Domani è il giorno del verdetto: la decisione sarà presa nel corso della giunta in programma nel pomeriggio. Ma Renato Schifani è in difficoltà: pensava di sfruttare la sponda di Giorgia Meloni per anticipare le Amministrative siciliane al 14-15 maggio, ma Fratelli d’Italia – il partito della Meloni – non ha ancora concesso il nullaosta. E come accade sempre più spesso, il parere dei patrioti, anche in Sicilia, è vincolante.
La resistenza di FdI dipende da Catania. Cioè dalla (mancata) quadratura del cerchio per individuare il prossimo candidato a sindaco nella città etnea, a lungo amministrata da Salvo Pogliese. FdI non rinuncia al candidato di bandiera – il favorito resta Ruggero Razza (ma restano due validi opzioni anche Parisi e Arcidiacono, ex assessori comunali) – ma non ha fatto i conti con la Lega, che ha già manifestato l’intenzione di schierare Valeria Sudano, compagna del vicepresidente della Regione, Luca Sammartino. Nessuno molla un centimetro, e due settimane di riflessione supplementare potrebbero fare comodo. Per altro Catania è una città su cui le influenze di Fratelli d’Italia sono notevoli: basti pensare alla prima carica dell’Ars, Gaetano Galvagno, passando per l’ex governatore Nello Musumeci e, soprattutto, Manlio Messina, attuale vicecapogruppo alla Camera. Sono loro a dare le carte e Schifani, come già accaduto nel passato più recente (dalla scelta degli assessori, al caso Cannes) non potrà mettersi di traverso.
Infatti, dopo aver condiviso l’ipotesi di un Election Day, è tornato sui suoi passi: “Se più forze politiche dovessero manifestare l’esigenza di mantenere il voto di fine mese, valuterò insieme alla coalizione la possibilità di mantenere la data di fine mese che non comporta costi aggiuntivi per l’amministrazione regionale”, ha detto il governatore. Che però si è fatto garante “per individuare una candidatura inclusiva che consenta al centrodestra di andare unito”. Con questi chiari di luna non sarà una passeggiata.