Ah, l’amaro vento. Verrebbe da citare il poeta per meglio descrivere il punto di svolta in cui è finita la baldanzosa vita dell’avvocato Gaetano Armao. Per anni le ha vinte tutte: all’Amat, all’agenzie delle Entrate, al Tribunale civile di Palermo, al Teatro Massimo, persino all’Istituto delle case popolari. Ha vinto cause e vertenze, ha rastrellato incarichi e consulenze, ha incassato parcelle milionarie, ha conquistato la fiducia di boiardi e avventurieri – da Ezio Bigotti ad Antonello Montante a Stefano Ricucci – ed anche il cuore di due politici, come Silvio Berlusconi e Nello Musumeci, che gli hanno consegnato potere e prestigio aggratis, come si dice a Roma: cioè sulla parola, senza mai sottoporlo a una prova elettorale.
Ora però la ruota comincia a girare in senso inverso. Nel giro di un mese, Armao ha perso clamorosamente il braccio di ferro con l’Amat, l’azienda dei trasporti di Palermo: non avrà i tre milioni che chiedeva per un incarico che la sentenza definisce “fantasma” e dovrà anche pagare ventimila euro di spese legali. E ha perso pure lo scontro con l’Agenzia delle Entrate, alla quale dovrà versare oltre seicento venticinque mila euro.
Ma l’amaro vento potrebbe anche non fermarsi qui. Stando alla sentenza depositata l’altro ieri dalla Commissione tributaria regionale, presieduta da Pino Zingale, l’avvocato Armao – che è anche assessore all’Economia e vice presidente della Regione – tutte quelle tasse avrebbe dovuto versarle dieci anni fa. In ogni caso ha rivendicato il suo diritto a non pagare negli ultimi anni e lo ha fatto da assessore all’Economia, cioè nella qualità di “controllore” di Riscossione Sicilia, un carrozzone della politica che ha svolto fino all’ottobre del 2021 le funzioni dell’Agenzia delle Entrate. L’onesto Musumeci, governatore della Sicilia, non avrebbe dovuto sospettare che ci fosse, in una vertenza tra controllore e controllato, quantomeno un conflitto di interesse?
Per carità, Armao – da uomo forte della Regione – non è disposto a inghiottire il rospo e annuncia un ricorso in Cassazione. Pensate: con una dichiarazione ingarbugliatissima e piena zeppa di messaggi trasversali, muove anche un rimprovero di cattivo gusto al presidente della Commissione tributaria regionale Zingale che, manco a dirlo, è anche procuratore della Corte dei Conti. La sfida con l’Agenzia delle tasse dunque è destinata a non fermarsi. Il conflitto di interesse tra controllore e controllato continuerà ad esistere – la Regione ha comunque il controllo sulle entrate – e Musumeci continuerà puntualmente a voltarsi dall’altro lato: è difficile che trovi il coraggio di affrontare a muso duro Armao, che da quattro anni fa parte del suo cerchio magico. Tutto questo succede proprio nei giorni in cui questa sventurata Sicilia onora il martirio di Giovanni Falcone ed alza al cielo la bandiera della legalità.