Cateno ha smarrito la via dell’opposizione

De Luca di Sud chiama Nord

Che Cateno De Luca abbia perso la strada, dopo neanche un paio d’anni di legislatura, è un peccato per la politica e per la Sicilia. Sembrava, con la folgorante campagne elettorale del 2022, di poter rappresentare davvero l’alternativa a una classe politica che – nonostante l’alternanza (da Crocetta a Musumeci) – era lo specchio del fallimento. E lo sembrava a maggior ragione dopo la sconfitta: i siciliani sognavano un’opposizione decisa, cazzuta, spietata che mettesse Schifani alla prova del buongoverno e soprattutto lo inchiodasse sulla gestione del sottogoverno. Invece il centrodestra ha pasteggiato con le nomine, occupato la sanità e le partecipate, tenuto in vita i carrozzoni, distribuito prebende senza che De Luca facesse nulla per impedirlo. Ha perso deputati (4 su 8) per strada, s’è fatto scippare la senatrice Musolino da Renzi, ed è stato incapace di fare “campagna acquisti” come i suoi colleghi con cui, adesso, non esclude di “ritrovarsi”.

Magari nel ruolo di spalla, cioè quel ruolo che in tutta la sua esperienza politica, non è mai stato in grado di interpretare. Non ha mai sopportato ingerenze, Cateno. Ma sembrava aver concepito un partito leaderistico in grado di tenere testa alle forzature, alle storture, alle infiltrazioni (non si parla di mafia, bensì di truffaldi a pagnottisti) che pervadono tutt’oggi la politica siciliana. Invece è andato a strappi, perché il suo leader, appunto, aveva altro a cui pensare: le Suppletive del Senato (a Monza), il progetto nazionale, la maxi coalizione per le Europee. Sud chiama Nord è stato un grande suk per esperimenti di ogni tipo.

La Sicilia è rimasta sullo sfondo, ma era difficile spingersi a prevedere un accordo a tavolino con Arianna Meloni – così racconta l’edizione palermitana di Repubblica – pur di rientrare in gioco. La Vardera, il più populista ma anche il più scevro da condizionamenti, si è già tirato fuori dal progetto e chissà quanti altri lo seguiranno. De Luca ha provando a stoppare l’emorragia assicurando di rimanere opposizione al governo Schifani, ma domani potrebbe mettersi al guinzaglio (se necessario) di una nuova classe dirigente, anche di destra, che lo trascini al successo: i Galvagno e i Tamajo, ci scommettiamo, scalpitano per arruolarlo.

Costantino Muscarà :

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