Calogero Pumilia

La “rivoluzione” di un Papa venuto dalla fine del mondo

È morto il Papa venuto da lontano, privando la Chiesa di una guida sicura e nuova nella sua storia millenaria. Privandola di una voce che richiamava al senso autentico del messaggio evangelico, indicando a tutti la via della salvezza. Non c’è più chi ha aperto le porte anche a coloro alle quali erano sbarrate perché lontani dalla dottrina cattolica. Non c’è più l’uomo che ha visto un Dio misericordioso unico per tutti e del Figlio del quale ieri per l’ultima volta ha riaffermato la resurrezione. La Chiesa è priva di colui che ha avviato una riforma profonda e difficile, che non poteva eliminare tutte le incrostazioni di una realtà millenaria. Francesco è stato il Pontefice che con più forza degli altri ha percorso le vie del mondo, cercando di riconciliarlo..

De Gasperi a Washington: un esempio di dignità per Giorgia

Oggi Giorgia Meloni incontra il presidente degli Stati Uniti d’America per indurlo a rivedere la sua posizione sui dazi e più in generale sul rapporto con l’Europa e con l’Italia. Non ha molte possibilità di successo, il nostro presidente del Consiglio, con un uomo sbilenco, instabile e pericoloso, per il quale amicizia e affinità ideologica non hanno valore alcuno. Del resto, è questo il senso del sovranismo, che ciascuno pensa per sé, ignorando che la solidarietà rende forti, l’egoismo indebolisce e genera conflitti. Speriamo bene. Tutti i nostri capi di governo dal dopoguerra hanno incontrato il presidente del Paese leader del mondo occidentale. Tutti hanno dovuto fare i conti con il suo ruolo e la sua forza. Tutti sono andati, come si è detto in questi giorni, a “baciare la..

Province, 12 anni di disastro creato dal compagno Crocetta

Dopo dodici anni, le Province siciliane saranno rette da organi scelti con le elezioni di secondo grado, quelle alle quali partecipano solo gli amministratori comunali e non i cittadini. Sarà un passo avanti rispetto alla gestione commissariale e chiuderà un lungo periodo iniziato all’insegna del “dagli alla politica!”. Le Province vennero abolite nel 2013 in Sicilia e nell’anno successivo nel resto del Paese. A quel tempo, non essendo ancora nota la motosega di Milei, si fece ricorso all’accetta, per abbattere i costi, si disse. L’idea originaria era del Movimento 5stelle che della politica conosce poco, ma sull’antipolitica, a quel tempo in particolare, non lo batteva nessuno. Gli altri partiti, deboli e impauriti, non volendo apparire abbarbicati alle sedie e dissipatori del denaro pubblico, si sono accodati. Iniziò così una delle..

Che smacco: la Fondazione Orestiadi lascia Agrigento

Ad Agrigento capitale della cultura si chiude uno dei pochissimi spazi culturali. Si chiudono le Fabbriche, che ho voluto aprire con pervicacia e, se posso dirlo, lungimiranza. I nuovi amministratori della Fondazione Orestiadi hanno tolto dalle pareti le opere che avevano chiuso all’interno dello spazio chiaramontano nel centro storico della città, scambiando una gabbia dorata per una mostra e le hanno restituite all’autore, l’ottimo Michele Canzoneri. Era stata immaginata come la prima, importante iniziativa della Fondazione Orestiadi nella città dei templi, in coincidenza con l’inaugurazione dell’anno della Capitale e a pochi giorni dalla visita del presidente della Repubblica. Per una imprevista sincronicità si erano scelti i lavori che l’artista aveva realizzato vent’anni addietro in Siria, nello stesso momento nel quale quel Paese tornava drammaticamente al centro dell’attenzione del mondo. Attorno..

Agrigento capitale della Cultura? No, dell’indifferenza

Eravamo arrivati alle dimissioni del direttore generale della Fondazione “Agrigento capitale italiana della cultura”. E lì siamo rimasti. Alla furbata di chi ha contribuito a portare la nave ad incagliarsi tra gli scogli e l’abbandona poi rivendicando di aver terminato il proprio impegno con l’approvazione del bilancio che garantisce la realizzazione dei famosi 44 progetti, tra i quali quelli della Fondazione MeNo che Albergoni presiede. Se ne va, il direttore, accompagnato da un “cortese” benservito della ex prefetta, che lo ringrazia di averle evitato di doverlo “dolorosamente” allontanare, lasciando insoddisfatta la curiosità di sapere del “dolore” e delle sue ragioni. Nulla, tra l’altro, si evince dal sito della Fondazione di Agrigento capitale, dal quale, in nome della trasparenza, ci si attenderebbe di conoscere tutto ciò che succede al suo interno...

Agrigento capitale sprofonda. Chi potrà salvarla?

Le dimissioni di Roberto Albergoni da direttore della Fondazione Agrigento Capitale italiana della cultura sono una palese dichiarazione di fallimento, personale e dell’intera struttura da lui guidata. Albergoni non ha garantito, come sostiene, “le condizioni per l’attuazione del programma”. Se l’avesse fatto, se fossimo arrivati a questo punto, non sarebbe stato costretto ad abbandonare e principalmente non si starebbe a parlare di un’occasione mancata. Albergoni ha il merito di avere preparato il progetto vincente. E poi la colpa o l’ingenuità di avere accettato un incarico quando già era evidente che non avrebbe potuto svolgere il proprio ruolo utilizzando una struttura efficiente. In effetti era stato tentato di non accettare. Avendolo fatto, con la consapevolezza di ciò che avrebbe trovato, è uno dei responsabili del disastro annunciato. Pochi giorni fa avevamo..

Agrigento capitale. La speranza non è morta, come salvarla

Pochi giorni fa, in modo provocatorio ho chiesto di spegnere i motori di Agrigento Capitale della cultura,  una macchina che del resto  finora ha girato su se stessa. Torno a scrivere sullo stesso argomento. Non per una fissazione, per un pregiudizio, per un fatto personale, ma perché questa vicenda è diventata una metafora che trasmette e diffonde un racconto negativo della città e della Sicilia. Torno a scriverne perché condivido - e cerco di farmene portavoce - una indignazione diffusa anche se in parte repressa da una inveterata predisposizione alla rassegnazione e da un controllo capillare e forte ad opera di un potere locale che mette in atto tutti i mezzi per bloccare il dissenso. Torno a scriverne perché, malgrado ogni evidenza, spero ancora, per quanto il tempo che rimane..

Calate il sipario su Agrigento capitale della cultura

Fermiamoci qui. Evitiamo un inutile accanimento, un ulteriore spreco di risorse finanziarie. Non diamo altri motivi per danneggiare l’immagine della città, per identificare i suoi cittadini con gli incapaci e gli improvvisatori impegnati in una sorta di promozione alla rovescia. Prendiamo atto che l’obiettivo originario di «Agrigento capitale della cultura» è stato mancato e che si può solo tentare di mettere insieme un accrocco che alla fine provocherebbe ancora pesanti polemiche. Il presidente della Regione abbia consapevolezza di una situazione ingovernabile e si sottragga al rischio di finire coinvolto in un clamoroso, forse inevitabile fallimento. Ha tentato di metterci una pezza quando già era troppo tardi. Ha immaginato che la nomina della dottoressa Cucinotta potesse imprimere una svolta. Non è successo. Probabilmente non c’erano più le condizioni perché succedesse. La..

Domani andrò in piazza. Contro la “sindrome di Comiso”

Sabato andrò in piazza e sarà un’esperienza nuova e inconsueta anche per la mia età. Quando avevo quella giusta, le piazze erano di coloro che contestavano la Democrazia cristiana, e definivano i suoi aderenti servi dell’imperialismo. Sventolavano la colomba di Picasso e ritenevano l’Unione Sovietica e i Paesi del socialismo reale luoghi di libertà, di giustizia e di progresso. Erano anche in buona fede e impiegarono parecchio per ammettere di sentirsi più protetti sotto l’ombrello della NATO piuttosto che sotto quello del Patto di Varsavia. In modo paradossale a quel tempo gli eredi dei veri costruttori di pace, di coloro che avevano voluto la nascita dell’Europa per eliminare le ragioni dei ricorrenti conflitti, dei democristiani Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman, venivano considerati guerrafondai. Tutto questo appartiene ad..

Pd, Lega, Fratelli d’Italia: partiti traditi, partiti perduti

Solo i pochi volenterosi che si ostinano a partecipare alle riunioni del Partito democratico sanno che Anna Maria Furlan, genovese, ex segretaria della CISL, rappresenta Palermo in Senato. Neppure quei pochi saprebbero comunque indicare una sola iniziativa che trovi un interesse, un’attenzione della ignota senatrice per la città e per la Sicilia. È arrivata qui catapultata dalla direzione nazionale del Partito democratico, ha sottratto il ruolo ad uno dei dirigenti locali che aveva lavorato per anni a sostenere quella forza politica, è stata accolta con generosità, votata da tutti, specie dal gruppo guidato da Giuseppe Lupo, al quale non fece velo la pretestuosa esclusione dalla lista per le elezioni regionali avvenuta un mese prima. Eletta, la Furlan è rimasta per due anni e mezzo in un silenzio «operoso». Poche volte..

Gerenza

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