La città di Caltanissetta rischia di diventare il primo, vero laboratorio politico del Movimento 5 Stelle due-punto-zero. I grillini sono avanti in tutto: decidono online se consegnare un Ministro alla volontà dei tribunali, votano su Rousseau il proprio candidato alla presidenza della Repubblica, si scelgono sul web i rappresentanti a Strasburgo. Avanti in tutto, tranne che sul tema delle alleanze. Non ne stringono con nessuno. Almeno fino al prossimo 28 aprile, quando a Caltanissetta, la città di Giancarlo Cancelleri (già candidato un paio di volte a governatore siciliano), andrà in scena il primo tentativo di fare squadra. Sono le Amministrative, bellezza.
Il M5S, pur presentando una sola lista a sostegno del candidato Roberto Gambino, farà campagna elettorale assieme a una lista civica: trattasi di Più Città, che avrà anche un assessore designato (le liste dovranno essere depositate entro oggi a mezzogiorno). Ma al Consiglio comunale correrà soltanto il Movimento 5 Stelle, perché le alleanze, sebbene “sdoganate” da Luigi Di Maio all’indomani della terribile scoppola alle Regionali sarde, non sono ancora state approvate dagli iscritti sulla piattaforma online della Casaleggio Associati. Un difettuccio di forma che non pregiudica l’esperimento. Anche i vertici del Movimento, dopo aver deciso di derogare alla regola del secondo mandato, vogliono uscire allo scoperto, abbracciare le forze positive delle città, e non trincerarsi dietro un simbolo che Salvini ha ormai eroso.
Per evitare di rimediarci una brutta figura, vista la disaffezione, molti dei partiti d’antan resistono alla tentazione di correre nei comuni con il proprio logo. Si mimetizzano. Prendete ad esempio il Partito Democratico. Sarà pur vero che l’elezione di Zingaretti e il risultato delle Primarie (oltre 1,7 milioni nei gazebo) hanno dato una botta di vita. Ma al primo test utile, in Basilicata, i vecchi “dem” se la sono cavata con un risicatissimo 8% che ha messo in imbarazzo il nuovo establishment. Per far riaffiorare quel ramoscello d’ulivo serve calma, specie in Sicilia dove il partito è reduce da tranvate impressionanti (“Il risultato alle ultime Politiche è stato il peggiore di sempre” ha ammesso Antonello Cracolici, in un’intervista, qualche tempo fa). Così scompare il simbolo e talvolta anche il partito, impegnato a dividersi sui candidati da sostenere.
I 5 Stelle, però, sono diversi dal Pd: si alleano, ma non cedono alle tentazioni di essere occultati. Specie in un feudo come la Sicilia, che nelle ultime tornate elettorali è stato un serbatoio ricco di voti e di soddisfazioni. La campagna elettorale, con vista sulle Amministrative e proiezione sulle Europee, è cominciata da qualche settimana. Da quando il premier Conte e il ministro Toninelli si presentarono sui cantieri della Caltanissetta-Agrigento, brandendo l’arma delle infrastrutture per indurre i siciliani a fidarsi. Anche se Conte, che di opere ne sa persino meno del collega di governo, non se la cavò benissimo: “La Ragusa-Catania? Visiteremo il cantiere”. Peccato che non esiste, perché l’opera è ferma da vent’anni a Roma, ministero dell’Economia, e da lunghi mesi al Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica. Vittima di una politica dell’austerity che non fa prigionieri.
Ma non è questo il punto. Bensì che il Movimento, che nell’Isola conta su un nutrito numero di parlamentari nazionali e deputati regionali, ha serrato le fila e da qui intende avviare la riscossa a Cinque Stelle. Ma alle Amministrative ha poche possibilità di sfondare. A Gela vorrebbe eleggere Simone Morgana, ma l’esperienza di Domenico Messinese, eletto cinque anni or sono, terminò malissimo: espulso dal partito dopo appena sei mesi e sfiduciato dal Consiglio comunale (ricorda il caso Piccitto a Ragusa: fu fatto fuori dai meet-up al termine del primo mandato e il M5S perse le elezioni). Poi c’è Bagheria, dove il sindaco Patrizio Cinque, finito coinvolto in un’inchiesta e tristemente noto per l’acquisto di un ecomostro sul mare, ha lasciato col cerino in mano la sua assessora Romina Aiello, la cui candidatura a sindaco ha finito per ricompattare persino Lega e Forza Italia – che in Sicilia si detestano – a sostegno di Gino Di Stefano.
Ma se proprio non dovesse farcela a livello locale, il Movimento spera di salvaguardare la leadership almeno alle Europee. Affrancandosi, però, da un alleato di governo sempre più scomodo. Che a livello nazionale ha portato Di Maio e soci sul lastrico dei sondaggi. Per la prima volta da quando veleggia attorno al 30, il Carroccio si presenterà nell’Isola coi favori del pronostico. E con la faccia tosta dei debuttanti. Il commissario Stefano Candiani e i suoi luogotenenti siciliani – Gelarda a Palermo e Cantarella a Catania – hanno schierato quasi ovunque candidati di bandiera. Ci saranno leghisti a Monreale (non Salvino Caputo, passato in Forza Italia, ma Romanotto), Mazara del Vallo, Gela e Caltanissetta stessa, dove il partito ha scelto di correre da solo con Oscar Aiello (sfidando Giarratana e tutto il centrodestra). E poi ci sono le Europee, che saranno il vero banco di prova per capire quanto i siciliani approvino la politica anti-migranti di Salvini. Per la prima volta nella storia la circoscrizione Isole regalerà al Carroccio dei parlamentari a Bruxelles (almeno un paio).
La Sicilia, laboratorio di tutte le sfide e di tutti gli esperimenti, aprirà ufficialmente il duello fra i partiti di governo che da settimane hanno smesso di sopportarsi. Come dimostra il pensiero di Ignazio Corrao, europarlamentare uscente del Movimento 5 Stelle, alcamese, apprezzatissimo fra i deputati regionali (a tal punto da essere considerato una primadonna), che di recente ha detto di Salvini: “In Sicilia hanno imbarcato di tutto e riciclato di tutto, perché lì non hanno una classe dirigente. Renzi, come Salvini, gonfiò il pallone fino a farlo scoppiare. La Lega potrebbe fare la sua stessa fine”. E qualche giorno prima si era superato: “Credo che sia impossibile votare Lega al centro-sud. Noi siamo diversi da loro”. Se non è guerra questa…