Forse qualcosa si muove. Forse è possibile recuperare, almeno in parte, il progetto “Agrigento capitale della cultura 2025”. I tempi sono molto stretti e quelli perduti irrecuperabili.
La svolta potrebbe essere stata la nomina a presidente della Fondazione dell’ex prefetta Cucinotta in sostituzione del professore Minio, probabilmente quello con minori responsabilità rispetto a quelle di altri. La scelta di Schifani ha sottratto la realizzazione del progetto alla palese inefficienza, alla gestione della classe dirigente locale, incapace di cogliere il valore e il significato dell’evento, che ha rischiato di trasformarsi in un rilevante danno d’immagine per la città e per la Regione.
Per realizzare una condizione diversa da quella dei mesi passati, almeno dal punto di vista organizzativo – ché talune incertezze sulle scelte culturali rimangono -, la dottoressa Cucinotta ha iniziato ad operare con solerzia ed efficienza.
Adesso è arrivato il momento di lasciare da parte le polemiche, numerose, fondate, talora frutto di pregiudizi, per una collaborazione tra coloro che sono preposti a dar vita a “Capitale della cultura”, la città e il suo territorio, un processo che avrebbe dovuto essere avviato da quasi due anni.
Chi scrive non ha risparmiato accuse e rilievi, rischiando magari di essere bollato come anti-agrigentino, come uno di quelli che remano contro. In realtà ad essere “contro” sono stati quelli che hanno sciupato un tempo lunghissimo, che hanno sequestrato “Capitale della cultura”, che hanno dato vita, dopo banali, penosi scontri alla Fondazione e l’hanno riempita in modo prevalente di loro donne e uomini di fiducia, quelli che si sono sottratti al dialogo e al confronto. Gli stimoli, le critiche, quando non sono accompagnati da preconcetti, risultano sempre utili, danno voce alla comunità, a quanti rifiutano di assistere inerti e in silenzio alla vanificazione di una grande opportunità, a quanti con il silenzio restano indifferenti.
Per dare un contributo concreto, per salvare il salvabile, insieme ad altri amici, dopo due incontri molto partecipati da rappresentanti di associazioni, operatori dell’economia e del turismo, donne e uomini della società civile e della cultura, abbiamo costituito un Osservatorio permanente.
Abbiamo colto, insieme alla comprensibile delusione, alla vera e propria indignazione per i ritardi, gli errori e le inadempienze, la volontà di passare ad una fase propositiva per tentare di dar vita almeno a parte del programma approvato dal Ministero.
In rappresentanza di quelle associazioni abbiamo incontrato la nuova presidente Cucinotta e il sindaco Miccichè, iniziando un dialogo che dovrebbe proseguire per essere proficuo. E’ necessario consentire a quanti sono impegnati nei diversi settori della cultura e che hanno immaginato l’evento assegnato alla città come una occasione per mettere in campo e rendere evidenti le loro capacità, di confrontarsi con le iniziative che dall’Italia, dall’Europa e dal mondo porteranno significative scelte estetiche e di senso, dalle quali trarre indicazioni e stimoli.
Si è richiamata l’attenzione dei nostri interlocutori sulla esigenza di introdurre alcune parziali modifiche al programma per dare spazio a scelte che abbiano le caratteristiche della stabilità e della continuità, cioè per soluzioni che restino, che possano ripetersi nel tempo, che prolunghino, al di là del 2025, “Capitale della cultura”, che facciano di Agrigento una città all’interno della quale l’arte, il teatro, la musica, siano permanenti e l’arredo urbano attrattivo.
Dopo il 31 dicembre di quest’anno non dovrà spegnersi la luce. Si dovrà proseguire lungo la strada tracciata dalla “Capitale della cultura”, aggiungendo al richiamo turistico quello dell’arte.
Restano fuori alcuni fondamentali aspetti oggi impossibili da risolvere, i problemi strutturali e infrastrutturali, che avrebbero dovuto essere predisposti e avviati già dal marzo 2023. Restano fuori le questioni della viabilità, dei parcheggi, dell’arredo urbano, dell’acqua, della ricezione turistica.
Agrigento è quella che è, con le sue caratteristiche ataviche, con il suo assetto urbano scombinato, con il suo isolamento, con il record negativo di un territorio privo di un porto, di un aeroporto, di un solo chilometro di autostrada. Eppure resta la città del mito, con il più grande parco archeologico del mondo, con uno scenario che nei secoli ha incantato i visitatori più illustri, che ha visto nascere alcuni tra i più famosi letterati contemporanei e non solo, quella che scaturisce dall’incontro e dalla contaminazione di numerose e diverse civiltà, quella che oggi, con Lampedusa in particolare, rimane esempio di accoglienza e generosità, quella che attrae più di un milione di visitatori all’anno.
Da Agrigento e dal suo territorio, così come sono, si deve partire lasciando accesi i riflettori, accesi sui guasti e sulla bellezza, sulle scelte urbanistiche sciagurate e su una storia impareggiabile.
Senza rinunciare ad evidenziare ulteriori ritardi ed errori, qualora dovessero emergere, l’Osservatorio vuole continuare a dar voce alla realtà locale.
Agrigento merita di essere al centro della cultura non solo per un anno, ma per il suo futuro.