Mattia Feltri per l'Huffington Post

Meloni e la magistratura:
uno scontro tra giustizialisti

In capo a una settimana furiosa, tocca mettere giù alcuni punti che a noi sembrano fermi. Primo, aver liberato il generale Almasri è stata una porcheria. Probabile e augurabile che fosse una porcheria necessaria, e non soltanto per evitare che dalla Libia riaprissero le acque ai migranti, ma anche per tutelare i nostri lavoratori in Libia, i nostri interessi economici e geostrategici in una terra di delicatissimi equilibri e di internazionali appetiti. Però un conto è farle, le porcherie, un conto è legittimarle, addirittura rivendicarle: lo scrive stamattina Andrea Malaguti, direttore della Stampa, e non lo capisce Bruno Vespa, purtroppo. Tutto il suo sdegno per il moralismo di sinistra equivale al mio stupore per un giornalista che ha fatto del disincanto e di un certo romano, morbido cinismo la cifra..

Anche quest’anno la Fornero
si cambia l’anno prossimo

L’ultima volta di Matteo Salvini alle prese con la legge Fornero risale a settembre, se non mi sono distratto, quando ha annunciato che sarà smantellata entro la legislatura. Comunque un passo avanti. Tredici anni dopo la riforma delle pensioni del governo Monti, firmata da Elsa Fornero nel dicembre del 2011, gli intenti bellicosi del capitano leghista sembrano perdere di mordente: si sposta la notte, o la frontiera, più in là. Addio alla trincea, e viene anche un po’ da ridere. Secondo una corposa ma non esaustiva collezione, nella sue varie esperienze di governo Salvini ha promesso di abolire la legge Fornero al primo Consiglio dei ministri, entro le prime settimane, entro i primi cento giorni, entro il primo anno, di smontarla pezzo a pezzo, mattone dopo mattone, sarebbe stato un..

La destra non conosce la Costituzione, i magistrati neppure

La pretesa del governo di destra di avere una magistratura collaborativa non sarebbe nemmeno così stravagante se l’aggettivo non fosse speso con scopi eufemistici: per collaborativa, infatti, viene intesa una magistratura al servizio, vassalla, che non rompa le scatole all’esecutivo e al suo legiferare, per quanto dozzinale o fantasioso, sui migranti, sui reati universali o meglio glocal, più in generale sulla mania securitaria e repressiva. Per una magistratura del genere servirebbe una Costituzione adeguata essendo inadeguata la vigente, ispirata alla separazione dei poteri, che non è un complotto ma un principio fondamentale delle democrazie liberali. Sul punto non oso dilungarmi, poiché è stato molto ben approfondito da autorevoli commentatori, come per esempio Donatella Stasio sulla Stampa di sabato 2 novembre, e comunque un po’ su tutti i giornali da un..

Spie e spioni. Il gip ha dei dubbi, ma i giornali se ne fregano

Mi sono letto avidamente le decine di pagine dedicate dai giornali a quest’ultima storia di spie, da cui la procura di Milano ha tratto coscienza del rischio per la tenuta delle istituzioni e della democrazia. Un rischio talmente elevato che la procura aveva chiesto al giudice delle indagini preliminari il carcere per tredici indagati, pericolosi agenti dell’eversione in contatto con la mafia e i servizi segreti, anche di altri paesi. Il giudice ha invece stabilito gli arresti domiciliari, e non per tutti e tredici, ma soltanto per quattro di loro. Si intuisce una differenza di vedute, non leggera, fra quanto la procura ha proposto e quanto il giudice ha disposto, e dunque sulla portata dell’inchiesta. Eppure i giornali sono costruiti sulle carte della procura e per nulla sulle carte del..

Toti. La sovranità del popolo cede
il passo a quella delle procure

La vicenda di Giovanni Toti non è più e forse non è mai stata una vicenda puramente giudiziaria, su cui dividersi fra giustizialisti e garantisti - non sono opposti estremismi, poiché garantista è la nostra Costituzione ed essere garantisti significa condividere lo spirito fondante della Repubblica. La vicenda interroga molto più in alto la separazione dei poteri che non può mai tradursi in prevaricazione dell’uno sull’altro, come ho scritto qualche volta e come in questi giorni hanno ripetuto, molto più autorevolmente, il professor Sabino Cassese (con un parere a supporto della difesa di Toti) e il professor Giovanni Fiandaca (con un’intervista a Ermes Antonucci per il Foglio). Nella Prima repubblica, la primazia della politica aveva finito col prevaricare la giustizia respingendo regolarmente, in forza dell’immunità parlamentare, le autorizzazioni a procedere..

Il parlamento vota il premierato e fa ciao ciao al boia

Ha ragione Michele Serra: il Parlamento che vota il premierato, e quindi declassa sé stesso, ha l’aria del nobile decaduto che infila la testa nella ghigliottina e fa ciao ciao al boia. Ma non è una novità delle ultime ore. Il Parlamento fece ciao ciao al boia quando, nella furia di Mani pulite e della smania di ceppi, modificò la Costituzione e ridimensionò l’immunità parlamentare. Fece ciao ciao al boia quando votò per la prima volta nella storia repubblicana l’arresto di un parlamentare, Alfonso Papa, per reati non di sangue o di terrorismo, e perché serviva offrire il sacrificio umano al popolo digrignante. Fece ciao ciao al boia quando votò la riduzione dei parlamentari sull’assunto filosofico-istituzionale che deputati e senatori sono inutili e costosi e tanto vale farne fuori un..

Non c’è la separazione delle carriere, né ci sarà mai

Con un editoriale come di consueto lucido, perché estraneo a contese tribali, Angelo Panebianco analizza ed elogia la separazione delle carriere fra magistrati requirenti e magistrati giudicanti. E prevede buoni effetti soprattutto alla lunga, per ragioni che mi è qui impossibile riassumere, ma il cui punto focale mi pare questo: un Csm (Consiglio superiore della magistratura, non più unico ma sdoppiato) di giudici avrebbe i migliori motivi per rifondare il principio che la verità processuale è scritta dalle sentenze e non dalle indagini preliminari del magistrato requirente, come invece la nostra illiberale cultura, con solido contributo del giornalismo, stabilisce almeno dal caso di Enzo Tortora, con sublimazione negli anni di Mani pulite. Spero tanto abbia ragione Panebianco, e probabilmente l’ha, ma bisognerebbe partire dall’assunto che la separazione delle carriere -..

Pd e Cgil, affondati sul lavoro. La sinistra è rimasta al ‘900

La pigrizia intellettuale del Primo maggio se la gioca con la pigrizia intellettuale del 25 aprile. Ho letto sovrastato dalla noia le interviste a Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, e a Elly Schlein, segretaria del Pd. Il primo annuncia che presto ci sarà un referendum per l’abolizione del Jobs Act e dev’essere vero perché lo sento dire da dieci anni, e la seconda s’accoda e rilancia sul salario minimo. Non entro nei dettagli, per scampare all’accusa di concorso esterno in tedio. Sul Jobs Act vi suggerisco di riprendere un articolo scritto per noi da Marianna Madia (una seria), quanto al salario minimo mi pare la mano di bianco quando si deve vendere casa. Secondo il grande Claudio Velardi, siamo tutti un po’ conservatori, ma la Cgil e il Pd..

La questione morale è la politica che non fa politica

La questione morale esiste, è gigantesca, e crocianamente riguarda l’incapacità della politica di produrre buona politica, ovvero di comprendere il tempo in cui vive e affrontarlo. La rivoluzione digitale, il commercio globale, la destrutturazione del mercato del lavoro, la crisi dello stato nazionale, le migrazioni intercontinentali, l’asse del mondo che s’è spostato dall’Atlantico al Pacifico, la crescita tumultuosa di nuove potenze demografiche, militari e commerciali come Cina e India, la storia che si ripresenta a minacciare il modello democratico liberale, rimasto fermo al suo grande trionfo del 1989: la caduta del Muro del Berlino, la fine del comunismo, la promessa di un mondo di pace e prosperità dal cui evaporare è incapace di scuotersi. Le nostre micragnose faccende interne o persino pugliesi potrebbero essere scansate con uno sbuffo annoiato se..

La disarmante, ovvero Elly Schlein:
parla di armi a Israele ma non sa

Rivolta ai suoi deputati riuniti a Gubbio per escogitare rimedi alle fiamme del pianeta, Elly Schlein ha proposto la sospensione dell’invio di armi a Israele, per rifuggire dal rischio che siano impiegate in crimini di guerra. Un auspicio da non biasimare, e tuttavia meritevole di almeno tre considerazioni. La prima: nei dieci anni compresi fra il 2013 e il 2022, l’Italia ha mandato in Israele armi per 120 milioni di euro, cioè dieci milioni all’anno. Briciole. E nemmeno armi come le intendiamo guardando al triste guerreggiare dei nostri tempi, bensì tecnologie, equipaggiamenti, sistemi radio, roba così. Le famose armi non offensive. Nello stesso periodo, da Israele ne abbiamo importate per 250 milioni, più del doppio, quindi forse siamo un poco più dipendenti noi da loro che viceversa. Seconda considerazione: la..

Gerenza

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