Il ritorno dalle vacanze non sorride a Gaetano Armao, che come i ragazzini a scuola dopo tre mesi al mare, si è presentato in aula impreparato. In realtà, Armao in aula deve ancora metterci piede. Probabilmente lo farà la settimana prossima, per spiegare passo passo i motivi dei conti disastrati della Regione siciliana, di cui lui è il primo responsabile. Per il momento ha fornito una versione sgualcita di se stessa, accampando scuse, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Musumeci per spiegare ai giornalisti cosa sta succedendo nei palazzi del potere siciliano. Dove tutte le leggi di spesa sono state bloccate perché non c’è più un euro.
Eppure – come denuncia Gianfranco Miccichè in una nota (ha specificato che non si tratta di un dossier vero e proprio) che martedì sarà letta ai deputati a palazzo dei Normanni – era stato Armao, a febbraio, a “suggerire” l’approvazione di una Finanziaria snella, e che al resto avrebbe pensato il collegato (arenato martedì scorso in quinta commissione); ed era stato Armao a garantire coperture per 40 milioni di euro che poi si sono improvvisamente liquefatte (“Ha fatto fare a tutti una figura di m…” ha detto Miccichè). Ed era stato sempre lui, Gaetano Armao, ad aver scoperto l’8 agosto, a seguito di una nefasta operazione-verità richiesta della Corte dei Conti e con l’Ars già in vacanza, che la Regione aveva accumulato un ulteriore disavanzo da 400 milioni, senza però premunirsi di stoppare la riscrittura del maxi collegato a cui lavoravano il presidente dell’Ars e il presidente della seconda commissione, Riccardo Savona. Entrambi del suo stesso partito.
Ora Miccichè ha perso le staffe, e dopo averne chiesto la rimozione dalla giunta la scorsa primavera, perché non più rappresentativo di Forza Italia (andò contro il partito nella corsa a Bruxelles di Giuseppe Milazzo, preferendo il sardo Salvatore Cicu, e alle Amministrative di Gela, scegliendo il candidato della Lega), lo mette spalle al muro perché non sarebbe riuscito a fare bene il suo lavoro (una tesi già sollevata qualche mese fa, quando Armao consegnò alla Sicilia un patto criminoso sulle ex province, il cui sostegno passò dall’utilizzo di somme sottratte agli investimenti, e fu di gran lunga inferiore a quello richiesto inizialmente da alcuni parlamentari nazionali di Forza Italia). In queste ore il coordinatore siciliano di Forza Italia ne parlerà anche a Silvio Berlusconi, ma nel corso di un’intervista ha specificato che non chiederà le dimissioni del vice-governatore: utilizzerà la vetrina dell’Ars “solo” per respingere l’attacco al Parlamento siciliano da parte della “premiata ditta” (di cui fa parte anche Musumeci).
Ma non c’è soltanto la voce di Micciché. Sia il Movimento 5 Stelle che il Pd ritengono Armao responsabile della stasi della Regione. Antonello Cracolici gli ha imputato lo smantellamento delle centrali uniche di committenza della Sanità, con l’affidamento degli appalti ad altre regioni, fra cui Liguria e Lombardia: “Se Armao non sa fare bene il suo lavoro – ha detto il deputato “dem” – lo aiutiamo noi con una mozione di sfiducia”. E fuori da tutto questo, che si chiama attualità stringente, c’è anche un’altra questione. Riguarda la “partecipazione” del vice-governatore alla vicenda di Sicilia Patrimonio Immobiliare e a uno scandalo da 110 milioni di euro su cui ha preso a indagare la commissione regionale Antimafia presieduta da Claudio Fava. Per capire a chi appartengono le responsabilità politiche di un tale spreco di denaro. Armao – che nel 2010 diventava assessore all’Economia di Raffaele Lombardo, e sette anni dopo, nel medesimo ruolo, sarà scelto anche da Musumeci – è sempre dove non dovrebbe essere. Qualche mese fa Buttanissima ne scriveva un ritratto per mettere a nudo le mille contraddizioni di un avventuriero prestato alla politica. Eccolo.