Abbiate pietà per il lutto e la disperazione del Bullo. In vista del tragico 25 settembre, cerca in tutti i modi di restare sul palcoscenico della politica siciliana, ma non ha ancora capito che il sipario per lui si è chiuso definitivamente. Anche se, paradossalmente, Nello Musumeci, re delle piroette, dovesse rimanere al comando di Palazzo d’Orleans, non ci sarebbe più trippa per gatti.
Fino a cinque anni fa il Bullo poteva contare sui suoi amici di sempre: da Antonello Montante, a Ezio Bigotti, l’avventuriero piemontese autore della più colossale truffa alla Regione, quella del censimento farlocco dei beni immobiliari, un inganno che gli ha consentito di portare nei paradisi fiscali un malloppo di oltre cento milioni. Fino a cinque anni fa poteva ancora turlupinare Silvio Berlusconi che, infatti, gli ha aperto – aggratis, come dicono a Palermo – le porte del Palazzo e lo ha collocato inopinatamente, senza nemmeno un passaggio elettorale, ai vertici del potere regionale. Ma oggi lo scenario è completamente cambiato. Le porte di Forza Italia sono sbarrate: Gianfranco Miccichè, che è il coordinatore regionale, non vuole sentire di lui nemmeno l’odore; e la plenipotenziaria di Berlusconi, Licia Ronzulli, che ha avuto modo di conoscerlo da vicino, ha anche murato le porte di Arcore. Gli è venuto incontro, caritatevolmente, l’innominato e innominabile giovane Randazzo, un intermediario d’affari che lui ospita nei suoi uffici. Il quale ha cercato di aprirgli uno spiraglio nell’Udc. Ma né Mimmo Turano né Toto Cordaro, persone per bene, si sono mostrati disponibili a intercedere per lui con Lorenzo Cesa, leader nazionale del partito.
Non gli resta – teoricamente, molto teoricamente – che una sponda: quella di Mara Carfagna, l’unica esponente del governo Draghi che inspiegabilmente accettava di riceverlo al Ministero per il Sud nonostante lui si presentasse accompagnato dal noto cacciatore di finanziamenti illeciti. Ma la Carfagna, che già è transitata con Carlo Calenda nella speranza di trovare un seggio per se stessa, non gli presta molta attenzione. Allora lui – d’accordo con il clan dei suoi leccaculisti – ha messo in giro la voce che Calenda e Matteo Renzi letteralmente spasimano e muoiono dal desiderio di candidare lui alla presidenza della Regione. Un bluff, va da sé. L’ennesimo bluff di un Bullo che non sa più dove poggiare la su testolina impomatata per arraffare – ancora una volta e sempre aggratis – i privilegi e le consulenze che la politica gli assegna, senza pudore e senza vergogna, da oltre vent’anni.