell’Opera, è chiusa da decenni. Dev’essere cascato qualcosa qualche tempo fa: un pezzo di cornicione o di intonaco, perché è stata parzialmente transennata, e le transenne misurano gli anni con la ruggine, sono le pareti precarie di un rifugio segnalato dal solito cumulo di coperte, vestiti, stracci, cartoni di vino, pacchetti di cracker, un toscano smangiucchiato, un libro di Puskin. Roma ha di..

Non solo Meloni. L’Italia regno dello statalismo

Marcello Pera che molto ha sperato in una conversione liberal conservatrice di Matteo Salvini, ora molto spera in una conversione liberal conservatrice di Giorgia Meloni, e come s’era industriato prima così si industria adesso. Confida le sue ambizioni, o i suoi suggerimenti, in un colloquio sul Foglio di stamattina: “Un partito conservatore deve essere aperto al mercato e antistatalista”. Non sono sicurissimo che le speranze siano meglio riposte in Meloni di quanto lo fossero in Salvini, e non tanto per un santo pregiudizio sull'approccio a Stato e mercato di un partito di destra, di una destra sin qui in tradizionale esibizione di bicipiti - in fondo è per questo che Pera indica la strada. Non ne sono sicurissimo per aver ascoltato e riletto il discorso sulla visione economica di Giorgia..

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