Bisogna fare un salto indietro nel tempo – di qualche assessore e di una ventina d’anni – per risalire all’istituzione dei parchi archeologici siciliani. Nella legge regionale del 2000, che porta in calce la firma dell’assessore dell’epoca, Fabio Granata, si legge che il sistema dei “parchi archeologici regionali è preordinato alla salvaguardia, gestione, conservazione e difesa del patrimonio archeologico regionale, nonché a consentire le migliori condizioni di fruibilità a scopi scientifici, sociali, economici e turistici dello stesso”. Nel core business dell’Isola, che troppo spesso, colpevolmente, ha smesso di magnificare le sue arti e il suo immenso patrimonio culturale, rientrano – che ci crediate o no – ben 14 parchi archeologici.
A parte rare eccezioni, non se n’è parlato granché. Ma di recente sì, eccome. Nello scorso aprile, dopo la tragica morte di Sebastiano Tusa, per l’istituzione degli otto mancanti (da Gela a Kamarina, passando per le Eolie e Pantelleria); e, giusto un paio di giorni fa, per una questione di minor vanto. Ossia la sfornata di nomine di Nello Musumeci, che a mezzo stampa – e prima di comunicarlo ai diretti interessati – ha annunciato la girandola dei dirigenti. E il nuovo risiko di parchi, musei e soprintendenze. Che, nell’immaginario collettivo, ha sancito una linea di demarcazione fra “promossi” e “bocciati”. Fra scelte di natura politica e professionale. Talvolta s’intrecciano, ma spesso – molto spesso – sono le prime a prevalere sulle seconde.
Altrimenti non si spiegherebbe perché Giuseppe Parello, che dal 2011 ha preso in mano il Parco della Valle dei Templi, ottenendo introiti pazzeschi solo dalla vendita dei biglietti (quasi 7 milioni nell’ultimo anno), sia stato messo alla porta, in virtù di un non meglio precisato impegno da futuro “coordinatore dei parchi archeologici”. E risulta ancora più strano che al suo posto sia andato, non ce ne voglia, un suo sottoposto: cioè Roberto Sciarratta, architetto, dipendente del Parco sin dal 2001, ma finito nel mirino di un’inchiesta giudiziaria in cui è accusato di presunta truffa. Un reato, fra l’altro, che riguarda la falsificazione delle “parking card” utilizzate nelle quattro aree di sosta della Valle dei Templi. Sciarratta era a capo dell’unità operativa per la progettazione del Parco di Agrigento, e ora finisce a capo dello stesso. Chapeau. Anche la reazione di Parello è stata contenuta, continente e rispettosa: “Il mio mandato era in scadenza ed era già stato rinnovato”. Ma nessuno l’ha avvertito della decisione di Musumeci, arrivata in un sabato di calura, e col mezzo della stampa.
Così come Musumeci non s’è confrontato – non con lei – per la “destituzione” di Francesca Spatafora, la bravissima direttrice del Museo Salinas di Palermo, che con la sua direzione aveva, letteralmente, riesumato un cadavere. Motivando il personale, organizzando una miriade di attività e tante manifestazioni all’aperto, e sapendole comunicare (soprattutto sul web). Aveva stretto un patto d’acciaio con l’assessore Tusa, che puntava su di lei per completare la collezione dei reperti. La Spatafora, del tutto disorientata di fronte all’accaduto, ha scelto Facebook per le sue riflessioni: “Poco più di un anno fa Sebastiano Tusa, in mia presenza, aveva chiesto ai suoi collaboratori di accelerare l’iter amministrativo per il finanziamento del completamento dell’esposizione del Salinas perché potessimo esserci lui e io a godere della riapertura di quella che, a vario titolo e per motivi diversi, era stata per noi una casa. Un tragico destino da un lato e una volontà politica dall’altro – ha proseguito la direttrice – hanno reso irrealizzabile questo sincero e disinteressato desiderio”.
Manterrà l’interim per qualche giorno, in attesa che il Dipartimento mandi qualcuno al suo posto. Poi andrà a dirigere il neonato Parco di Solunto, Himera e Monte Jato, nel Palermitano. Quella che – forse – agli occhi di tanti appare una sorta di consacrazione, agli occhi della Spatafora non lo è. E’, semmai, l’interruzione di un cammino, di un progetto. Ben più importante di un qualsiasi scatto nel curriculum, o di qualunque attestato di merito. Se Musumeci avesse voluto premiarla per la sua condotta, avrebbe potuto chiederlo. E trovare insieme il modo. Anche da un punto di vista economico – questa è una delle altre molle che ha fatto scattare il “rimpasto” ai Beni Culturali – non esistono vantaggi: Spatafora andrà a guidare un ente che lo scorso anno ha incassato la miseria di 32mila euro.
Altre sostituzioni che appaiono difficili da comprendere – alla luce dei risultati e, se vogliamo, della destinazione finale – sono il declassamento di Salvatore Gueli dalla soprintendenza di Caltanissetta al piccolo Parco di Gela, di Enrico Caruso dal Parco di Selinunte a quello di Marsala-Lilibeo (appena 58 mila euro d’incassi nel 2018), e di Vera Greco da Taormina (che, grazie al teatro, ha incassato oltre 7 milioni nell’ultimo anno) a Morgantina (2,7 mln). Oltre al trasferimento dell’architetto Calogero Rizzuto dalla soprintendenza di Ragusa (al momento rimasta scoperta, come Caltanissetta) al Parco di Siracusa che, come evidenziato qualche tempo fa nel blog del giornalista Toi Bianca, appare “un’anatra mutilata alla nascita” a causa di problemi legati alla sua perimetrazione (in una lotta spasmodica tra ambientalisti e palazzinari), al numero esiguo di unità operative e alla composizione del nuovo comitato tecnico-scientifico che si occuperà delle decisioni più importanti. Spostamenti sospetti, di chiara matrice politica. Salutati, però, con ottimismo e parecchia enfasi dal governatore: “Ho voluto dare un segnale di immediata operatività, mettendo in atto una rotazione dei dirigenti nell’ottica che tutta l’amministrazione, a partire dal sottoscritto, non deve considerare la propria posizione come un fatto consolidato e garantito nel tempo. E’ giusto e opportuno che movimenti sul territorio portino linfa vitale ai nostri luoghi della cultura”.
Sarà. Ma tornando ai capisaldi dei nuovi parchi, una cosa balza all’occhio. Che sull’altare della politica, spesso e volentieri, si finisce per sacrificare le competenze. Così a capo dei 14 parchi archeologici siciliani, sono appena 5 i direttori che di mestiere, va da sé, risultano archeologi (e nelle soprintendenze non va meglio: il rapporto è di 9 a 4). Se ciò accade – interviene Giovanni Distefano, neo direttore del parco di Kamarina e Cava d’Ispica, a metterci l’anima in pace – “dipende soprattutto dalla legislazione. In Sicilia essere dirigente dei beni culturali equivale a possedere uno status da manager. Ecco perché, a volte, uno storico dell’arte o un architetto ricopre un ruolo che stride con la natura di un sito… Esiste una legislazione, ok. Ma questo non vuol dire che tutti siamo buoni per tutto. Bisogna sempre raggiungere l’optimum”. E’ schietto Distefano. Ammette che un problema di competenze esiste e, da archeologo, di aver diretto musei e siti archeologici, “ma anche la casa-museo di Giovanni Verga, pur non essendo uno storico della letteratura”.
Adesso torna alle origini. Il Parco di Kamarina e Cava d’Ispica, nel Ragusano, è stato istituito di recente: “Con la nuova organizzazione della struttura territoriale dei Beni culturali, i parchi sostituiscono i poli museale. Io e gli altri colleghi ereditiamo le stesse competenze di prima, legate alla ricerca, alla tutela, alla promozione e alla valorizzazione dei siti”. Ci sono, però, anche dei fatti nuovi. “Tutte le previsioni progettuali di privati o enti pubblici che ricadono all’interno delle perimetrazioni del Parco, saranno oggetto di valutazione da parte della soprintendenza e dalla direzione del parco”. Ma la novità più ghiotta è un’altra: “Gli introiti garantiti dallo sbigliettamento saranno a disposizione del comitato scientifico, che potrà decidere a quale capitolo destinarli”.
Si chiama autonomia gestionale e, volendo, finanziaria. Sebbene, per molte strutture, appare complessa una sostenibilità economica duratura: “Nelle previsioni legislative sono state previste delle compensazioni fra le grandi aree e quelle minori, come nel caso di Kamarina. – spiega Distefano – E queste compensazioni ci dovrebbero permettere di sopravvivere, vivere, e magari progettare. Poi in assessorato ci sono sempre i capitoli di spesa del Dipartimento dei Beni culturali, non è che spariscono. Almeno, voglio sperare di no. Bisogna riuscire a calamitare finanziamenti extra regionali che ci possono garantire il salto di qualità. Siamo in piena sperimentazione, ma non occorre fasciarsi la testa. Non ancora. Lavoriamo e rimbocchiamoci le maniche. Se poi ci sarà da correggere qualcosa, lo faremo”.
Il parco archeologico non deve ridursi a un’esperienza di apprendimento passivo, secondo Distefano: “Prenda il piccolo museo di Kamarina. Sono in corso dei lavori, per 5 milioni di euro, che prevedono nuove pannellature, un’esperienza touch screen, la realtà aumentata, la piena accessibilità per i portatori di handicap. Attraverso le nuove tecnologie cerchiamo di veicolare degli standard europei. Il visitatore deve sentirsi a proprio agio, senza essere privato del piacere della scoperta e della ricerca. Per andare in questa direzione, dobbiamo puntare a una gestione più localistica. Non per sottrarci all’autorità centrale – siamo sempre a contatto col Dipartimento – ma è necessario integrare questa realtà alle forze locali, ai comuni, ai flussi turistici. Attraverso delle soluzioni museografiche – sia tradizionali che all’aperto – orientate a forme di fruizione sempre più consapevole. Puntando a far ruotare le collezioni, per affascinare la gente. Il parco archeologico dovrà diventare un motore di cultura”.
L’ultimo tema, non per ordine d’importanza, è legato ai profili professionali. Dei direttori s’è ampiamente discusso, ma anche il personale deve rispondere a precise esigenze: “Un grande traguardo lo puoi raggiungere soltanto con le persone giuste – chiude Distefano – Bisogna avere custodi, disegnatori, fotografi, assistenti di scavo, geometri, archeologici, storici dell’arte, addetti, dirigenti e funzionari amministrativi. Bisogna mettere tutto a sistema e ragionare in modo forte e univoco. E’ quello che voleva Sebastiano Tusa”. L’alba di un nuovo giorno. Ma con le persone giuste.