Giorgia Meloni, da Porro, s’è tolta qualche sassolino dalla scarpa. Rivendicando il criterio del merito e ostacolando, alla radice, quello dell’amichettismo. Lo stesso che aveva permesso al Pd e alla sinistra, negli anni scorsi, di imporre talune scelte culturali, editoriali e, talvolta, personali. Mentre adesso che c’è la destra, nessuno – tanto meno il ministro Sangiuliano? – orienterebbe le decisioni sulla base dell’ideologia e dell’appartenenza. Almeno fino a Roma. In Sicilia, però, c’è un caso tutto da sviscerare.

Piccola premessa: nell’Isola il Pd e Crocetta fecero persino peggio, arruolando qualche personaggio che non ha avuto troppa fortuna né al cospetto dei giudici (vedi il cavalier Montante) né dell’opinione pubblica (come il senatore della porta accanto, Beppe Lumia). Ma anche il presidente Schifani dovrebbe attingere a piene mani dal vangelo secondo Giorgia e interrogarsi se i suoi metodi, intesi come la distribuzione di nomine e incarichi, trovino il riscontro delle competenze e del merito.

Tornando per un attimo alla Capitale: perché Meloni ha dovuto chiarire che è finito il tempo dell’amichettismo? Perché al Teatro di Roma, su indicazione del Cda, è stato nominato (e subito contestato) il nuovo direttore Luca De Fusco (proveniente dallo Stabile di Catania). “E’ una persona che ha, da quello che io apprendo, un curriculum di ferro sul piano culturale della competenza, non ha tessere di partito, non ha la tessera di Fratelli d’Italia, ma lo scandalo è che non ha la tessera la tessera del Pd…”, ha detto Meloni. Nell’Isola, a proposito di teatri, non sono mancate le perplessità sulla nomina di Andrea Peria a Sovrintendente della Sinfonica. Un’istituzione musicale prestigiosa, storica, vanto di questa terra, che negli ultimi anni è stata utilizzata come fosse una privativa.

Peria, come noto, non sarebbe in possesso dei documenti che attestino l’insussistenza di cause di incompatibilità. In pratica non ha mai dichiarato di occupare altre poltrone, perché semmai dovesse decidersi, la Foss rischierebbe di perdere un bel gruzzolo di finanziamenti (c’è una legge che lo impedisce). Poco importa che queste omissioni abbiano provocato le dimissioni del presidente del Cda, Gaetano Cuccio, e le denunce dei Revisori dei Conti. La politica non si muove, non giudica, non sbraita (come avviene per molto meno) perché il Sovrintendente è un fedelissimo di Renato Schifani, gli ha allestito una campagna elettorale perfetta (bastava non dire una parola per sconfiggere gli altri concorrenti) e ogni qual volta Forza Italia chiama, la sua ex società, ora gestita dalla moglie, risponde. Non ci sarebbe alcun motivo di metterlo alla gogna e nemmeno in cattiva luce.

Ma l’Orchestra Sinfonica era una privativa anche prima di Peria: per anni, l’ex assessore Manlio Messina ha sopperito alla decadenza del Cda nominando un commissario straordinario a lui legatissimo: Nicola Tarantino, già presidente della Sicilia Film Commission. Mentre il Direttore artistico, prima dell’addio della scorsa primavera, era Gianna Fratta, direttrice d’orchestra fra le più stimate e moglie del cantautore Piero Pelù. La stessa Fratta che – dato il prestigio, il lignaggio, le competenze – era stata nominata project manager delle Celebrazioni Belliniane (iniziativa controversa costata circa 3 milioni alle casse regionali) col compito di “coordinare unitamente al Dipartimento Turismo la realizzazione del complesso delle attività nonchè di selezionare gli spazi idonei alla esecuzione delle diverse attività”. Costo dell’operazione 102 mila euro.

Nello scrigno “maledetto” di Piazza Politeama, a proposito di amichettismo, s’è infilata recentemente anche Beatrice Venezi, per la quale non servono presentazioni. I due concerti che Peria ha affidato alla Direttrice artistica di TaoArte (altro giro, altra nomina di Fratelli d’Italia) sono un unicum per la Sinfonica. E probabilmente fanno da preludio a un altro ruolo di prestigio: quello di Direttore artistico, che fu appunto della Fratta. Venezi non fa nulla per smentire. A proposito delle abilità della patriota, però, è arrivata una picconata: “Sarebbe stato più facile suonare senza di lei”, dicono gli orchestrali della Sinfonica. Risentiti per la direzione dell’ultimo concerto (con replica), hanno riservato il classico tributo (battendo i piedi sul palco) solo al violinista serbo Milenkovich. E la Venezi? “Dopo le prove d’orchestra abbiamo avuto dei problemi con la direttrice e abbiamo concordato con i colleghi più giovani di non guardarla in modo da riuscire a coordinarci concentrandoci solo sull’ascolto reciproco: ce la siamo dovuta cavare da soli perché i gesti di Venezi non erano coerenti con l’esecuzione musicale”.

Tornando ai casi più emblematici di amichettismo, mettendo da parte le disgrazie della Sinfonica, ce ne sono alcuni celebri. Quello di Giovanna Volo: consigliata a Schifani da Elio Adelfio Cardinale, è stata nominata assessore alla Salute, il ruolo più delicato dell’intera amministrazione. E pur non avendo battuto un colpo – solo tonfi in un anno di legislatura – il governatore non ha trovato il tempo né le parole per rimuoverla. Niente. L’assessora è ancora lì: coi suoi silenzi sulle nomine (Cuffaro ha detto che dovrebbe scegliere lei le sedi dei prossimi direttori generali: magari scherzava), con le mancate risposte alle interrogazioni dei deputati, col suo rapporto complicato, a tratti impossibile, coi privati convenzionati.

Poi c’è Gaetano Armao, un cult. A dare uno sguardo al curriculum, ai cinque anni di scontri con la Corte dei Conti, agli esercizi provvisori, ai contenziosi con l’Agenzia delle entrate, nessuno si sarebbe sognato di rivederlo a Palazzo d’Orleans, dopo essersi candidato (fra l’altro) contro l’attuale presidente. Invece il miracolo s’è verificato, ed è diventato addirittura doppio: consulente di Schifani sui fondi extraregionali (per 60 mila euro l’anno) e presidente della Cts, la Commissione tecnico-scientifica che rilascia le autorizzazioni ambientali e che giocherà un ruolo determinante sul prossimo piano dei rifiuti (da cui dipende la costruzione dei termovalorizzatori). Un riconoscimento duplice per premiare cosa? Le competenze? O forse l’amicizia? Più o meno la stessa sorte è toccata a Simona Vicari, l’ex sindaco di Cefalù, rimasta senza poltrona dopo le ultime consultazioni elettorali: oggi è una consulente alle infrastrutture e all’energia (60 mila euro anche per lei).

E come dimenticare il ventriloquo Caruso, vera cartina tornasole dell’amichettismo. Nel volgere di poco più di un anno è passato dal dirigere Italia Viva a Palermo a guidare Forza Italia in Sicilia. Che poi guidare non significa comandare, ma questa è un’altra storia. Sfruttando il legame con Schifani, che prima di farlo commissario di partito l’aveva nominato suo capo di gabinetto, ha avuto una crescita incessante. E’ Caruso a gestire i bilaterali coi partiti alleati per le nomine della sanità, a inaugurare i cantieri, ad accogliere ospiti e personalità d’eccezione a Palazzo d’Orleans. Dicono che assista anche alla composizione delle liste del partito, cosa di cui dovrebbe occuparsi personalmente. L’unica. Ma si sa: le vie del Signore sono infinite, e anche quelle di Schifani. Meloni prenda esempio e non parli di amichettismo al passato: in Sicilia è vivo e vegeto.