Il giorno che ho deciso di prendere laicamente i voti, ed entrare in clausura anche se H24, è stato quello in cui ho letto il piano di viabilità urbana in vista dell’imminente visita di Papa Francesco a Palermo, sabato prossimo, 15 settembre: un burocratico copia-e-incolla dell’ordinanza municipale su giornali, siti istituzionali e non, blog, foglietti parrocchiali e commentato nelle sedi più disparate, dai salotti radical-buonisti al banco di Salvino “il cozzàro”. Niente di serio, per carità, nessuna tensione melodrammatica sul genere Yvonne Sanson ne “I figli di nessuno” o simil-Broadway come Whoopy Goldberg in “Sister Act”. Solo un piccolo piano di sopravvivenza umana racchiuso in tre semplici parole: chiudersi in casa. Si potrebbe optare, in verità, per un piano B, anche quello sintetizzato in tre parolette – andare fuori città – ma in questo caso un residuo di rischio resta (rimanere intrappolati nei divieti di circolazione in uscita e al rientro), dunque meglio la soluzione claustrale che può anche consentire alcune forme di riscatto individuale e inatteso accrescimento dell’autostima quali tentare finalmente di riparare l’anta dell’armadietto del bagno che crolla ogni volta che prendi il phon, preparare il soufflé senza pensare al suicidio col gas se nel forno non si gonfia (addio, bagnomaria crudele!) o leggere impavidamente le ultime 50 pagine della saga di Elena Ferrante senza temere che la tua prossima scelta cada necessariamente sulla Collezione Harmony.

Anche perché – diciamocelo chiaro – questo piano di viabilità urbana, senza entrare in tecnicismi che non ci competono, ha qualcosa di sadico nella sua esposizione. Parte, ovviamente, dal “cuore” dell’evento – il Foro Italico, dove si sta già allestendo un palco che Lady Gaga scànsati – prendendolo molto ma molto alla larga, diciamo dall’Ucciardone quasi fino all’ingresso della città lato Bandita o su di lì, e si allarga piano piano a macchia d’olio, sale per via Lincoln-Stazione Centrale, abbraccia Brancaccio e si sposta poi, improvvisamente, come per un colpo di teatro, al Politeama, via Libertà e limitrofo centro commerciale. Fate i conti, ovviamente, con quello che accadrà – nonostante le innumerevoli imitazioni di servizio pubblico funzionante che Palermo vanta nel mondo – al margine di tutto questo perché ci saranno i “panormosauri” che non rinunceranno all’auto: roba da restare confinati tra Villabate e la Statua, e vabbè, peggio per loro, o radunarsi tutti, a mo’ di rifugi antiatomici, nei centri commerciali, a far la spola tra nuovi arrivi di primo autunno e piatto kebab + bibita 5 euro.

Cerchi conforto negli amici romani. I più disinvolti ti raccontano che il Papa per muoversi nella Caput Mundi mica fa tutto ’sto casino (capirai, sta a casa sua) e quasi ha il pass per percorrere il Corso in Smart semmai gli servisse un paio di scarpe a buon prezzo. I più catastrofici – zona Prati – ti raccontano d’essere costretti ogni mercoledì “alla pajata de mi sòcera” pur di non tornare a casa perché con l’udienza generale è “n’apocalisse…” (esagerati).

Capirete adesso perché la scelta dell’autosegregazione. O ci sarebbe una terza soluzione – un piano C – ma solo, per favore, se spinti da un afflato sincero, da una rinnovata voglia di spiritualità, scevri dal presenzialismo che sfrigola nei cuori poco nobili delle province dell’impero: andare – a piedi, naturalmente – a vedere e ad ascoltare il Papa. Con due certezze: che una benedizione non si nega a nessuno; che Dio è grande ed è indulgente anche sul patetico tentativo di bricolage, sul soufflé ammosciato e sulle guaglione sciuè-sciuè della Ferrante.