Circa una settimana fa, dall’assessorato regionale all’Economia diretto da Gaetano Armao, è partita una circolare indirizzata a tutti i dipartimenti: l’obiettivo è sollecitare l’elaborazione delle proposte che, attraverso le singole ragionerie, dovranno pervenire in via Notarbartolo, e in seguito verranno fatte confluire nello schema di massima della Legge Finanziaria 2021. Non è uno scherzo. Mentre i siciliani restano in attesa del miliardo e quattrocentomila euro stanziato dall’ultima Legge di Stabilità, approvata il 2 maggio scorso, la Regione fa un salto nel futuro. La giunta, dimostrando una lungimiranza che non le appartiene, ha fissato al 31 ottobre la prima data utile per esitare i documenti contabili e inviarli all’Assemblea regionale.
Armao sembra voler procedere a razzo: “La predisposizione dei documenti finanziari per il prossimo triennio risulta particolarmente complessa – ha specificato il vice Musumeci, parlando con Blog Sicilia – poiché interviene in una fase di profonda crisi economica che sta determinando una rilevante contrazione delle entrate. Nonostante ciò, dobbiamo dare piena applicazione delle misure di sostegno a famiglie e attività produttive, al fine di contrastare la grave congiuntura anche con massicci investimenti”. In altri tempi, e con altri personaggi, sarebbe parsa un’iniziativa virtuosa. La Sicilia, però, è reduce da una gestione economica deficitaria, che solo negli ultimi mesi, in rapida successione, ci ha regalato: il giudizio di parifica della Corte dei Conti, che ha certificato un disavanzo con lo Stato di oltre due miliardi; quattro mesi di esercizio provvisorio; una Legge Finanziaria pressocché inattuata. La lezione è, quindi, diffidare dagli annunci.
I precedenti, in questo senso, non aiutano. L’ultima “manovra di guerra”, a cinque mesi dall’approvazione, si è ridotta a un bando da 128 milioni di euro per le microimprese siciliane. La misura, l’unica pubblicata in Gazzetta ufficiale, fa parte della prima tranche di misure che Musumeci ha radunato nel “Piano Covid Sicilia”, presentato un paio di settimane fa in conferenza stampa. Un piano in cui il presidente della Regione e la sua giunta annunciavano interventi per 278 milioni, così ripartiti: microimprese (con un budget totale di 125 milioni), settore turistico (75), scuola (38), editoria (10), confidi (20) e servizi di trasporto (10). L’unica misura attuata – tanto vale ripetersi – è quella rivolta alle imprese con meno di dieci dipendenti e un fatturato annuo inferiore ai due milioni di euro. I concorrenti, già troppi per la dotazione disponibile, riceveranno da 5 a 35 mila euro mediante il click day, un metodo che fa venire i brividi. Ma è l’unico in grado di garantire – se funziona – una certa celerità di erogazione.
L’inghippo sta nel fatto che una settimana prima di “scatenare l’inferno”, cliccando con il ditino sul mouse, i soldi sono (potenzialmente) già finiti. Al bando, infatti, hanno partecipato 123 mila imprese: per soddisfarle tutte servirebbero 187 milioni, 52 in più rispetto a quelli stanziati. E la platea di chi rimarrà a bocca asciutta – probabilmente gli imprenditori più svantaggiati sul piano digitale e della connessione internet – da qui al 5 ottobre non potrà che allargarsi. Per ovviare a questi sintomi, e ad altri che si sono presentati al momento della presentazione delle domande (la piattaforma SiciliaPEI non è un fulmine), alcuni deputati di Pd e Movimento Cinque Stelle hanno chiesto di rinviare la data del click day e rivedere l’avviso: “Almeno per garantire a tutti pari condizioni”, ha spiegato Antonello Cracolici ieri a Sala d’Ercole. Che vada aumentata la dotazione finanziaria ne è consapevole anche l’assessore alle Attività produttive, Mimmo Turano, ma è impensabile farlo in tempi brevi. In primis perché non ci sono risorse disponibili e il fondo del barile è già stato raschiato; poi, perché servirebbe un altro passaggio parlamentare.
I siciliani, piuttosto che l’ennesima promessa, meriterebbero una risposta su quanto tempo ci vorrà a sbloccare gli altri capitoli della manovra. Restando alla prima tranche da 278 milioni – il piano di Musumeci – non sono ancora pronti (ma dovrebbero esserlo a breve) i due bandi predisposti dall’assessore al Turismo, Manlio Messina. Uno riguarda gli operatori turistici, l’altro gli sconti sui voli aerei. “Acquisiremo servizi da tutta la filiera del turismo: alberghi, extralberghiero, guide, diving, agenzie di viaggio, tour operator. Un primo avviso – aveva spiegato Messina ai giornalisti – servirà per acquistare i servizi (posto-letto, visita guidata). I servizi, una volta acquistati, verranno inseriti in una piattaforma multimediale a cui sarà consentito l’accesso soltanto alle agenzie di viaggi e ai tour operator siciliani. Quindi, saranno messi a disposizione dei turisti che dovranno essere e garantire almeno la presenza di tre giorni in Sicilia”.
“All’acquisto di buoni sconti per i voli – aveva confermato Messina – abbiamo destinato 13 milioni: consentiremo ai turisti di venire in Sicilia con uno sconto importante sui biglietti aerei. Si tratta di un progetto di promozione turistica che ha voluto sostenere le imprese, ma soprattutto promuovere la Sicilia a livello internazionale. Per il turismo i due bandi (entro il 9 ottobre per gli operatori turistici ed entro il 30 ottobre per acquisto buoni sconto voli) hanno una dotazione di 74,9 milioni di euro. I voucher potranno essere utilizzati fino al 2023”. E’ evidente come spalmare su più anni l’iniziativa sia l’unico modo per dare senso a una misura che avrebbe dovuto agevolare il ritorno all’operatività già nella scorsa estate. Molte imprese del turismo, però, dopo il lockdown non hanno più riaperto.
La risposta della Regione all’emergenza Covid, fin qui, non è all’altezza del compito. Gli unici soldi nella disponibilità di palazzo d’Orleans sono arrivati grazie a una direttiva dell’Unione Europea, che ha concesso il proprio “via libera” alla rimodulazione dei fondi Fesr. Per circa 400 milioni. Armao sta provando a sbloccarne altri cento, di cui metà destinati al bonus “facciate”. Mentre il risparmio di 780 milioni sul contributo regionale alla Finanza pubblica è servito per lo più a mettere alcune pezze al Bilancio e far ripartire l’attività di associazioni e teatri. Il grosso del malloppo resta ancora fuori, e riguarda i cosiddetti fondi Poc. Figli di un’interlocuzione con il governo nazionale che avrebbe dovuto concludersi il 7 settembre, ma non è ancora giunta a maturazione. Parliamo di circa 800 milioni che, per buona parte, sono stati destinati al fondo perequativo per i comuni siciliani (è una forma di compensazione per le perdite dovute alla pandemia); ma, in buona parte, rappresentano misure di sostegno al mondo della pesca, dell’agricoltura. Ma anche alle famiglie e agli operatori sanitari, cui erano stati promessi mille euro di bonus per il loro impegno contro il virus.
Questi soldi, tutt’oggi, rappresentano un mistero. Bloccati nelle falde degli assessorati, che si stanno svenando per modificare investimenti già programmati. L’ultima parola, comunque, spetterà al dipartimento della Coesione territoriale, a Roma, dove il ministro Peppe Provenzano aveva richiesto l’incartamento completo prima di Ferragosto. Il rischio contemplato è che non tutte le risorse potrebbero essere disponibili. Al massimo si procederà con nuovi tagli. Le uniche operazioni extra che la Regione è riuscita a imbastire nei giorni scorsi (grazie a un risparmio di 13,5 milioni ottenuto con la moratoria dei mutui) riguardano il bonus matrimoni – 3 mila euro a coppia per chi non ha potuto sposarsi per la pandemia – e un contributo straordinario da 5 milioni a Riscossione Sicilia. Infine, l’assessore Armao ha svelato che è stata approvata una misura da 70 milioni di euro destinata a professionisti e partite iva siciliane. Si tratterebbe di risorse già disponibili e gli incentivi saranno gestiti attraverso una piattaforma informatica dedicata. Ma come detto, al momento, è tutto fermo. In scatola. Non c’è traccia di nuovi bandi né di risorse vere.
“Il ritardo comincia ad essere imbarazzante – commenta Luigi Sunseri, deputato del M5s e componente della commissione Bilancio –. Dopo cinque mesi, non si vede un euro. Noi avevamo denunciato che una situazione del genere non sarebbe stata congrua alle necessità e alle urgenze dei siciliani. Avevamo detto che i fondi Poc non potevano essere riprogrammati prima dei fondi strutturali. L’unica misura, che fra l’altro stenta a partire, è quella del Bonus Sicilia: per l’erogazione di 128 milioni, ci si affiderà a un click piuttosto che al merito, rendendo impossibile la competizione fra un’azienda delle Madonie e una di via Libertà, a Palermo. Non possiamo che confermare l’inconsistenza di questo governo: se oggi i siciliani avessero dovuto far fronte all’emergenza esclusivamente con gli aiuti della Regione, sarebbero morti di fame”.
A proposito di fame: anche 70 dei 100 milioni destinati all’assistenza alimentare sono bloccati. “Musumeci ha provato ad anticipare le mosse del governo nazionale. Peccato che i soldi da Roma siano arrivati in due giorni, mentre la Regione è riuscita a erogarne un terzo di quanto stabilito. E i comuni in alcuni casi non sono nemmeno riusciti a utilizzarli per la farraginosità delle procedure. Gli stessi comuni, oggi, sono in attesa dei 300 milioni del fondo perequativo e stentano a chiudere i bilanci. Alle famiglie – spiega, inoltre, Sunseri – era stato promesso un aiuto con prestiti a fondo perduto, che di fatto non esiste. Restano le parole al vento di un governo che è stato bravo a guadagnarsi i titoli sui giornali, ma totalmente incapace di tener fede alle promesse”.