Aiuti al turismo, un’altra beffa

L'assessore al Turismo e agli Spettacoli della Regione, Manlio Messina. Nei giorni scorsi si è scontrato con il Pd

I soldi della Regione arriveranno quando molte aziende turistiche, in primis le agenzie di viaggio, avranno già chiuso. Non prima della fine di settembre, forse. Chi, invece, sarà sopravvissuto al Covid e ai suoi effetti devastanti sotto il profilo economico, avrà in regalo i voucher. Cioè la possibilità di offrire ai turisti “destagionali” esperienze uniche o voli a prezzi calmierati (qualora le compagnie low cost dicano di “sì”): nel caso di hotel, B&B e case-vacanze aderenti all’iniziativa, l’opportunità di soggiornare una notte in più all’interno delle strutture ricettive. Questa operazione costerà alle casse della Regione 75 milioni di euro.

Per la verità se ne parla da mesi, ma solo tre giorni fa il Comitato di Sorveglianza, incaricato di decidere sulla rimodulazione di 400 milioni di fondi europei – un terzo del valore dell’ultima Legge di Stabilità – ha dato il proprio benestare. Serviranno ancora poche ore per mettere a punto l’iter e le procedure, tanto che bandi e avvisi non saranno pubblicati prima di giovedì prossimo. Tempi tecnici. Nulla in confronto ai quattro mesi che ci separano dal 2 maggio scorso, quando l’Ars diede il via libera alla Finanziaria di guerra, tristemente nota con l’appellativo di Finanziaria di cartone. A cui seguì un fiume di comunicati stampa compiaciuti. Tra cui quello del presidente della Regione: “Ho a cuore gli interessi legittimi dei siciliani, da mesi in grande sofferenza. Da domani – disse Musumeci – lavoreremo per rendere concreti quegli interventi di sostegno economico e sociale”.

In tutta questa storia, oltre ai tempi dilatati, c’è una coda beffarda. Oggi è il 31 agosto e l’estate è praticamente finita. I flussi turistici che hanno interessato l’Isola crolleranno nelle prossime settimane e i “buoni” offerti dalla Regione saranno utilizzati solo in bassa stagione o, peggio ancora, fra Natale e il prossimo anno. L’iniziativa resta valida fino al dicembre 2021, anche se gli operatori del comparto – che già hanno dovuto fare i conti con una miriade di cancellazioni, specie nella scorsa primavera – speravano di poter raccogliere i frutti delle tante, troppe promesse in tempo utile per rilanciarsi. Anche stavolta sono rimasti delusi. Eppure l’assessore al Turismo, Manlio Messina, non dispera. Anzi, ribalta la frittata: “Anzitutto sosteniamo la destagionalizzazione – ha spiegato a Repubblica -. E, visti i buoni numeri di agosto, dico che per fortuna non abbiamo dato incentivi, perché sarebbero stati destinati a turisti che già volevano venire da noi – dice Messina -. Gli aiuti hanno durata fino al 31 dicembre del 2021 e, non appena avremo il via libera dalla giunta, pubblicheremo non solo gli avvisi ma anche il nuovo portale del turismo”. Fin  qui il brand presentato qualche mese – Your happy island – è rimasto una scatola vuota.

Il governo Musumeci aveva presentato la delibera di rimodulazione delle risorse (per 400 milioni) soltanto a cavallo fra luglio e agosto, ma ha dovuto attendere che il Comitato di Sorveglianza – il cui compito è valutare l’applicazione del Programma Operativo, e le eventuali modifiche – completasse un’altra operazione: la riprogrammazione della riserva di efficacia del PO FESR, ossia le somme che la Commissione europea rende disponibili al raggiungimento di obiettivi prefissati. Tecnicamente si chiama performance framework. Sbloccata l’una, anche l’altra è andata (quasi) in porto.

Le prima tranche delle somme “scongelate” non serviranno soltanto a riattivare il turismo: 60 milioni sono destinati alla riapertura delle scuole, che verranno dotate di tutti gli strumenti per garantire la sicurezza e il distanziamento; 130 ai prestiti a fondo perduto per le imprese; 80, erogati da Irfis, per un fondo di garanzia a sostegno delle attività economiche; 40 (da Crias) per gli aiuti agli artigiani. Quattrocento milioni che faranno la felicità di un piccolo spaccato di Sicilia. Il resto dell’Isola, infatti, rimarrà a guardare. Nei giorni scorsi, dopo aver ottenuto uno scontro annuale di 780 milioni al contributo di finanza pubblica, la Regione ha potuto liberare una parte di denaro – pari a 250 milioni – per dare ossigeno a teatri, associazioni sportive e disabili, seguendo alcuni impegni di bilancio (non quelli direttamente legati all’emergenza Covid). Ma restano malinconicamente fermi gli altri 800 milioni che compongono la torta: i cosiddetti fondi Poc.

Bisognerà rifare la trafila daccapo. In questi mesi il Dipartimento della Programmazione si è mosso per effettuare una ricognizione dei soldi a disposizione, scegliendo quali interventi definanziare (i fondi Poc, a co-finanziamento statale, erano già assegnati a progetti e investimenti) e quali assi rifocillare. Poi bisognerà inviare la documentazione a Roma, presso il Ministero per il Sud e alla Coesione territoriale, cui spetterà il compito di decidere se la rimodulazione prospettata dalla Regione è in linea con gli obiettivi. Il Ministro Giuseppe Provenzano, mai troppo tenero con il governo regionale, invoca il faldone già da settimane, ma fin qui Palazzo d’Orleans non ha dato segni di vita. Anzi, ha fatto orecchie da mercante. Degli ottocento milioni rimasti in freezer, una parte consistente è rivolta ai comuni siciliani, che vogliono risollevarsi dalle secche della pandemia (il fondo di perequazione ammonta a 300 milioni). Ma, in generale, sono tante le misure che attendono di essere attivate.

Che la Regione siciliana non navighi nell’oro è storia arcinota; che negli anni sia stata defraudata dallo Stato di somme utili agli investimenti, è una sottolineatura che nemmeno il governo centrale ha la forza di contestare. Ma la via della “ripresa” non può passare sempre e soltanto dai “regalini” che infondono Roma e l’Unione Europea. Come richiesto dal Consiglio dei Ministri in sede di rateizzazione del maxi disavanzo con lo Stato, la Regione dovrebbe attuare ogni misura di contenimento della spesa, a cominciare dai potenti carrozzoni che nessuno ha il coraggio di cancellare, e che ogni anno contribuiscono allo scatafascio dei conti siciliani (e alla tiratina d’orecchie da parte della magistratura contabile, il cui giudizio di parifica è slittato all’autunno). Se il governo della Regione utilizzasse la stessa solerzia che ha nel protestare, per ridurre sprechi e clientele, forse avremmo una speranza. Nel frattempo, dovremo sottostare alle regole altrui. Che dettano i tempi e gli interventi.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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