Ci sono cose che non cambiano mai e capovolgimenti, che invece, non smettono di stupire. Le prossime elezioni Amministrative siciliane (primo turno il 24 maggio, eventuale ballottaggio il 7 giugno) li contemplano entrambi. L’Isola, con i suoi 61 comuni al voto, per circa 750 mila elettori, è un laboratorio politico ma non troppo. Non dappertutto, quanto meno. A Bronte, ad esempio, sarà in campo per una poltrona da sindaco Pino Firrarello, ex assessore della Dc, originario di San Cono ma che ha già amministrato per dieci anni la città del pistacchio. All’apertura delle urne, il suocero di Giuseppe Castiglione (anch’egli sottosegretario in vari governi, da Letta a Gentiloni), avrà quasi 81 anni. Una vita in trincea. Da qualche tempo ha aderito nuovamente a Forza Italia, dopo aver seguito Angelino Alfano nell’esperienza del Nuovo Centro Destra, culminata in un tonfo assordante.
Ma non c’è solo Firrarello. Le prossime Amministrative proporranno ai nastri di partenza Innocenzo Leontini, ex assessore regionale all’Agricoltura e alla Sanità, reduce da un “semestre bianco” dopo l’esperienza da parlamentare europeo, che a Ispica – unico comune del Ragusano al voto – lancia la sfida all’uscente Pierenzo Muraglie, vicino al Partito Democratico. Leontini è già stato primo cittadino di Ispica nei primi anni ’90, quando militava nel vecchio partito socialista. Fra gli evergreen non va sottovalutato il ritorno di Giulia Adamo a Marsala, dove l’ex deputata del Pdl è già stata sindaca dal 2012 al 2014 prima che i giudici le infliggessero una condanna per abuso d’ufficio e la costringessero alle dimissioni: “Torno diversa, cambiata, anche perché sono invecchiata”, ha detto qualche giorno fa in conferenza stampa. Confermando che “io sono sempre stata di centrodestra”, anche se “il problema dell’appartenenza si supera” sull’altare di un progetto serio e condiviso. La Adamo, che ha alle spalle una carriera politica variegata (è stata anche presidente di provincia) è tuttora imputata nel processo sulle spese pazze all’Ars, assieme al sindaco di Catania Salvo Pogliese.
Le prossime Amministrative, però, non avranno solo il compito di riportare in auge alcuni personaggi del passato. Ma di proporre nuovi intrecci elettorali, in parte già sperimentati. Il caso più emblematico è quello di Enna, dove allo striscione del via potrebbero presentarsi insieme Forza Italia e Italia Viva. Riuniti sotto il nome di Maurizio Di Pietro, il sindaco uscente, anche se in chiave civica. Somiglia tanto, tantissimo, all’esperimento che l’anno scorso portò Lucio Greco – sostenuto dai berluscones (tranne Armao, che andò col leghista Spata) e dal Pd (in chiave faraoniana, all’epoca) – a diventare sindaco di Gela. Italia Viva sfonda al centro, anzi nel centrodestra, dato che la candidatura di Dipietro ha ottenuto l’appoggio degli Autonomisti e di Diventerà Bellissima. Renzi con Musumeci, che bellezza. Anche se Mario Alloro, responsabile di Italia Viva, arrivato qualche mese fa dal Pd, tende a sminuire la valenza “politica” dell’accordo: “Il progetto che abbiamo costruito è civico, non ci saranno simboli di partito in campo” ha detto al collega Fraschilla, di “Repubblica”.
Sarà, ma resta un bel laboratorio. Dall’altra parte della barricata tutti pendono dalle labbra di Mirello Crisafulli, il ras del Partito Democratico, che sarebbe a sua volta in attesa di un cenno da Cataldo Salerno, ex rettore dell’Università Kore di Enna (da qualche mese dimissionario). In campo ci sarebbe pure Luisa Lantieri, amica di Totò Cuffaro e deputata regionale di “Ora Sicilia” (ma reduce dal Pd crocettiano). Visto il rassemblement con Musumeci, sarebbe quasi d’obbligo scommettere sul sostegno a Dipietro, ma l’ex assessore alle Autonomie locali sembra pensarla diversamente e per questo si è lasciata una porta aperta: “Voglio prima vedere tutti i candidati”. Segno che di alleanze “classiche” in senso stretto non ne esistono più.
E qui il discorso ci porta direttamente da Enna ad Agrigento, dove la gestione delle candidature è persino più variopinta. I candidati di centrodestra potrebbero essere addirittura tre: il primo, quello più forte sulla carta, è l’ex sindaco Marco Zambuto, che nel 2014, nel pieno della seconda legislatura, decise di iscriversi al Pd di Matteo Renzi, diventando il presidente dell’assemblea regionale dei democratici. Poi dovette dimettersi per una condanna a due mesi e venti giorni di reclusione, incontrò Berlusconi ad Arcore e sancì il suo ritorno nel centrodestra. Ed è proprio nel recinto della ritrovata coalizione che si alimenta la sua candidatura, messa a punto durante una visita della scorsa settimana all’Ars. Oltre a Miccichè, il suo sponsor a palazzo dei Normanni è il deputato agrigentino di Forza Italia, Riccardo Gallo Afflitto. Su Zambuto confluiscono Fratelli d’Italia, Udc e Diventerà Bellissima. Con due eccezioni. La prima è la Lega, che non scarta l’idea di correre da sola. Più o meno si ripeterebbe il copione visto un anno fa a Caltanissetta: da un lato Michele Giarratana – il candidato forzista – dall’altro il leghista Oscar Aiello. Sapete già come andò a finire: dopo aver sfiorato il 40% al primo turno, Giarratana dovette inchinarsi al ballottaggio al grillino Roberto Gambino.
La stessa, identica situazione potrebbe riproporsi ad Agrigento se il Carroccio farà un distinguo. Anche in caso contrario, però, la situazione rimarrebbe frammentaria: l’autonomista Roberto Di Mauro, vicepresidente in carica all’Ars, ha già scelto di sostenere la candidatura “civica” del medico Franco Micciché, che gode di qualche simpatia nel Pd. Di Mauro e Zambuto non si parlano da anni: da quando, cioè, il gruppo consiliare dell’Mpa presentò una mozione di sfiducia all’ex sindaco, che da lì a poco avrebbe mollato la poltrona. In tutto questo, assume valore la scelta di Lillo Firetto, primo cittadino uscente, a correre con l’appoggio di alcuni movimenti civici. Mentre i “dem”, che vantano un assessore nella giunta attuale, stanno cercando di fugare gli ultimi dubbi, dovuti più che altro alla competizione interna fra il deputato regionale Michele Catanzaro e Giovanni Panepinto. Non è da scartare, tutt’altro, un brindisi a reti unificate per Franco Micciché (Italia Viva, invece, ha scelto di non partecipare), che in quel modo diverrebbe un serio candidato da opporre agli altri due. O agli altri tre, se solo la Lega lo volesse.
Il Carroccio, a questo giro, conta di portare a casa qualche poltrona. Da parte del commissario regionale Stefano Candiani, ad esempio, è già arrivato l’ok sulla candidatura di Damiano Masiano a Milazzo. Mentre è stata stroncata l’iniziativa assunta da Antonio Catalfamo (il capogruppo all’Ars) a Barcellona Pozzo di Gotto, dove è stato annunciato Pinuccio Calabrò a mezzo social ma senza passare dal partito. Bensì da un accordo bilaterale con Tommaso Calderone, deputato regionale di Forza Italia. Un atteggiamento che ha molto indispettito altri pezzi di coalizione, come Diventerà Bellissima, e costretto lo stesso Candiani a smentire, mostrando i muscoli: “È chiaro che in fase di definizione delle candidature ci possa essere un confronto serrato tra alleati, ma per rendere più semplici questi passaggi la Lega parteciperà sempre con la massima lealtà e parlando con una sola voce che in Sicilia è quella del sottoscritto e nelle province quella dei commissari provinciali che nella Lega sono gli unici titolati a compiere scelte politiche in quanto miei delegati nei rispettivi territori di competenza” ha scritto, in una nota, Candiani.
Un ultimo elemento su cui soffermarsi – ma l’attualità a cento giorni dal voto è ancora acerba – è in quanti dei 61 comuni chiamati al voto Pd e Movimento 5 Stelle vorranno mettere insieme le proprie esperienze, replicando quanto accaduto al governo del Paese. Per i grillini, forse, sarebbe l’ultimo istinto di sopravvivenza date le difficoltà ancestrali a far breccia nei territori.