Vita breve quella dei ‘ronzulliani’, la corrente più effimera della politica. “Sono come i rettiliani. Non esistono”, dice con una battuta Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera e battitore libero: “E neppure i tajaniani esistono. Siamo tutti figli di Berlusconi”. Battute a parte, i figli – elettivi – del Cav sono a rischio diaspora. La staffetta tra Licia Ronzulli e Maurizio Gasparri segna la fine di un’area politica nata male e tenuta in piedi dalla sola presenza di Silvio Berlusconi. Venuti alla luce con l’insediamento del governo, i ronzulliani si sono dissolti un anno dopo. Ora che Licia ‘ha perso il tocco magico’ – ironizzano nel partito – non c’è più motivo di stare con lei”.
Andrà a fare la vicepresidente del Senato al posto di Maurizio Gasparri, se domani alle 12 l’aula di Palazzo Madama asseconderà lo scambio (le opposizioni non voteranno). L’ex An, invece, è il nuovo capogruppo di Forza Italia. Lei un ruolo più istituzionale. Lui uno più politico. Il giro di giostra alimenta dietrologie, se non altro perché Gasparri fino a ieri smentiva: “Tutto falso. Ciascuno resta dove sta”, diceva. Ma Tajani confermava e all’assemblea del gruppo in serata, Ronzulli prendeva atto di non avere più la fiducia del gruppo. Lei oggi in aula ha detto il contrario (“Mi permetta presidente di ringraziare il mio gruppo che non mi ha mai fatto mancare collaborazione, sostegno e affetto”). Ma il “sostegno” in realtà era svanito da tempo. Già in due occasioni Ronzulli l’aveva scampata, ricordano a taccuini chiusi fonti azzurre di Palazzo Madama. La prima quando fece mancare il voto del gruppo per l’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza. “Rovinò il rientro di Berlusconi”, dicono ora gli azzurri. Ma in quell’occasione non se ne fece nulla perché fu Berlusconi stesso a prendere tempo. Di lì a qualche mese il Cavaliere aveva in programma un più corposo rimpasto che avrebbe dovuto interessare anche Ronzulli.
E invece a marzo è stato sostituito solo il suo pari grado alla Camera, Sandro Cattaneo, che ha lasciato la carica di capogruppo a Paolo Barelli. Anche l’avvicendamento di Ronzulli era pronto, ma il senatore che doveva prenderne il posto, Mario Occhiuto, fu colpito da una condanna in primo grado che ne frenò la corsa. Il cambio della guardia di ieri è avvenuto dunque perché i tempi erano maturi da un po’: Ronzulli paga la diffidenza di Giorgia Meloni, che non la volle nell’esecutivo. E poi la scomparsa di Berlusconi e il fatto di non aver mai legato con la famiglia. E inoltre l’ostilità di Marta Fascina (e dei suoi fedelissimi da Tullio Ferrante ad Alessandro Sorte), e infine l’ascesa di Claudio Lotito. Il patron della Lazio è il nuovo uomo forte dei forzisti, piazzato al crocevia della commissione Bilancio, dov’è vicepresidente e dove con Damiano Damiani assicura i numeri decisivi nelle votazioni. Fin dal suo ingresso al Senato fece capire di non essere un uomo a disposizione della senatrice. “Che me faccio comandà da lei? Nun esiste…”, ebbe a dire. Proposito tanto più valido oggi che con Claudio Fazzone, Lotito controlla un buon numero delle 100mila tessere appena staccate da Forza Italia. “Ronzulli non poteva rifiutarsi di fare un passo indietro. Tanto più che è stata ben ricompensata”, spiegano fonti azzurre. Lo scambio con Gasparri viene letto anche in chiave congressuale (l’assise si terrà il 24 e 25 febbraio prossimi). Ronzulli sarà una dei 4 vicesegretari – per gli altri tre circolano le ipotesi dello stesso Lotito, di Renato Schifani e di Mario Occhiuto – facilitata in questo dall’essere l’unica donna del gruppo di vertice e di essere del nord. “Di fatto i ronzulliani del Senato sono evaporati: Damiani sta con Lotito, Zangrillo si fa i fatti suoi, Rosso idem… Alla Camera, poi, non ci sono mai stati”.
Più difficile da capire il motivo per cui Maurizio Gasparri abbia accettato di svolgere il ruolo di capogruppo, incarico che aveva già ricoperto e che ha ostinatamente rifiutato per molto tempo. Tra gli azzurri invitano a ricordare l’attacco del senatore a Sigfrido Ranucci di Report in commissione di vigilanza, quello con la carota e il cognac. E lo interpretano come una mossa preventiva. “Quando uscirà il servizio di Report che riguarda Gasparri, con le sue rivelazioni, lui potrà dire che lo attaccano per il suo ruolo politico”. Pare un po’ debole come motivazione. Nell’assemblea di gruppo ieri sera è stata sollevata anche la necessità avanzata da Palazzo Chigi di mettere in riga i partiti a cominciare da Forza Italia, ora che si entra nel vivo della manovra. Peraltro al Senato inizia anche l’iter dell’autonomia differenziata e delle riforme. In questo senso l’incarico a Gasparri servirebbe a riportare l’ordine. L’avvicendamento è stato accolto con molte perplessità dalla nuova leva, che si preoccupa della tenuta di Fi alle Europee. “Tajani, Gasparri e Barelli sono tutti romani. Tutti della vecchia guardia e non brillano per consensi”, riflettevano i deputati azzurri in Transatlantico. Contento è invece Matteo Renzi. Lui ha lanciato l’opa su Forza Italia e spera di rimpolpare con i transfughi azzurri il gruppo di Italia viva. Ma non solo questo. Il capo di Iv spera che il ritorno all’antico di Forza Italia, orfana di Berlusconi, possa aiutarlo nelle urne.