Alla Regione non ci si è ancora rassegnati a votare per le province con le elezioni di secondo livello (cioè richiamando alle urne sindaci e consiglieri comunali). Ancora una volta, però, è stato il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, ad imporre una sferzata: basta rinvii. Come qualche giorno fa, d’altronde, quando il “delfino” di La Russa, paternese come lui, aveva chiesto di abolire i finanziamenti culturali ad personam (sarebbe meglio: ad associationem) durante la sessione di bilancio. I parlamentari siciliani non lo avevano preso molto sul serio, ma proprio ieri che la Legge di Stabilità è sbarcata all’Ars per la discussione, Galvagno ha ristabilito una linea di principio: spostare in avanti la discussione sulle mance. L’obiettivo è una legge stralcio da portare in aula non appena verrà fatta chiarezza sul sistema di distribuzione delle risorse (se ne riparlerà a gennaio), che negli ultimi anni è stato contraddistinto da una serie di eccessi, portati a galla dal caso Auteri.
Galvagno vuole evitare nuovi imbarazzi, ma soprattutto intende rasserenare il clima: l’obiettivo è approvare la manovra entro il 28 dicembre e ciò non sarà umanamente possibile se nel calderone della legge finisse il maxiemendamento con migliaia di voci di spesa. Il punto, però, è un altro: riusciranno gli altri 69 deputati a tenere a freno l’ingordigia? Saranno pronti a sacrificare le prebende a sindaci e associazioni – s’era fatta largo la proposta di assegnare le risorse ai comuni per schivare le malelingue – senza far pesare i rispettivi umori sui 22 articoli (più le centinaia di emendamenti) che verranno dibattuti in aula?
In molti ritengono la Finanziaria un regolamento di conti o, peggio, l’occasione per fare terra bruciata attorno alle proposte del governo (in assenza di una contropartita). E’ già avvenuto, con Musumeci ma anche con Schifani, che la maggioranza andasse sotto per l’abilità dei franchi tiratori di mimetizzarsi con le opposizioni. Anche se questa volta sono davvero pochi gli aspetti dirimenti della Legge di Stabilità che potrebbero creare dibattiti e conflitti: una su tutte, la nuova Agenzia regionale per attrarre investimenti, fortemente voluta dal nuovo assessore all’Economia Dagnino. Il resto è fuffa. Andare contro le indicazioni di Galvagno, però, significherebbe delegittimarlo, e soprattutto non avere imparato niente dagli scandali, né dalle inchieste della magistratura contabile né delle Procure di Palermo e Siracusa, che sui fondi del turismo non ci vedono chiaro. Significherebbe non accorgersi dell’enorme ‘questione morale’ che affligge la politica siciliana.
Fare pronostici però è sconsigliato. Gli ultimi episodi lo dimostrano: lo stesso presidente dell’Ars, dopo lo scandalo dei soldi pubblici alle associazioni “amiche”, aveva invitato a modificare il sistema di contributi agli enti culturali in un’intervista a Repubblica. Dopo averlo letto con attenzione, e dopo aver registrato l’orientamento simile di Schifani, gli onorevoli si erano messi al lavoro per un nuovo maxiemendamento, dal valore presunto di 80 milioni che – ancora una volta – avrebbe tenuto conto di una spartizione scientifica fra maggioranza e opposizioni. La storia insegna che la cautela non è mai troppa. Nel frattempo il centrodestra si è concesso qualche vezzo: “Per i Comuni, nonostante le entrate regionali siano cresciute rispetto all’anno precedente, ci sono appena tre milioni in più rispetto al 2023 – lamenta il Pd -: una somma irrisoria rispetto alle gravi difficoltà di 120 enti locali in dissesto o pre-dissesto. Si danno più soldi alle scuole private mentre si tagliano fondi ai Consorzi universitari e rimangono invariati i fondi per gli Ersu. Nel frattempo, il budget dell’assessore al Turismo cresce di altri 7,5 milioni, senza una strategia chiara per il settore”.
Sul turismo bisogna ancora lavorare, è chiaro. Mentre l’altra promessa di Galvagno, formulata a margine degli auguri ai giornalisti, riguarda il voto nelle ex province. Con un emendamento ‘agganciato’ alla legge urbanistica, qualche settimana fa, il parlamento ha disposto il rinvio delle elezioni di secondo livello che Schifani aveva indetto per il 15 dicembre. I deputati ci tengono ad andare alle urne con il sistema dell’elezione diretta, nonostante non sia possibile a causa della Legge Delrio (che nessuno a livello nazionale ha abrogato). Insomma, una chiara forzatura nonostante il pronunciamento della Corte Costituzionale – che ha detto stop alla gestione commissariale – e ai dodici anni, oramai, di limbo.
Anche su questo punto il presidente dell’Ars si è sbilanciato: “Non mi basta alcuna rassicurazione verbale, qualora ci fosse un fondamento giuridico valido andremo a elezioni di primo livello per le ex Province, se questo non avverrà si voterà con il voto di secondo livello tra ad aprile e maggio del prossimo anno. Le interlocuzioni non bastano, non mi presto più”. Un altro punto di svolta rispetto a una vicenda tragicomica. Per la quale non esiste alcuna giustificazione, se non il tentativo di preservare i commissari (anch’essi di indicazione partitica) e di mettere sulla bilancia pesi e contrappesi nella formazione delle future liste e nelle modalità di voto che, con le elezioni di secondo livello, rischiano di creare qualche scompenso fra i ras delle preferenze. Ahi, la “casta”…
Fra un rinvio sulle mance e la promessa di eleggere presidenti e consiglieri provinciali, la politica siciliana si presenta al Natale senza alcuna certezza. Ma con alcune mirabili suggestioni. L’ultima porta la firma di Renato Schifani e riguarda il solito caro-voli: “Abbiamo denunciato all’Antitrust questo scandalo poi, se il governo ce la fa, penso che sarà necessario chiedere, con garbo, l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta su quello che si sta verificando. Lo chiederemo a entrambi i presidenti delle Camere – prosegue – perché è giusto che il Parlamento abbia cognizione di quello che succede, le regole vanno rispettate e auspico che, questa commissione d’inchiesta, possa avere poteri di persuasione”. Non bastava il buco nell’acqua dell’Antitrust. E il fallimento dell’Osservatorio regionale sui voli aerei. Ci voleva pure la commissione parlamentare…