La controffensiva di Armao per evitare nuovi scandali sul modello Ast, si muove lungo due direzioni: la proposta di un disegno di legge, già all’attenzione della commissione Bilancio, per garantire il turnover all’interno delle società partecipate, sbloccando le assunzioni rimaste in ghiaccio dal 2008; e un’attività di verifica, già proposta al ragioniere generale Ignazio Tozzo, per passare al setaccio l’ordinanza del Gip, e giungere – se necessario – alla rimozione di alcune figure topiche, a partire dal direttore generale Giovanni Amico (che però s’è già dimesso dopo l’audizione) e il vicepresidente Eusebio D’Alì. Entrambi indagati. E’ quanto emerso dall’audizione dell’assessore all’Economia in commissione regionale Antimafia.
Di fronte alla quale, però, Armao non è riuscito a districare un giallo di prim’ordine: perché, alla luce di alcune dichiarazione pubbliche dell’ex direttore generale Fiduccia (oggi ai domiciliari), della sfiducia palesata da Musumeci nei suoi confronti, e ad alcune irregolarità nella gestione dell’azienda (compresa la decisione di disattendere il piano industriale e proporre la creazione di un vettore aereo), la politica non ha fatto valere il suo ruolo di controllore, giungendo alla revoca del Cda? Dopo aver specificato che l’attività di vigilanza è in capo al suo assessorato e a quello di riferimento della partecipata (Infrastrutture, nel caso dell’Ast), Armao ha spiegato a Claudio Fava che “le nomine e la revoca sono di competenza del presidente della Regione, che le ha sempre concordate con me. C’è assoluta sintonia nelle decisioni – ha aggiunto – e abbiamo sempre convenuto che Fiduccia fosse rimosso da quel luogo. Il presidente Tafuri, però, continuava a dire che non era possibile”. Ma la prova che non fosse vero, sostiene Armao, “è che il suo successore (Santi Castiglione, ndr), invitato da me a Palermo” per procedere in tal senso, “se n’è assunto l’impegno immediatamente”.
Nei giorni scorsi, attraverso alcune interviste sulla stampa, Tafuri aveva spiegato che la rimozione del direttore generale Fiduccia non era possibile: “Avevo tre soli dirigenti, uno va a Lampedusa. Me ne resta uno e mezzo, quindi mi tengo Fiduccia”. In pratica, “mi chiedevano di buttarlo fuori, ma mi hanno costretto a tenerlo”. A questo punto – se proprio l’avesse voluto – il governo regionale (il presidente Musumeci, o chi per lui), avrebbe potuto procedere con la revoca del Consiglio d’Amministrazione. Un passaggio reso necessario, magari, dalla confessione del febbraio 2019, in un’intervista al Giornale di Sicilia, in cui Fiduccia – braccio armato del Cda e, quindi, della politica – ammetteva di aver segnalato alla società interinale incaricata della selezione 13 dei 40 autisti con contratto a termine (“Solo personale di cui conoscevo la professionalità”); oppure, di fronte all’ambizione del management di creare una compagnia aerea nonostante la contrarietà del governo; o, ancora, per il “continuo ritardo nell’invio degli atti aziendali obbligatori” o per “i ritardi nell’approvazione dei bilanci”.
Sono queste le palesi irregolarità segnalate da Fava, di fronte alle quali Armao è trasecolato. “In fase Covid – ha specificato l’assessore – l’azienda ha svolto un servizio essenziale, ha garantito il trasporto pubblico” in condizioni difficili, con la capienza dei pullman dimezzata. E poi, l’Ast “gestisce attività essenziali sul territorio: prima di intervenire con provvedimenti di revoca che introducono fibrillazioni, si è cercato il più possibile di garantire il mantenimento dei servizi”. Operare una revoca, secondo Armao, “avrebbe generato contenziosi e procedimenti” difficili da gestire. Gli uffici dell’assessorato all’Economia “hanno preferito stimolare gli amministratori”. Sull’intoccabilità di Tafuri e soci, l’assessore si è limitato a spiegare che “io parlavo col presidente solo attraverso atti formali, perché ne contestavo alcune scelte”. Come tutto il governo, a quanto pare.
Una delle poche eccezioni fu quella volta che Musumeci, conversando con Tafuri al telefono, gli chiese l’introduzione di un servizio di navetta gratuito per Ambelia, nei giorni della Fiera mediterranea del cavallo. A febbraio 2020 la tensione era sparita: “E’ possibile che al presidente non fosse precluso avere interlocuzioni con i vertici della società – ha spiegato Armao -. E poi è stato fatto per assicurare un servizio al pubblico, mica per dare un passaggio a un amico”. Sul ruolo delle società interinali l’assessore si è limitato al compitino: “Il tema è che senza il ricorso ai lavoratori interinali non si sarebbero potuti far partire i pullman perché” a causa del blocco delle assunzioni “non c’era la possibilità di fare un ricambio generazionale. L’unica cosa che avevo chiesto, e su cui sono stato rassicurato, è che gli autisti” in uscita “non diventassero amministrativi”. Poi aggiunge: “Quella degli interinali è una formula sbagliata. Può andare per i privati, che seguono delle dinamiche di mercato. Ma non per una società pubblica”. Anche in questo caso, però, scatta il meccanismo dello scaricabarile: “Se c’è società interinale prescelta dalla società partecipata, e questa fa delle assunzioni, se ne assume delle responsabilità”.
E la politica? Assente. Anche perché sono soltanto quattro – come segnalato qualche giorno fa dal ragioniere generale Tozzo – i funzionari col compito della vigilanza. E, comunque, “l’assessorato all’Economia, quando ha avvistato comportamenti non lineari, è sempre intervenuto”. Armao ricorda una nota del 2020 per stoppare il progetto della compagnia aerea denominata ‘Le ali di Sicilia’. Il posto dove Fiduccia, stando alle intercettazioni, avrebbe voluto assumere la figlia. Il resto delle ‘cortesie’ aveva un unico interlocutore: la politica. Ma Armao non sa nulla dei pizzini fatti pervenire al direttore generale col nome delle persone da assumere: “Io non l’ho mai fatto, e sono convinto anche dell’onestà e della buona fede dei miei dirigenti”. “Se fossero confermate le accuse – ha detto inoltre Armao – saremmo di fronte a un verminaio inaccettabile. E l’Amministrazione si costituirebbe in giudizio”. Non basterebbe, però, a cancellare un fenomeno di malcostume che vede la Regione nei panni di un pessimo controllore. E di un eccezionale assumificio. I carrozzoni inutili sono davvero troppi, e nessuno muove un dito per fare l’unica cosa che servirebbe davvero: cancellarne qualcuno.
N.B.: a seguito dell’audizione di Armao in Antimafia e della notizia di una verifica interna sui profili coinvolti nell’inchiesta ‘Gomme lisce’, il direttore generale dell’Asp, l’agrigentino Giovanni Amico, si è dimesso dal suo incarico. E’ uno degli indagati della Procura di Palermo. Era stato indicato una settimana fa dal neo presidente del Cda, Santi Castiglione, al posto di Fiduccia, finito ai domiciliari nell’ambito della stessa inchiesta.