L’ex deputato di Forza Italia, Franco Mineo, si è dimesso dal gabinetto dell’assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera. La decisione è giunta al termine di ventiquattr’ore tormentate, in cui a chiedere l’allontamento di Mineo erano state tutte le forze politiche, il presidente della commissione Antimafia Claudio Fava e, dulcis in fundo, il presidente della Regione, Nello Musumeci. L’ex deputato, seppur non indagato, era finito nel filone d’inchiesta che ha portato tre giorni fa all’arresto di Gaetano Scotto, il boss dell’Arenella che dopo la sua scarcerazione (nel 2016) aveva ripreso in mano le redini del clan e riscuoteva il pizzo nel suo quartiere.
I pm – come riportato da Repubblica – hanno dedicato un intero capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare (sono scattati otto arresti nell’ambito dell’operazione “White Shark”) al legame fra Scotto e Mineo, amici di lunga data. Il boss, all’interno di una conversazione con la sorella, racconta di come Franco Mineo e Pietro Magrì, una sorta di reggente del clan, lo avessero raggiunto nel suo nascondiglio del Nord Italia per chiedere protezione. Mineo viene chiamato in causa anche per uno scambio elettorale: negli anni scorsi, come si legge nel pezzo di Emanuele Lauria, “avrebbe fatto ottenere alcuni contratti alla Fiera del Mediterraneo ad Angela Rossi, nipote di Scotto”. L’ordinanza racconta anche degli sforzi fatti dal politico per fare assumere il braccio destro di Scotto, Paolo Galioto, in un’agenzia di sicurezza,
Alla vigilia delle Amministrative di Palermo, nel 2017, viene intercettata un’altra discussione fra i due amici: “Anche nel corso di questa conversazione – si legge negli atti – Scotto e Mineo parlavano di un imminente sblocco di un bando di concorso. Ancora una volta Scotto raccomandava al Mineo di attivarsi. Nella circostanza il Mineo parlava del figlio, all’epoca candidato alle elezioni comunali di Palermo, dicendo che aveva delle ottime speranze di essere eletto”. Oggi Andrea Mineo è consigliere comunale (eletto con 1.500 preferenze) e coordinatore di Forza Italia Giovani in Sicilia. Mentre il padre, da dirigente esterno, è capo tecnico della segreteria di Edy Bandiera, assessore regionale all’Agricoltura, nonostante una condanna per corruzione a un anno e otto mesi in primo grado. La sentenza, che lo inibisce dai pubblici uffici e lo rende ineleggibile per cinque anni (privandolo del diritto elettorale), non è ancora esecutiva in attesa del processo d’appello. Ma la questione morale si ripropone.
Anche Stefania Prestigiacomo, deputata nazionale di Forza Italia, aveva sollevato la polemica: “Noi siamo garantisti ma davanti a certe accuse bisognerebbe astenersi da cariche istituzionali e di partito – ha detto l’ex Ministro -. Continuando così il voto di opinione ce lo possiamo dimenticare”. Sulla questione, oltre a Cracolici del Pd e al Movimento 5 Stelle, era intervenuto pure il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava: “È possibile che uno che per i pm ha rapporti abituali con i boss svolga una funzione dirigenziale alla Regione? Lo chiedo a Musumeci e a Bandiera, del quale non voglio discutere la buona fede. Ma qui, al di là di quelle che saranno le conclusioni dell’inchiesta, siamo di fronte a evidenze molto gravi sul piano politico. Decoro vorrebbe che questo signore venisse rimosso subito dal suo incarico”.
Ma il messaggio più forte era giunto nel pomeriggio, da parte del presidente della Regione Nello Musumeci: “Ho richiamato più volte, in passato, gli assessori regionali circa la necessità di vigilare sul personale – interno ed esterno – chiamato a operare negli Uffici di diretta collaborazione – ha scritto il governatore in una nota -. L’egoismo dei partiti non può e non deve essere premiato a danno della rigorosa selezione, innanzitutto morale, nella scelta dei collaboratori negli uffici pubblici. Sono certo che su questo tema non sarà più necessario un ulteriore mio richiamo al senso di responsabilità di ognuno”.