All’Assemblea regionale siciliana è arrivato il momento della strenna. Le ultime commissioni di merito che mancavano all’appello, hanno licenziato la manovra lunedì notte, conquistandosi l’applauso di Schifani (“Esprimo apprezzamento per il lavoro compiuto”). Non prima di aver litigato, in commissione Affari istituzionali, sul milione e mezzo che la Regione ha promesso ad alcuni comuni, e che le opposizioni avrebbero voluto estendere a tutti gli altri. Non parliamo di sviluppo, di opere pubbliche, di incentivi all’occupazione. Bensì di marchette. Sul modello del Collegato-ter, anche nella Legge di Stabilità potrebbero esserci figli e figliastri, sagre e associazioni più importanti di altre. E a nulla valgono i richiami di Raffaele Lombardo, che domenica scorsa, durante l’assemblea provinciale del Mpa, a Enna, aveva supplicato i partiti di smetterla “con questa vergogna delle mancette ad personam con cui vengono date risorse a questo o quest’altro comune, spesso sperperate in sagre di paese, in cambio di un voto favorevole”.

I deputati non ci sentono. D’altronde parliamo di una Finanziaria ricchissima (circa 900 milioni) che giunge all’esame dell’aula quando, sullo sfondo, si fanno largo le elezioni Europee e la campagna elettorale. Al netto di successive ed eventuali variazioni di bilancio, è l’ultima occasione per mettere le mani sul malloppo e provare a guadagnarsi il favore degli elettori. Il governo ha approvato la Legge di Stabilità l’8 novembre scorso, dopo qualche scaramuccia tra il presidente Schifani e l’assessore all’Economia, Marco Falcone. Ora tocca alla commissione Bilancio, dove andrà in scena una prima maratona per cercare di comprimere gli oltre 2 mila emendamenti che hanno provocato la reazione stizzita di quest’ultimo, nuovo leader in pectore di Forza Italia: “Alzeremo il muro contro ogni forma di tattica dilatoria che va contro la Sicilia e i siciliani”, ha detto Falcone.

Non ci sarà spazio per l’ostruzionismo, secondo i piani del governo; ma è vero, altresì, che l’unica alternativa al muro contro muro è l’inciucio, e che dall’inciucio, di solito, non si riesce a cavare nulla di buono (al netto di qualche marchetta in più). I Cinque Stelle non lanciano messaggi distensivi, almeno nelle premesse (“Non voteremo norme al buio senza un approfondito esame”) e spengono l’ottimismo del governatore: “Il clima nelle commissioni – spiega il capogruppo grillino, Antonio De Luca – è stato tutt’altro che sereno, con grosse frizioni e spaccature tra pezzi della maggioranza e tra la maggioranza e il governo, con i lavori rallentati spesso dalle norme aggiuntive degli stessi assessori che in teoria questa finanziaria avrebbero dovuto costruirla prima dell’arrivo a palazzo dei Normanni”. L’altro De Luca, Cateno, minaccia l’occupazione della commissione Bilancio “se Schifani non si presenterà per dare spiegazioni sui fondi extra regionali e sulla programmazione considerato che a luglio scorso ha espropriato il buon Marco Falcone di queste deleghe”. E aggiunge: “Nelle commissioni di merito sono state consumate le peggiori porcherie regolamentari ed in commissione bilancio non può assolutamente iniziare l’iter senza un preventivo confronto con Schifani”. In generale le opposizioni si mostrano compatte.

Prima dell’esame in commissione, stando al testo di partenza, la Legge di Stabilità constava di 40 articoli e di “quattro macro-linee d’intervento – come spiegava l’assessore Falcone – mantenendo sempre pieno rigore contabile”. Si va dal sostegno al governo del territorio, attraverso l’aumento del 20 per cento con proiezione triennale dei trasferimenti a Comuni ed enti locali; al mondo del lavoro, prevedendo il contributo per le aziende siciliane che nel 2024 assumeranno a tempo indeterminato. Poi si parla anche di “rafforzamento della macchina amministrativa regionale con i nuovi concorsi e grazie agli adeguamenti e alle riclassificazioni da tempo attese del nostro personale, e la lotta al precariato per dare serenità e stabilizzazioni ai bacini Asu ed ex Pip”. L’ultimo capitolo è quello dei servizi essenziali con l’investimento di nuove risorse (e con un taglio del 20 per cento sul bollo auto).

Ma c’è anche una tagliola che pende sulla testa del governo e cioè il pronunciamento della Consulta sulla questione di legittimità costituzionale posta nel 2022 dalla Corte dei Conti, che ha sospeso le ultime due parifiche del rendiconto. Il dubbio è: in quanti anni andava coperto il disavanzo da oltre un miliardo? Secondo la magistratura contabile, in tre; secondo il governo della Regione in dieci, come garantito da una norma inserita nella Legge di Bilancio dello Stato dello scorso anno, intervenuta in ritardo rispetto alla sottoscrizione dell’Accordo del 2021. E’ l’eredità di Armao, il fido consulente da 60 mila euro l’anno, che ogni tanto rovina i piani a Schifani, anche se quest’ultimo si è detto certo che la Corte Costituzionale dichiarerà cessata la materia del contendere. Il verdetto è questione di pochissimi giorni, anche se “prudenzialmente” il governo ha già deciso di accantonare 900 milioni nel prossimo triennio. Una cosa è poter contare su quei soldi, un’altra è non poterlo fare.

Tra i vari interventi previsti dalla Legge di Stabilità, prima delle numerose modifiche che saranno proposte in commissione Bilancio e a Sala d’Ercole, c’è il fondo da 18 milioni per i medici degli ospedali di periferia, allo scopo di trattenerli in servizio (nel pubblico) con incentivi fino a 1.000 euro al mese. Ma ci sono anche delle mine da disinnescare, che hanno già provocato i primi imbarazzi a Schifani. La I Commissione, infatti, ha respinto all’unanimità, persino coi voti di Forza Italia (che poi ha sminuito l’accaduto), la norma anti-incendi proposta dal governatore che prevede che Comuni, Liberi consorzi e Città metropolitane debbano destinare il 3% dei trasferimenti regionali alla prevenzione incendi e alla vigilanza su privati ed enti pubblici per le attività di pulizia dei terreni.

“L’obiettivo – ha detto il presidente della Regione – è sempre quello di giungere all’approvazione del testo entro la fine dell’anno. In questo modo avremo certezza, fin dall’inizio del nuovo anno, delle risorse disponibili da destinare allo sviluppo sociale ed economico della nostra terra”. Sviluppo, che parolone. Basta dare uno sguardo al livello del dibattito per capire che i nodi sono altri, che gli equilibri vanno assottigliandosi col passare delle ore, che questa grande strenna non può lasciare fuori nessuno. Pena lo sgambetto, magari col voto segreto. “Questa manovra serve al governo e alla maggioranza per preparare la campagna elettorale per le europee, è piena di marchette”, ha dichiarato Gianfranco Micciché, che ha deciso di non fare sconti. Quello che uscirà da Sala d’Ercole, probabilmente, sarà un testo completamente “rivoluzionato” rispetto a quello iniziale. Non per forza in meglio.