Calogero Pumilia

Province, che scempio
Nessuno ripara
i danni di Crocetta

Quella delle province – o se si vuole dei liberi consorzi dei Comuni, una locuzione giuridicamente più propria ma che non è mai entrata nel linguaggio consueto – è una delle vicende più emblematiche della Regione, governata in prevalenza dalla improvvisazione, dalla irresponsabilità e dall’assenza di una qualsiasi visione organica. Di recente l’Assemblea ha deciso di rinviare ancora una volta la elezione dei suoi organi democratici, con la motivazione, anche fondata, dell’imperversare della pandemia. La storia di una riforma dissennata e incompiuta è iniziata nel marzo del 2014, quando con 62 voti favorevoli e 14 contrari, il Parlamento regionale ha approvato la trasformazione di sei delle nove province in “liberi consorzi dei comuni” ed ha istituito le aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Quel giorno venne raggiunta una tappa..

Recovery e Ponte: è l’ultima chiamata per la Sicilia

Musumeci avrà fatto bene a chiedere il sostegno di Salvini per inserire il ponte sullo Stretto nel piano nazionale di ripresa e di resilienza che dovrà essere definito e presentato a Bruxelles entro il 30 aprile. Quel progetto, già peraltro previsto nel documento di gennaio del precedente governo con la dizione “collegamento stabile”, e gli altri che dovranno essere realizzati in Sicilia con i fondi del piano, non sono questioni che riguardano i rapporti di corrente di Musumeci o la maggioranza che lo sostiene. Esse devono coinvolgere tutte le forze politiche, l’intera realtà sociale, economica e culturale della Regione che ha l’occasione irripetibile di utilizzare quella parte, che le sarà destinata, dei 209 miliardi assegnati all’Italia, 81 circa dei quali sotto forma di contributo e 117 di prestiti. Più che..

Il commissario Draghi
e il triste anonimato
dei Cinque Stelle

Nella storia della Repubblica, non è mai accaduto che un governo si formasse con una procedura assolutamente conforme alla lettera del dettato costituzionale. Draghi ha avuto l’incarico da Mattarella per realizzare una sorta di unità nazionale in grado di fronteggiare le emergenze del Paese. Ha ascoltato pazientemente le delegazioni dei partiti, ha definito in autonomia il programma da proporre alle Camere per la fiducia ed ha scelto i ministri con un buon mix tra tecnici e politici, non rispettando altrettanto bene il rapporto di genere, sottraendosi alle consuete, defatiganti trattative con i leader delle diverse forze e ai veti incrociati e, comunque, dimostrando una notevole capacità di dosaggio e un’ottima conoscenza del famoso manuale Cencelli. Dal 1946 non credo ci sia un precedente analogo. Neppure De Gasperi sfuggiva alla necessità..

L’apostolo Draghi
e la conversione
degli infedeli

Può succedere che la Lega, con una inversione di centottanta gradi, entri in un governo presieduto da Draghi, europeista convinto ed economista che si richiama al solidarismo cattolico. Può succedere che, da fans di Trump, di Putin di Orban, da fautori dell’Italexit, da quelli del no euro e della flat tax, da fieri difensori delle frontiere che hanno presidiato con bazooka caricati a odio e a paura, da biechi sovranisti, quelli del Carroccio diventino disponibili per un governo che mira a rinsaldare l’unità del continente attorno ai valori della democrazia liberale e solidale. Può essere che accettino di riformare il sistema fiscale con i criteri della progressività, di accogliere chi approda sulle nostre coste con diritto di asilo, di integrare quanti vivono in mezzo a noi, rispettano le leggi, contribuiscono..

Quando la politica si alleò con i giudici contro la mafia

Dopo quasi trent’anni e dopo quattro processi, rimane senza autori uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana, quello sulle indagini per l’assassinio di Paolo Borsellino. La recente archiviazione del procedimento a carico di due ex pubblici ministeri di Caltanissetta lascia tuttora senza risposta gli interrogativi sulla gestione di alcuni pentiti – Scarantino per primo – che ha deviato l’accertamento sulla strage di via d’Amelio e avviato su binari sbagliati la ricerca della verità giudiziaria. Rimane la certezza del rapporto diretto tra la scelta stragista della mafia e la decisione della Corte di Cassazione del 30 gennaio 1992, che appose il sigillo definitivo al maxi processo e confermò la sentenza di primo grado. Svanirono così le residue speranze dei capi della cupola in un esito diverso che sarebbe stato..

Leader e partiti: queste le pagelle dopo il crack

Se si fa a chi ha vinto e a chi ha perso – un giochino non sempre intelligente – allo stato odierno dell’arte, in attesa di ciò che succederà dopo l’incarico a Draghi, al primo posto assoluto della strampalata gara che si è giocata per diverse settimane sulla pelle del Paese, in un campo chiuso, lontano ed estraneo al mondo reale, direi che il primo classificato in assoluto è Renzi. Il rottamatore, usando questa volta i mezzi più micidiali messi a punto magari nel corso della frequentazione con wahabbiti sauditi, dai quali sono venute le prime cinture esplosive, si è fatto saltare in aria insieme ai partiti che sostenevano Conte. Il senatore toscano può ben rivendicare il merito di aver accelerato il processo di frantumazione del Movimento cinque stelle, già..

Quando i compagnucci
silurarono
Giovanni Falcone

Nel gennaio del 1992 si verificarono due eventi di notevole rilievo per la storia del Paese e della Sicilia in particolare. Il 20 di quel mese, il Parlamento convertì in legge il decreto che istituiva la Direzione nazionale antimafia. Arrivava al traguardo l’iniziativa del governo presieduto da Andreotti, con Martelli ministro di Grazia e Giustizia e veniva coronato da successo l’impegno tenace di Falcone che aveva puntato alla creazione di una struttura unitaria di coordinamento delle iniziative di contrasto alla mafia. Il percorso verso il voto finale della Camera dei deputati era stato tutt’altro che agevole. Si erano dovute, infatti, superare riserve e ostilità provenienti dal versante politico e da quello giudiziario. La necessità di coordinare le indagini sui crimini mafiosi era stata avvistata, se pure non in forma organica,..

Maschere e macchiette
sul palcoscenico
della crisi di governo

Non voglio mancare di riguardo a coloro che hanno il duro compito di trovare una soluzione alla crisi di governo, dal capo dello Stato ai rappresentanti dei partiti. Ma i veri protagonisti delle vicende bislacche di queste settimane, quelli che più di tutti incarnano l’ethos della seconda repubblica – prima delle banane – non sono loro. I veri interpreti di questo spettacolo un po’ farsesco e perfino divertente, nel pieno della pandemia e della crisi economica, sono altri. Il primo è Mastella, maschera del teatro napoletano che, dal 1976 ha avuto parti non secondarie in parecchie sceneggiate di livello nazionale, con innumerevoli copioni, indossando una incredibile quantità di costumi diversi che, a leggere Wikipedia, c’è da smarrirsi, per la serie di sigle cambiate nel tempo e di candidature collezionate utilizzando..

Gerenza

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