Agrigento 2025. La città si mobilita e chiede di partecipare

Il prefetto Maria Teresa Cucinotta

Proviamo a liberare «Capitale italiana della cultura» dalla gabbia dentro la quale l’ha rinchiusa la politichetta locale. Tentiamo, per quanto possibile, e nel poco tempo che rimane, di restituire all’evento la natura propria di grande opportunità culturale, di sviluppo turistico ed economico.

È questo il senso della iniziativa avviata da chi scrive insieme a Maurizio Masone, responsabile del Centro Pasolini di Agrigento e che ha visto venerdì scorso la presenza di un numero imprevisto di partecipanti.

Seppure in ritardo, la città ha dimostrato che vuole esserci, vuole chiedere conto di quanto è successo o non è successo finora e pretende di conoscere ciò che si intende fare nei mesi che restano alla conclusione dell’anno.

La città vuole mettere in campo un protagonismo che finora non le è stato consentito o che non ha avuto la determinazione di conquistarsi. Si ribella al rischio di una straordinaria occasione mancata e a quello ancor più concreto di vedere la propria immagine sfregiata dalle continue polemiche che tutti i mezzi di informazione le riversano addosso a causa di errori e di inadempienze.

Insieme a tanti cittadini, nella sede del centro Pasolini, il «Cartello Sociale», che raccoglie gli esponenti delle organizzazioni sindacali e quelli di strutture della Chiesa, Legambiente, l’ANPI, la Lega delle cooperative, l’Assoturismo, la Confesercenti, per citare solo alcune delle realtà associative presenti e diversi operatori culturali e del turismo, hanno chiesto un immediato confronto con l’Amministrazione comunale e con la Fondazione per conoscere ciò che rimane di concretamente realizzabile del progetto iniziale ed orientarlo, per quanto possibile, nella direzione di eventi non effimeri che coinvolgano le altre città della provincia, offrano un’occasione di crescita per le energie culturali presenti, specialmente giovanili, riconoscano pienamente esperienze consolidate nel tempo e aprano al confronto con i Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo.

Durante l’incontro i partecipanti hanno deciso di costituirsi in osservatorio permanente, per monitorare le iniziative che saranno poste in essere e valutarne l’efficacia.

La natura di questo osservatorio è del tutto informale, non vuole essere un ulteriore organismo che si aggiunge a quelli esistenti, non chiede autorizzazioni ma nasce dalla spinta propulsiva della partecipazione democratica, non ha nessuna pretesa di esclusività, rimanendo aperto ad apporti e contributi ulteriori.

Si chiede così di esercitare un preciso diritto di cittadinanza. Si vuole che l’evento non appartenga a chi lo ha gestito continuando a sottrarsi al contributo di associazioni e cittadini e arrivando a definire detrattori coloro che hanno avanzato critiche e rilievi.

Potrebbe apparire una pura, astratta pretesa, quando già il programma è stato elaborato e formalmente proposto. Tuttavia, leggendolo, si percepisce che alcuni degli eventi sono annunciati in forma generica e appaiono aleatori.

Nessuno si illude di poter modificare un percorso avviato. Non è possibile ricominciare daccapo coinvolgendo la città e i comuni come peraltro era previsto dal progetto iniziale.

Il sentiero è stretto, sia perché gli eventi di «capitale della cultura» raggiungano gli obiettivi prefigurati, sia per realizzare forme efficaci di confronto e di monitoraggio che, comunque, si vuol tentare di mettere in atto.

Per quanto angusto, infatti, quel sentiero va percorso, per affermare la volontà di esserci, rifuggendo dal silenzio e dall’inerzia che si trasformerebbero in una sorta di complicità.

Si auspica ovviamente che la nuova presidente della Fondazione e gli amministratori comunali siano disponibili al confronto, sappiano cogliere il contributo che si vuol dare al difficile tentativo di salvare ciò che ancora è possibile salvare.

Le associazioni e i cittadini torneranno ad incontrarsi nei prossimi giorni per definire le iniziative da portare avanti e per chiedere con determinata insistenza l’interlocuzione con chi ha la responsabilità di attuare «Capitale italiana della cultura».

Calogero Pumilia :

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