Le ambulanze incolonnate al Policlinico di Catania, purtroppo, sono un’immagine già vista. La pretesa di essere “zona gialla”, invece, è già svanita. L’assessore alla Salute Ruggero Razza, in seguito al confronto di qualche giorno fa col direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, aveva spiegato che la “cabina di regia” avrebbe rivalutato i dati della Sicilia. Non serve. La gente stipata in ambulanza, in attesa di trovare spazio al Pronto Soccorso, a Partinico come a Ragusa, non è iscritta a nessuna statistica. Ma fuori dai reparti c’è la fila e il sistema rischia di piegarsi su se stesso, in maniera inesorabile. Basterebbe varcare le porte di un ospedale, e ascoltare per due minuti il racconto di medici e sanitari, per capire quanto sia grave la situazione. E di come la paura e la confusione, dopo una prima ondata “gestibile”, rischino di spazzare via tutto il resto.
All’ospedale Civico di Palermo, il più grande della Sicilia, venticinque pazienti positivi aspettano ormai da 48 ore di essere riassegnati in reparto. Hanno il virus. In media, gli accessi sono superiori a 50 (l’indice di sovraffollamento è al 160 per cento), con 45 postazioni di ossigeno disponibili, suddivise in tre stanzoni. Gli altri rimangono in ambulanza. Anche il “Cervello”, l’altro Covid Hospital della città, è in fortissima sofferenza: nella mattinata di ieri ha “ospitato” 38 pazienti contagiati. Mentre l’apertura dell’ospedale di Petralia Sottana, nelle Madonie, si è rivelata mezzo flop: avrebbe dovuto ospitare cento posti letto per malati Covid “a bassa intensità”, ma al momento non superano i dieci. Tutti occupati. Il dottor Renato Costa, che si occupa dell’emergenza sul versante palermitano, ha dichiarato che se ne possono riconvertire 35 se necessario (“Li apriremo in maniera modulare, solo in caso di bisogno”). Il nuovo piano dell’emergenza presentato da Razza all’Ars, ne prevede 50 entro il 15 novembre, il doppio entro fine mese.
Era stato detto che non varrà più il sistema “a fisarmonica”. Cioè i posti dovrebbero essere attivati tutti e subito, entro il 30 novembre. Quelli di Terapia intensiva saranno – o sarebbero – 416 in tutta la Sicilia. Di cui: 24 al “Cervello”, 21 al “Civico”, 8 al Policlinico-Giaccone (prima a quota zero), 24 a Partinico e 10 a Petralia. Questo solo per la provincia di Palermo. A Catania, invece, l’ospedale Garibaldi ne ha già 20, il “Cannizzaro” 9. Il “San Marco”, che è uno dei due grani hub (assieme al “Cervello”) resta con 28, ma avrà 150 posti di degenza ordinaria. Acireale, dove la riconversione in Covid Hospital è stata osteggiata a lungo dai sindaci del territorio, dovrebbe averne 8 entro la prossima settimana e 14 a fine mese. Il Sant’Elia di Caltanissetta 28. L’ospedale di Ribera i primi dieci, per alleggerire il traffico su Agrigento. L’ospedale di Marsala 28, quello di Ragusa 25.
In parallelo, bisognerà attrezzare il personale. L’esperienza in trincea di queste settimane parla di turni infiniti. Di intere giornate passate in ambulanza – entrano in gioco pure gli operatori del 118 – in attesa che si smaltisca la fila. Di gente bardata per ore che respira a stento. Un massacro. Laddove crescono i posti letto, mancano anestesisti e rianimatori. Intubare i pazienti gravi e tenerli sotto osservazione è sempre più difficile. Tanto che la Regione s’è vista costretta ad assumere gli specializzandi al quarto e quinto anno delle tre università siciliane che vantano una facoltà di Medicina. Talvolta, sono stati richiamati in servizio i professionisti andati in pensione.
Queste cose dagli schemini dell’ISS non emergono. Attengono alla quotidianità, ai racconti smembrati dalla fatica. Impari a conoscere il Covid quanto un parente stretto, sano come un pesce, il giorno dopo si ammala. A Partinico, come a Petralia, aspettano di raddoppiare i 14 posti di Terapia intensiva, di cui ne resta a disposizione soltanto uno. “La situazione del nostro ospedale non è diversa da quella che si vive negli altri presidi della provincia di Palermo – ha spiegato il dottore Tomasello, primario del reparto di Terapia intensiva – Al momento abbiamo circa 90 pazienti ricoverati in degenza ordinaria. Spesso la media dei pazienti dimessi è di sei al giorno ma il turnover è continuo, quindi i posti restano occupati sempre. Spero che quelli annunciati dalla Regione possano soddisfare le richieste. Vista l’ondata e il numero di pazienti che giunge quotidianamente in ospedale, ho il terrore che questi posti non soddisfino le richieste. L’infezione avanza in modo impietoso”. Il messaggio delle ultime restrizioni va in un solo verso: ridurre i contatti sociali per evitare che altra gente si ammali. Ieri in tutta Italia si sono registrati quasi 40 mila casi. Segno che il messaggio, lanciato da più di due settimane, non è stato ancora recepito.
Il riflesso della dilagante pandemia – anche ieri i contagi, in Sicilia, sono schizzati oltre i 1.300, con trentacinque morti e dieci nuovi ricoveri in Intensiva (siamo a 169, con la “soglia critica” di 175 che verrà superata in meno di 48 ore) – è devastante sul resto del sistema. L’ospedale Villa Sofia di Palermo dovrebbe garantire le prestazioni extra Covid, ma al Pronto Soccorso è arrivata gente col virus, che altrove non riesce a ottenere assistenza. Al “Cervello” hanno già chiuso il reparto di Nefrologia, lo stesso sta accadendo con Medicina generale e forse anche con Ostetricia. Mentre la Pediatria è sospesa da una settimana, in attesa del trasferimento a Villa Sofia. Tutto il resto viene relegato al domani. La priorità è combattere il Covid, il rischio è mettere a repentaglio tutto il resto.
Nei prossimi venti giorni il piano della Regione prevede la messa a sistema di 3.600 posti letto complessivi fra Terapie intensive (416), degenza ordinaria (2.384), dove troveranno spazio i “positivi sintomatici”, e a bassa complessità (812), dove i pazienti non necessitano di grosse cure e sono in via di guarigione. Bisognerà inventarsi qualcosa per regolarizzare anche il resto delle prestazioni sanitarie. Dei morti non-Covid non parla più nessuno. Ci sono anche loro, purtroppo.