Se il mistero sui bilanci della Regione s’infittisce, è anche merito (o colpa?) di una interrogazione presentata dal deputato regionale del Partito Democratico, Nello Dipasquale. Riguarda il conferimento di un doppio incarico esterno, da parte del presidente della Regione Nello Musumeci, alla società Kibernetes e all’ex assessore alle Finanze di Caltagirone, Massimo Giaconia. La prima, composta da fior di professionisti, dovrà appurare il valore dei residui attivi e passivi di bilancio attraverso un riaccertamento straordinario, allo scopo (si spera) di fare recuperare dei soldini alle casse martoriate dell’ente; il secondo, professione commercialista, a lungo in predicato di entrare nel Cda di Riscossione Sicilia, oggi tax partner dello studio associato di Milano “Baker&McKenzie”, è invece incaricato di rinvenire eventuali diseconomie e ricercare un modo per razionalizzare la spesa. Non è più tempo di vacche grasse.
L’ultima operazione-verità eseguita dagli uffici della Regione, in proprio, aveva portato a galla un buco da 400 milioni di euro che, in piena estate, aveva costretto la giunta a esitare un nuovo rendiconto da sottoporre alla valutazione della Corte dei Conti, il cui verdetto (tecnicamente si chiama “giudizio di parifica”) è atteso per metà dicembre. Stavolta, allo scopo di raschiare il fondo del barile e far quadrare i conti, Musumeci ha preferito accantonare i professionisti presenti all’interno dei due dipartimenti dell’assessorato all’Economia, e lo stesso assessore Gaetano Armao (da sempre lodato in pubblico), e affidare l’incarico all’esterno. Una decisione che ha sollevato i rimbrotti di Dipasquale, dato che le prestazioni della Kibernetes costeranno alle casse della Regione oltre 36 mila euro.
Da qui l’interrogazione del deputato “dem”, ex sindaco di Ragusa: “Questi due incarichi – spiega Dipasquale – dovrebbero aver l’obiettivo finale di individuare “possibili azioni correttive” da essere utilizzate dagli Uffici Regionali per migliorare quanto più possibile il risultato d’amministrazione in previsione della chiusura del rendiconto 2019. Tuttavia, sempre nell’ottica di un sempre più oculato metodo per impiegare le risorse regionali, mi permetto di segnalare che questi compiti sono già svolti dal personale dell’Assessorato di riferimento” che “è formato da due dipartimenti con relativi dirigenti generali e con più di 400 dipendenti a cui sono attribuiti diversi compiti, tra i quali l’esame dei documenti contabili e finanziari, la vigilanza sugli enti regionali e i controlli interni all’Amministrazione per la verifica della regolarità amministrativo-contabile”.
Una disamina che porta a una serie di domande. Logiche e legittime insieme: “Ho chiesto a Musumeci le reali motivazioni che l’hanno spinto alla scelta della società e del superconsulente in oggetto, quali sono stati i criteri di valutazione e a che costi questa operazione è avvenuta. Infine, ma non meno importate, se è stata verificata l’assenza dei requisiti necessaria a ricoprire l’incarico tra i 400 dipendenti dell’Assessorato regionale dell’Economia, funzionari e dirigenti generali”. Insomma, è stata fatta oppure no una ricognizione? Dipasquale qualche dubbio ce l’ha. Secondo l’ex sindaco di Ragusa, che tira in ballo un pronunciamento della sezione controllo della Corte dei Conti del Piemonte, l’incarico esterno sarebbe stato conferito senza la previa procedura comparativa prescritta dall’articolo 7, comma 6 bis, del decreto legislativo 165/2001.
E qualche dubbio dovrebbe avercelo pure Armao, che invece non batte ciglio. Aver affidato all’esterno un incarico che sarebbe nelle corde dei suoi dipendenti, è una mossa quanto meno inusuale. Soprattutto alla luce dei generosi complimenti che Musumeci ha rivolto al suo assessore all’Economia, sia pubblicamente (durante il dibattito sulla questione finanziaria a Sala d’Ercole) che in privato. In tanti, a partire dal Movimento 5 Stelle, hanno interpretato la scelta di Musumeci come un commissariamento di Armao, che negli ultimi mesi non ha certo brillato su alcune operazioni legate ai conti, tanto meno sulle ex province. Ed è celebre il pasticcio sulla password per accedere ai server di Sicilia Patrimonio Immobiliare, utile a “leggere” i dati del censimento dello scandalo.
Se Musumeci continui a fidarsi o meno del suo Gaetano non è dato sapersi, anche se all’orizzonte, nel rimpasto promesso a Forza Italia per gennaio, il suo nome ha ripreso a traballare. Armao non è più in una botte di ferro. A spingere per la sua “cacciata”, oltre al malumore del partito – che lo ha comunque invitato alla kermesse che si terrà nel fine settimana a Viagrande – c’è anche il rapporto (ai minimi termini) con il personale dei due dipartimenti che sottendono all’assessorato all’Economia: Bilancio, Tesoro e Ragioneria generale da un lato, Finanze e Credito dall’altro.
Nello scorso settembre il ragioniere generale Giovanni Bologna è stato nominato ad interim alla Funzione Pubblica, dove spera di “svernare” nei prossimi mesi. L’obiettivo è lasciare la Ragioneria entro gennaio, come avrebbe confessato al presidente della Regione (chissà che al suo posto non possa arrivare proprio il super-consulente Giaconia). E anche la dottoressa Benedetta Cannata, dirigente generale del dipartimento delle Finanze e del Credito, potrebbe cambiare aria (anche se Musumeci l’avrebbe convinta a rimanere in sella almeno fino a febbraio). Tra gli uffici e l’assessore non c’è grandissimo feeling. In tanti, fra i dipendenti, avrebbero chiesto e ottenuto negli ultimi mesi di andare via.
Ma anche con gli altri colleghi i rapporti non sono idilliaci, e c’è un fatto che spiega il perché. La chicca arriva da Gela, la circoscrizione in cui è stata eletta alla Camera dei Deputati la compagna del vice-governatore, Giusi Bartolozzi, e in cui lo stesso Armao, alle ultime Amministrative, si è schierato al fianco della Lega per eleggere come sindaco Giuseppe Spata (tentativo fallito). Attraverso un consigliere comunale del posto, Salvatore Scerra, Armao avrebbe reso di dominio pubblico la revoca di una delibera di giunta che rimodula i fondi del Patto per il Sud, che il governo Musumeci si era impegnato in buona parte a spostare dalla città dell’ex Petrolchimico (dove erano stati dirottati ai tempi di Crocetta) ad alcune zone del Catanese e a progetti di più ampio respiro. Anche stavolta il mega-assessore, la cui decisione non coincide con quella della giunta e “tecnicamente” non ha l’autorità di revocare una delibera, ha fatto il passo più lungo della gamba. E ha agito di prepotenza, attirandosi le ire di Mimmo Turano, l’assessore alle Attività Produttive che aveva firmato il provvedimento.
Alla prova dei fatti, l’unico a credere ancora nelle potenzialità del suo “pupillo” sarebbe Silvio Berlusconi, che rimane tangente alle questioni sicule: ma era stato il Cavaliere di Arcore a indicarlo come candidato governatore prima e come spalla di Musumeci poi. Lo stesso Musumeci, negli ultimi giorni, sembra aver modificato il suo giudizio nei confronti del viceré che ha condizionato pesantemente e negativamente le politiche economiche del suo governo e – perché no – i rapporti con il principale partito della coalizione e con l’aula. La difesa a oltranza di Armao non ha dato i suoi frutti: né in un verso né nell’altro. Abbattere il muro sarebbe il primo passo per rasserenare i rapporti tra le varie componenti della maggioranza e riavviare i motori. Prima che diventi troppo tardi.