Riusciranno i nostri eroi a sopravvivere alle cinque ore e passa di «Parsifal» che inaugura oggi pomeriggio la stagione di opere e balletti 2020 del Teatro Massimo? Riusciranno a tener desta l’attenzione di fronte a un’opera portentosa, quella di cui Wagner finì di scrivere lo spartito proprio a Palermo, per 300 minuti e spicci? Riusciranno a imbibirsi per 18000 secondi di immaginifica bellezza visiva, quella che solo un genio ribaldo del teatro come il regista Graham Vick (che firmò peraltro negli anni scorsi proprio al Massimo una “Tetralogia” di fulminante incanto) garantisce?
Già, perché sembra quasi questa la scommessa più grande, e fa anche un po’ provincia, francamente: come se tra il pubblico non ci fosse, anche per altre occasioni di meno impegnativa concentrazione, di più disinvolto impegno, di più familiare applicazione, lo zoccolo duro di quelli che sfilano lenti lungo il corridoio di platea guadagnando l’uscita prima del calar del sipario (e qui l’anagrafe getta pesantemente le sue carte sul tavolo, pur se l’inizio è fissato per le 17,30), o di quelli che, d’accordo, sarà anche un capolavoro ma cinque ore son cinque ore, per non parlare di chi – orrore – vorrebbe la traduzione italiana perché tutto quel tempo a far su e giù coi sovratitoli stanca anche con le progressive (chissà se poi capirebbe i versi dei librettisti indigeni che vi si cimentarono).
A questa aspettativa un po’ ansiogena ha certo contribuito il fattore «evento» che giustamente il Massimo ha cavalcato come da dovere istituzionale: i 65 anni dall’ultima rappresentazione palermitana, la complessa macchina produttiva che deve mettersi in moto per un’operona di tale natura, la simbiotica origine del colosso wagneriano con la città, e la massima formazione orchestrale, e il debutto nell’opera in loco del nuovo direttore musicale del teatro, Omer Meir Welber che pare abbia già conquistato, con la dicembrina “Nona” di Beethoven e il concerto di Capodanno, orecchie e cuori e la già accennata e nota visionarietà di Vick che compendia rigore e magia, un’inaugurazione di stagione che sempre un’inaugurazione è, nonostante non sia più tempo, politico e meteorologico, di ocelot e porcellini d’India.
Nonché il contorno mediatico che poco non è. Dai social spot di Francesco Giambrone, sovrintendente moderno anche per questi lanci, più alla Alberto Angela che da imbonitore ufficiale, alla epifania urbi et orbi dell’avvenimento partendo dagli schermi del pc di casa (streaming sulla web tv del teatro), a quelli di piazzetta Bagnasco e della Libreria Europa nel quartiere Uditore, all’aeroporto di Punta Raisi e perfino a New York, nel cuore di Manhattan, al Greenwich, alla Casa Italiana Zerilli-Marimò che è una filiazione della NY University. Per non dire della diretta su Radio3 Rai e delle telecamere della tv tedesca Arte che stazionano già tra gli stucchi del Basile da giorni per riprendere la serata che lancerà in onda nel suo cartellone operistico.
L’impresa è dunque titanica, giustifica quel po’ di fibrillazione delle masse cantanti e udenti e per queste ultime le cinque ore francamente forse valgono la pena senza stare a lambiccarsi troppo. Tanto, la spremuta o la pillola le potete prendere anche alla buvette tra un atto e l’altro e dopo le dieci, zona Massimo, una buona pizza la trovate sempre.