Di ritorno da Roma, Cateno De Luca è riuscito a guadagnarsi una vetrina d’eccezione: nella rubrica di Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera, il leader di Sud chiama Nord, sindaco di Taormina e mille altre cose, è dipinto, in maniera pittoresca, come il politico che “corteggia e si fa corteggiare”, con “un gruzzoletto di voti che fa gola a chi vuole superare il quorum delle Europee”. La giornalista sarà rimasta stupita, come molti, delle frasi sibilline affidate da Scateno ai social, in cui parla di un incontro con il leader di Azione, Carlo Calenda, e rimanda ai prossimi “dettagli operativi”.

Dalle numerose “sedute spiritiche” di questi mesi, cui De Luca ha smesso di sottrarsi, è emersa la voglia di essere protagonista a tutti i costi, che talvolta l’ha portato a bruciarsi (come con Renzi, capace di sfilargli la senatrice Musolino). Ma se c’è una dote da riconoscere a De Luca, oltre a quelle di “ottimo amministratore” (come lo definisce lo stesso Calenda), è il fatto che dopo una sconfitta sia riuscito quasi sempre a rialzarsi. E qui non c’entrano i due arresti – nel 2011, il primo, mentre era sindaco di Fiumedinisi, nel 2017 l’altro – che hanno rischiato di interrompere una volta per tutte le sue velleità politiche. C’entra, appunto, la politica.

Sembra quasi che la sconfitta alle Suppletive di Monza, una batosta secondo alcuni, non ci sia mai stata. De Luca è ancora richiestissimo, anche a livello nazionale. E ha usato il suo quarto libro, fresco di stampa, per piantare il seme dove occorre: da Roma a Napoli, da Cagliari a Firenze. Ma questa storia, appassionante finché si vuole, ha portato Scateno lontano dalle problematiche della sua Sicilia. Queste “distrazioni” – sindaco di Taormina, leader nazionale di Sud chiama Nord, rivale di Galliani in Brianza – hanno intralciato il percorso e polverizzato il ruolo delle opposizioni a Palermo. Hanno ridotto il suo movimento a un megafono in mano all’ex Iena La Vardera, hanno posticipato la battaglia campale contro l’inconsistenza di Schifani e del suo governo; hanno rallentato il dibattito sulla ‘questione morale’, e la denuncia di scandali e abusi. Leggendo le cronache regionali, analizzando i tempi della politica, scrutando dal buco della serratura della commissione Bilancio all’Ars, verrebbe logico chiedersi (persino con un pizzico di nostalgia): che fine ha fatto Scateno?

De Luca, da abile predicatore della politica, ha rappresentato per mesi l’unica “alternativa” alla casta, alla “banda bassotti”, e sulla base di questa aspettativa, diffusissima anche fra i suoi detrattori, aveva collezionato oltre 500 mila voti alle Regionali. Con una campagna elettorale brillante, ai limiti del surreale, aveva acceso una speranza negli “ultimi”, in tutti quei siciliani esclusi dal giro delle clientele e abbandonati sull’altare del reddito di cittadinanza; il suo istrione e la sua capacità comunicativa, negli ultimi giorni di campagna elettorale, aveva fatto credere al sorpasso su Schifani. Ma non c’è stato neppure il testa a testa. Cateno ha perso nettamente, ma non ha mai perso per davvero. Perché il 26 settembre dell’anno scorso, con una coalizione di stampo civico e apartitica, è riuscito a piazzarsi secondo, davanti alle corazzate Pd e Cinque Stelle, che oggi vorrebbe riunire in una coalizione progressista, federalista e un po’ autonomista, ovviamente con lui a capo. C’è chi lo considera “inaffidabile”, ma nel campo giallorosso non esiste personaggio altrettanto carismatico; un guitto così affermato capace di opporsi – numericamente e a parole – agli sfaceli di questo governo, esaltandone le contraddizioni, gli abusi, i bluff.

Dai palazzi del potere, anche col nuovo corso, si propaga un odore di fritto che nessuno finora è riuscito a contrastare. Le ultime vicende dell’Orchestra Sinfonica farebbero gridare allo scandalo, ma nessuno ha alzato un dito per denunciare i comportamenti del Sovrintendente uno e trino, che con le sue omissioni rischia di far sprofondare l’Orchestra. Nessuno, inoltre, ha avuto da ridire sul ruolo del consulente da 60 mila euro l’anno, tale Gaetano Armao, la cui azione politica – da ex assessore all’Economia – ha generato uno scontro fra poteri (con la Corte dei Conti) che in questi giorni l’atteggiamento del presidente della Regione (con l’impugnativa della mancata parifica) ha finito per esacerbare. Tutti si sono bevuti la propaganda del governo sugli sconti per contrastare il caro-voli: niente e nessuno, invece, potrà fermare la pratica dell’inciucio per garantirsi (e spartirsi) le mance della prossima manovra finanziaria.

L’unico che potrebbe smentire un destino cinico e baro è proprio De Luca, che però non frequenta – finora non l’ha fatto – le sedute della commissione bilancio, perché impegnato nella presentazione del suo ultimo libro in giro per l’Italia e a definire gli accordicchi in vista delle Europee. Nessuno chiede a Cateno di ridursi a un guardiano d’aula: ne avrebbe per quattro anni e arriverebbe spompo all’appuntamento con le Regionali del 2027, dove inseguirà il sogno di diventare il “sindaco di Sicilia”. Al netto delle legittime rivendicazioni elettorali, di Taormina o del collegio di Monza-Brianza, De Luca però deve sapere che il posto di leader dell’opposizione è ancora vacante e che le selezioni, fin qui, non hanno dato l’esito sperato. Anche Pd e Movimento 5 Stelle, dopo le scintille della campagna elettorale, si sono affidati a un tavolo programmatico di più ampio respiro, finendo per perdonare le sue bizze e coccolare i suoi allievi. Hanno capito, loro, di non avere alternative. Gli hanno lanciato un messaggio, che suona quasi come un epitaffio: fai di noi ciò che vuoi.

Scateno, fra l’accensione di un albero e una seduta di giunta municipale, sappia che la sua leadership, forgiata dall’attività amministrativa, non può limitarsi all’immanenza. “Si sta lavorando ad un’area alternativa a questo centrodestra che vede la mia persona come punto di riferimento e porta anche alla costruzione di un movimento meridionalista all’interno del centrosinistra”, ha detto in questi giorni; ma i siciliani non possono aspettare 4 anni per avere prova del cambiamento. C’è una Sicilia da riprendere per i capelli; una questione morale da riaffermare; nuovi scandali da prevenire. Serve un’azione di controllo e dare risposte nette. E magari farlo da subito. Ci pensi, sior Scateno.